Corte di Cassazione, sez. Unite Civile, Sentenza n.25477 del 21/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Primo Presidente f.f. –

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente di sez. –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28947-2019 proposto da:

CONSOB – COMMISSIONE NAZIONALE PER LA SOCIETA’ E LA BORSA, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI BATTISTA MARTINI 3, presso lo studio dell’avvocato GIANFRANCO RANDISI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIULIA PATRIGNANI, ed ELISABETTA CAPPARIELLO;

– ricorrente –

contro

Z.G., S.F., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CIRO MENOTTI 24, presso lo studio dell’avvocato SANDRO AMOROSINO, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1355/2019 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 26/02/2019;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/12/2020 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’ Stefano, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

uditi gli avvocati Giulia Patrignani, Gianfranco Randisi, e Sandro Amorosino.

FATTI DI CAUSA

I signori S.F. e Z.G., che avevano ricoperto la carica di consiglieri di amministrazione della Banca Popolare di Vicenza S.c.p.A, poi trasformatasi in S.p.A., furono destinatari di diverse sanzioni amministrative di natura pecuniaria e, in un caso, anche interdittiva accessoria per la durata di mesi due, emesse dalla Commissione Nazionale per le Società e la Borsa – Consob – giusta varie delibere tutte emanate il 30 marzo 2017, nell’esercizio del potere sanzionatorio di competenza dell’Istituto ai sensi del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo Unico in materia d’intermediazione finanziaria, di seguito TUF).

Le sanzioni emanate in virtù di ciascuna Delib. furono tutte impugnate dinanzi alla Corte d’appello di Venezia, che respinse il ricorso dello S. con sentenza n. 37 del 2018, ed ugualmente respinse il ricorso dello Z. con sentenza n. 48 del 2018, entrambe oggetto da parte di ciascun soccombente di distinti ricorsi per cassazione tuttora pendenti, col n. RG 3405/2018 l’impugnazione proposta dallo S. e col n. RG 36121/2018 quella proposta dallo Z..

Nel mentre le delibere sanzionatorie adottate dalla Consob erano in corso di notifica, i predetti signori S. e Z. impugnarono congiuntamente, dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio la Delib. CONSOB 19 dicembre 2013, n. 18750 recante il c.d. Regolamento sanzioni, come modificato con successive delibere della Commissione 29 gennaio 2014, n. 18744 e Delib. 29 maggio 2015, n. 19158.

Instaurato il contraddittorio, il TAR del Lazio adito, con sentenza n. 3833, pubblicata il 6 aprile 2018, dichiarò l’inammissibilità del ricorso, ritenendo sussistere la giurisdizione del giudice ordinario anche in relazione al sindacato concernente la contestata legittimità della disciplina regolamentare applicata al caso concreto, riguardante lo svolgimento di procedimento amministrativo finalizzato all’irrogazione di sanzioni amministrative in materia finanziaria.

Avverso detta pronuncia i ricorrenti proposero appello dinanzi al Consiglio di Stato che, con sentenza della sezione sesta, n. 1355, pubblicata il 26 febbraio 2019, non notificata, accolse l’appello, affermando la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo in relazione alla domanda di annullamento degli atti di natura regolamentare, recanti la disciplina del procedimento di irrogazione delle sanzioni amministrative facenti capo alla Consob, rimettendo, per l’effetto, gli atti al primo giudice per la decisione nel merito.

Avverso la suddetta sentenza del Consiglio di Stato la Consob ha proposto ricorso per cassazione, ex art. 362 c.p.c. e D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, art. 110 (c.p.a.), affidato a tre motivi, insistendo per la cassazione dell’impugnata sentenza e la declaratoria della sussistenza in materia della giurisdizione del giudice ordinario. Resistono con controricorso i signori S. e Z..

