Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.25469 del 21/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO Maria Giulia – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 04693/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, (C.F. *****), in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocatura generale dello Stato, elettivamente domiciliata presso i suoi uffici in Roma via dei Portoghesi 12.

– ricorrente –

contro

B.A. (C.F. *****).

– intimato –

Avverso la sentenza n. 126/02/2012 della Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria, depositata il giorno 26 giugno 2012.

Sentita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 24 giugno 2021 dal Consigliere Giuseppe Fichera.

FATTI DI CAUSA

B.A. impugnò separatamente due avvisi di accertamento notificati dall’Agenzia delle entrate, con i quali vennero ripresi a tassazioni maggiori redditi ai fini delle imposte dirette, dell’IRAP e dell’IVA, per gli anni 2004 e 2005.

I ricorsi, previa loro riunione, vennero dichiarati inammissibili in primo grado, per difetto di sottoscrizione degli atti depositati dal contribuente al momento della sua costituzione in giudizio; proposti due distinti appelli da B.A., una volta riuniti, la Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria, con sentenza depositata il 26 giugno 2012, dichiarò inammissibile il secondo ed accolse integralmente il primo.

Avverso la detta sentenza, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro mezzi, mentre non ha spiegato difese B.A..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso deduce l’Agenzia delle entrate la nullità della sentenza impugnata, per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 12 e 18, avendo ritenuto che la mancanza della sottoscrizione del difensore in entrambi i ricorsi depositati dal contribuente, determinasse una mera irregolarità.

1.1. Il motivo non ha fondamento.

Secondo l’orientamento più recente di questa Corte, cui in questa sede si intende dare continuità, la mancata sottoscrizione in originale, da parte del ricorrente o del suo difensore, della copia del ricorso depositata a fini di costituzione in giudizio non determina l’inammissibilità del ricorso, ma costituisce una mera irregolarità, atteso che il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 18, comma 3, nel disciplinare l’ipotesi di ricorso proposto contro più parti, richiede la sottoscrizione in originale su tutte le copie dell’atto “destinate alle altre parti” e non anche su quella depositata a fini di costituzione in giudizio, mentre il medesimo D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 3, richiede unicamente che la parte o il difensore attestino la conformità di tale copia all’originale notificato alla controparte, la quale può riscontrare l’esistenza della firma nell’originale dell’atto ad essa spedito o consegnato (Cass. 27/02/2015, n. 4078; Cass. 15/06/2010, n. 14389).

Ora, nella vicenda che ci occupa è incontroverso che in entrambi i ricorsi notificati dal contribuente all’Agenzia delle entrate, risultava apposta la sottoscrizione del suo difensore, come pure la necessaria procura alle liti, mentre esse difettavano entrambe nella copia depositata nella segreteria della commissione, determinando – come detto – una mera irregolarità.

E ciò avuto riguardo alla decisiva considerazione che la resistente non ha mai affermato che il contenuto dell’atto a lei notificato fosse diverso da quello depositato al momento della costituzione in giudizio del ricorrente, né ha mai contestato che quest’ultimo, in entrambi i ricorsi oggetto di lite, avesse rilasciato al suo difensore una valida procura alle liti ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 12, comma 7.

2. Con il secondo motivo assume la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 22 e 53, avendo il giudice di merito ritenuta valida la costituzione in giudizio del contribuente, con atto depositato ancora prima della notifica del ricorso in appello.

2.1. Il motivo è infondato.

E’ vero che nella singolare fattispecie all’esame di questa Corte, il contribuente ha prima depositato una copia del ricorso nella segreteria della commissione tributaria regionale e poi notificato copia del medesimo atto all’Amministrazione appellata; tuttavia, poiché non è controverso – ancora una volta – che il contenuto dell’atto notificato fosse conforme a quello depositato, né potendosi dubitare della ritualità della notifica dell’appello, considerato che l’appellante si è costituita in giudizio senza sollevare eccezioni di sorta, è all’evidenza come l’inversione dell’ordine temporale, pure chiaramente fissato dalla legge processuale, non abbia determinato pregiudizio di sorta alle parti, dovendosi ritenere pienamente raggiunto lo scopo dell’atto.

3. Con il terzo motivo assume la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 32 e 38, poiché la commissione tributaria regionale ha erroneamente ritenuto che il contribuente non svolgesse alcuna attività commerciale, nonostante gli elementi presuntivi addotti dall’Amministrazione dimostrassero che fosse dedito professionalmente alla commercializzazione di prodotti per computer.

4. Con il quarto motivo denuncia vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), avendo il giudice di merito affermato, in maniera insufficiente e contraddittoria, l’illegittimità degli avvisi impugnati, nonostante gli elementi indiziari forniti dall’Amministrazione.

4.1. I due motivi, meritevoli di trattazione congiunta, sono entrambi fondati.

E’ noto che in tema di accertamento delle imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione del reddito di impresa, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, fonda una presunzione relativa circa la natura di ricavi sia dei prelevamenti sia dei versamenti su conto corrente, superabile attraverso la prova, a carico del contribuente, che i versamenti sono registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari, anziché costituire acquisizione di utili; pertanto, in virtù della disposta inversione dell’onere della prova, grava sul contribuente l’onere di superare la suddetta presunzione dimostrando la sussistenza di specifici costi e oneri deducibili, che dev’essere fondata su concreti elementi di prova e non già su presunzioni o affermazioni di carattere generale o sul mero richiamo all’equità (da ultimo, Cass. 16/07/2020, n. 15161).

Orbene, dalla documentazione in atti risulta che l’Amministrazione aveva dedotto una serie di elementi indiziari (la gestione, quale amministratore di fatto, di una società di capitali, gli acquisti di determinate quantità di beni in ambito informatico, nonché una rilevante movimentazione bancaria, a fronte di redditi dichiarati, tutti tratti da fondi agricoli ovvero da lavoro dipendente, trascurabili), dai quali desumere che il contribuente avesse in realtà esercitato attività d’impresa negli anni presi in considerazione dagli avvisi impugnati.

La commissione tributaria regionale, invece, senza dare conto di alcuno tra i suddetti elementi indiziari, ha apoditticamente affermato che il B. non svolgeva alcuna attività commerciale, riconducendo gli acquisti effettuati dal predetto, in maniera alquanto sbrigativa, in un ambito definito letteralmente “dilettantistico”, con una motivazione gravemente lacunosa e contraddittoria che merita di essere censurata.

5. In definitiva, respinti i primi due motivi del ricorso e accolti i restanti, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria, in diversa composizione, per un nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Respinge il primo e secondo motivo del ricorso, accoglie i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria, in diversa composizione, anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 24 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2021

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