Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.25447 del 21/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. GALATI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 25547 del ruolo generale dell’anno 2013 proposto da:

Sviluppo Italia S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura a margine del ricorso, dall’Avv. Umberto Santi ed elettivamente domiciliata in Roma, Via Benaco, n. 5 presso lo studio dell’Avv. Maria Chiara Morabito;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si domicilia;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 40/05/13 della Commissione tributaria regionale della Lombardia depositata il 19.03.2013;

udita nella camera di consiglio del 27.4.2021 la relazione svolta dal consigliere Vincenzo Galati.

FATTI DI CAUSA

Con la sentenza in epigrafe la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha confermato quella della Commissione tributaria provinciale di Milano che ha rigettato il ricorso proposto dalla contribuente avverso la cartella di pagamento notificatale il 25.5.2010 dall’Agenzia delle Entrate di Milano per il recupero di IVA relativa all’anno 2006 ed emessa ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54.

Avverso la cartella è stata proposta opposizione con la quale è stata eccepita la notifica dell’atto oltre il terminé di due anni dalla presentazione della dichiarazione, la mancata risposta alla trasmissione di documenti attestanti la non debenza degli importi pretesi e di atti integrativi, nonché la violazione della L. n. 212 del 2000, artt. 7 e 15.

La CTP ha respinto l’opposizione rilevandone l’infondatezza nel merito ed affermando la tempestività della notifica della cartella.

La sentenza è stata confermata dalla CTR che ha ritenuto corretto il mancato esame della documentazione inviata dalla contribuente ad ufficio diverso (Direzione Regionale) da quello competente in ordine alla posizione tributaria della società (essendo competente la Direzione Provinciale), giudicato la sentenza di primo grado esente “dalla violazione dell’art. 360 c.p.p., comma 5)”, segnalato, altresì, che il controllo automatizzato è stato effettuato, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis senza la preventiva notifica di un avviso di accertamento.

I giudici di appello hanno altresì rilevato la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 “per i motivi nuovi e dell’appello e della memoria di replica”.

La contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidandolo a motivi.

Ha resistito l’Agenzia con controricorso. La contribuente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso viene dedotta “violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 6, 10 e 12 Statuto” ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La CTR ha erroneamente ritenuto corretta la mancata valutazione dei documenti integrativi trasmessi dalla contribuente alla Direzione Regionale della Lombardia essendo stato emesso l’accertamento dalla Direzione Provinciale, Per come dedotto sin dal primo grado, esisteva il preciso onere dell’Ufficio finanziario ritenutosi incompetente all’esame della documentazione, di trasmettere la stessa all’Ufficio competente secondo il principio generale della emendabilità della dichiarazione e della collaborazione con il contribuente da parte dei diversi uffici appartenenti alla medesima Amministrazione.

Pertanto, l’eventuale incompetenza dell’ufficio destinatario della comunicazione non può ritenersi tale da giustificare la mancata considerazione della stessa.

2. Il secondo motivo riguarda l’omessa pronuncia sulla dedotta violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1 e art. 15, comma 1, ed, in generale, dell’obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Sul punto (denuncia di omessa motivazione dell’iscrizione a ruolo e della cartella dedotta sin dal primo grado) i giudici di merito di primo grado e di appello non si sono in alcun modo soffermati.

3. Con il terzo motivo si censura la sentenza per omesso esame del motivo di appello sull’illegittimità dell’iscrizione a ruolo in relazione ai quadri VS, VV e VL della dichiarazione IVA, corretti dalla contribuente e non considerati dall’Agenzia delle Entrate.

La compilazione di tali quadri è stata integrata e corretta dalla contribuente con dichiarazioni che non sono state prese in considerazione dall’Agenzia, nonostante l’invio della relativa comunicazione alla Direzione Regionale.

4. Con il quarto motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in quanto la CTR ha ritenuto la proposizione di motivi nuovi senza motivare in alcun modo tale affermazione.

Per come riportato in ricorso non era dato ravvisare nell’atto di appello l’ampliamento della materia del contendere e, quindi, alcuna violazione della norma indicata genericamente dalla CTR.