Tanto la ricorrente quanto i controricorrenti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.; il P.G. ha concluso come in epigrafe per l’accoglimento del ricorso, richiamando le proprie conclusioni scritte già depositate il 4 dicembre 2020.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente Consob denuncia difetto assoluto di giurisdizione di annullamento: Violazione dei principi di cui agli artt. 103 e 113 Cost. – Violazione delle norme di cui all’art. 195, comma 4 TUF ed agli artt. 7, 9, art. 133, comma 1, lett. l) e art. 134, comma 1, lett. c) c.p.a. – Violazione dei principi statuiti dalla Corte costituzionale con la sentenza del 27 giugno 2012, n. 162, per avere la sentenza impugnata, in relazione a sanzioni amministrative impugnabili, in forza di legge, dinanzi all’A.G.O., affermato la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo su atti prodromici e strumentali, in particolare (per quanto qui rileva) di natura regolamentare, rispetto all’esercizio della potestà sanzionatoria. Ciò in contrasto con il fondamentale principio per cui la giurisdizione in merito alle domande di accertamento dell’illegittimità di tutti gli atti presupposti rispetto ad un provvedimento sanzionatorio segue necessariamente le regole relative all’impugnazione di quest’ultimo, derivando, da quanto esposto, che tutti gli atti, anche quelli regolamentari, che informano la sequenza procedimentale diretta all’irrogazione della sanzione rilevano non in sé, ma unicamente come parametri di valutazione della legalità dell’azione amministrativa innanzi al giudice investito della potestas iudicandi sull’irrogazione della sanzione, quale manifestazione finale del munus punitivo pubblico; donde, in relazione a tali atti, il difetto assoluto di giurisdizione costitutiva di annullamento, essendo gli atti medesimi suscettibili soltanto di disapplicazione da parte del giudice ordinario, ove questi ne abbia accertato la contrarietà rispetto alle norme primarie ed ai superiori principi che riguardano la disciplina in tema di sanzioni di natura finanziaria.

2. Con il secondo motivo, la ricorrente ugualmente, denuncia, sotto altro profilo, difetto assoluto di giurisdizione di annullamento: Violazione dei principi di cui agli artt. 103,111 e 113 Cost. e delle norme di cui all’art. 195, comma 4 TUF ed agli artt. 7, 9, 133, comma 1, lett. l) e art. 134, comma 1, lett. c) c.p.a. – Violazione dei principi generali in tema di giusto processo, in particolare sotto il profilo della concentrazione della speditezza della tutela giurisdizionale – Violazione dell’art. 100 c.p.c., per avere l’impugnata sentenza affermato la giurisdizione del giudice amministrativo su atti meramente presupposti del provvedimento sanzionatorio finale, nonostante l’assenza di una posizione giuridica soggettiva, suscettibile di tutela giurisdizionale di tipo caducatorio, autonoma e distinta rispetto al diritto soggettivo a non essere incisi nella propria sfera patrimoniale al di fuori dei casi previsti dalla legge; posizione soggettiva che i destinatari di sanzione amministrativa irrogata dalla Consob possono tutelare unicamente con l’opposizione dinanzi al giudice ordinario prevista dall’art. 195 TUF.

3. Infine, con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano ancora, sotto ulteriore e diverso profilo, difetto assoluto di giurisdizione di annullamento: Violazione dei principi di cui agli artt. 103 e 113 Cost. e delle norme di cui all’art. 195, comma 4 TUF ed agli artt. 7, 9, art. 133, comma 1, lett. l) e art. 134, comma 1, lett. c) c.p.a., per avere la sentenza impugnata dichiarato la giurisdizione del giudice amministrativo per la tutela di posizioni giuridiche soggettive le quali, nella denegata ipotesi in cui se ne dovesse riconoscere l’autonomia rispetto a quella finale ex adverso vantata in relazione al già emanato provvedimento sanzionatorio, dovrebbero in ogni caso, qualificarsi, secondo la stessa prospettazione avversaria, alla stregua di diritti soggettivi e non già come interessi legittimi, con conseguente sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice ordinario.

4. I primi due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, in quanto tra loro connessi.

Essi sono fondati.

4.1. Le Sezioni Unite di questa Corte sono state chiamate recentemente a pronunciarsi su analoga questione, con riferimento a controversie relative all’applicazione delle sanzioni amministrative irrogate dalla Banca d’Italia, ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 145 per le violazioni commesse nell’esercizio dell’attività bancaria, affermando che al giudice che ha giurisdizione sull’asseritamente illegittimo provvedimento di irrogazione della sanzione amministrativa spetta pure la cognizione riguardo ai relativi atti amministrativi, anche regolamentari, presupposti, che hanno condotto all’emissione del provvedimento finale, “i quali costituiscono la concreta e diretta ragione giustificativa della potestà sanzionatoria esercitata nel caso concreto ed incidono pertanto su posizioni di diritto soggettivo del destinatario”. (cfr. Cass. SU, 2 ottobre 2019, n. 24609).