5. Sono fondati il terzo ed il quarto motivo di ricorso in punto di emendabilità della dichiarazione ai fini IVA.

E’ errata l’affermazione della sentenza della CTR secondo cui la comunicazione di rettifiche alla Direzione Regionale non è stata legittimamente presa in considerazione in quanto la stessa avrebbe dovuto essere indirizzata alla Direzione Provinciale in quanto il primo Ufficio, qualora si fosse ritenuto non competente a ricevere e prendere in esame detta documentazione, appartenendo, peraltro, alla medesima amministrazione finanziarla, avrebbe dovuto inviare la comunicazione all’Ufficio competente.

Invero, il contribuente che abbia compiuto errori nella compilazione della dichiarazione IVA può far valere tali errori anche in sede contenziosa in ragione della natura giuridica della dichiarazione fiscale in quanto “la natura giuridica della dichiarazione fiscale quale mera esternazione di scienza, il principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost., il disposto dell’art. 10, dello Statuto del contribuente – secondo cui i rapporti tra contribuente e fisco sono improntati al principio di collaborazione e buona fede – nonché il diverso piano sul quale operano le norme in materia di accertamento e riscossione, rispetto a quelle che governano il processo tributario, comportano (…) l’inapplicabilità in tale sede, delle decadenze prescritte per la sola fase amministrativa” (Cass. S.U. n. 17757 del 08/09/2016 richiamata da Cass. sez, 5, n. 21068 del 30/05/2019, dep. 2020, in motivazione).

La sentenza non si è conformata a tale principio atteso che ha ritenuto sostanzialmente non emendabile la dichiarazione per essere state trasmesse le rettifiche ad uffici non competenti a gestire la posizione tributaria della contribuente.

Conseguentemente ha omesso di prendere in considerazione il correlato motivo di impugnazione con il quale è stato affermato (per come riportato in ricorso e desumibile anche dalla sentenza impugnata) che la contribuente ha provveduto a rettificare la dichiarazione.

Non solo, ma dopo avere ritenuto erroneamente non emendabile la dichiarazione IVA per essere stata effettuata la comunicazione ad ufficio incompetente, ha anche erroneamente applicato il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 ritenendo la proposizione di inammissibili domande “nuove” di appello da parte della contribuente.

Tuttavia, nel formulare tale giudizio ha omesso di specificare quali motivi sarebbero stati affetti da tale vizio di inammissibilità e per quale ragione gli stessi avrebbero dovuto essere ritenuti tali, con particolare riferimento ai profili di disomogenettà rispetto ai motivi di appello originari.

Peraltro, in osservanza del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione alle pagg. 21 – 23 la contribuente ha trascritto le parti rilevanti del ricorso originario e dei motivi di appello dalle quali si desume che con l’atto di appello la società non ha fatto altro che specificare le ragioni per le quali l’iscrizione a ruolo doveva ritenersi illegittima in ragione della correzione dei quadri relativi alla dichiarazione IVA presentata dalla contribuente.

Sin dal ricorso introduttivo in opposizione era stata richiamata la “documentazione inoltrata con raccomandate” e con l’atto di appello era stato sostanzialmente specificato il contenuto di tale documentazione.

Il tema della rettifica della dichiarazione era stato, quindi, ritualmente già introdotto nel giudizio e, al di là di quanto sopra specificato in punto di emendabilità della dichiarazione in sede contenziosa, non poteva ravvisarsi alcun profilo di novità ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 non essendo stato ampliato, in alcun modo, il tema della decisione che ha, sin dall’atto introduttivo del giudizio di primo grado, avuto ad oggetto la rettifica della dichiarazione IVA.

Sul punto si ricorda che “il divieto dr ultrapetizione e quello di proporre in appello nuove eccezioni (non rilevabili d’ufficio), posto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57, comma 2, riguardano le eccezioni in senso tecnico, ossia gli strumenti processuali con cui il contribuente, convenuto in senso sostanziale, fa valere un fatto giuridico avente efficacia modificativa o estintiva della pretesa fiscale. Tale non può considerarsi l’argomentazione difensiva tendente ad inficiare la sentenza sotto un profilo logico ulteriore a quello esposto in primo grado” (Cass. sez. 5, 3 febbraio 2021, n. 2413 in motivazione).

6. Da quanto esposto discende l’accoglimento del terzo e del quarto motivo e, previo assorbimento degli altri, la cassazione della sentenza con rinvio alla CTR della Lombardia in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo ed il quarto motivo e, assorbiti gli altri, casa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR della Lombardia in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2021

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