4.2. Come è noto, le vicende relative alla disciplina del procedimento concernente l’irrogazione delle sanzioni amministrative da parte della Banca d’Italia per le violazioni commesse nell’esercizio dell’attività bancaria, su si è registrato l’intervento di Corte costituzionale 15 aprile 2014, n. 94, si sono dipanate parallelamente a quelle in tema di procedimento per l’irrogazione delle sanzioni amministrative di competenza della Consob, che trova la sua fonte primaria nel D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 187 septies.

Segnatamente – in estrema sintesi – all’originaria attribuzione alla Corte d’appello della competenza funzionale in materia di sanzioni inflitte dalla Consob, con l’entrata in vigore del codice del processo amministrativo approvato con D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, era subentrata, ex art. 133, comma 1, lett. l) di detto decreto, la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salve ulteriori previsioni di legge, delle controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti, compresi quelli sanzionatori ed esclusi quelli inerenti ai rapporti di impiego privato, adottati dalla Commissione nazionale per società e la borsa, avendo stabilito altresì il successivo art. 135, comma 1, lett. c) citato decreto, l’attribuzione alla competenza inderogabile del TAR del Lazio, sede di Roma, delle controversie per le quali il precedente art. 134, comma 1, lett. c), attribuiva al giudice amministrativo la “cognizione estesa al merito” nelle controversie aventi ad oggetto le sanzioni pecuniarie la cui contestazione è devoluta alla giurisdizione amministrativa, comprese quelle applicate dalle Autorità indipendenti.

A completamento del relativo quadro normativo l’art. 4, n. 19, dell’Allegato n. 34, del D.Lgs. n. 104 del 2010 aveva abrogato del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 187 – septies, comma 4, che attribuiva alla Corte d’appello la competenza funzionale in materia di sanzioni inflitte dalla Consob.

4.3. La Corte costituzionale, con sentenza 27 giugno 2012, n. 162, ritenendo tuttavia che il legislatore delegato, nel delineare in termini innovativi il riparto di giurisdizione tra giudici ordinari ed amministrativi, avesse violato i limiti della delega, che gli imponeva di tener conto della “giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori” nell’assicurare la concentrazione delle tutele, secondo quanto prescritto dalla legge di delega (L. n. 69 del 2009, art. 44, commi 1 e 2), dichiarò l’illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 133, comma 1, lett. l), art. 135, comma 1, lett. c) e art. 134, comma 1, lett. c) nella parte in cui attribuivano alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con cognizione estesa al merito ed alla competenza funzionale del TAR Lazio – sede di Roma, le controversie in materia di sanzioni irrogate dalla Consob, e del medesimo D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 4, comma 1, n. 4.

4.4. Ciò premesso in termini generali, va rilevato che gli attuali controricorrenti hanno impugnato dinanzi alla Corte d’appello di Venezia le sanzioni loro irrogate dalla Consob, restando ivi soccombenti ed hanno impugnato autonomamente, dinanzi al TAR Lazio, gli atti prodromici all’irrogazione delle anzidette sanzioni, ivi compresi quelli di natura regolamentare sopra espressamente indicati.

Ne sono seguite le vicende sopra descritte.

4.5. Poiché, come più volte affermato da queste Sezioni Unite, la giurisdizione va determinata sulla base della domanda, dovendo farsi riferimento al petitum sostanziale, che va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia richiesta, quanto piuttosto in funzione della causa petendi ne consegue che, come già affermato dalla citata pronuncia Cass. SU n. 24609/19 in tema di atti amministrativi, anche di natura regolamentare, presupposti all’irrogazione di sanzioni amministrative da parte della Banca d’Italia per le violazioni commesse nell’esercizio dell’attività bancaria, va affermata, anche con riferimento alle sanzioni amministrative di competenza della Consob ex D.Lgs. n. 58 del 1998, l’attribuzione al giudice ordinario della cognizione anche sugli atti amministrativi e regolamentari presupposti.

4.5.1. Viene, infatti, in rilievo, l’unità strutturale e funzionale al tempo stesso dell’agere amministrativo, unità in forza della quale è impedito al giudice di separare il provvedimento sanzionatorio, così come il potere di cui costituisce espressione, dal procedimento sanzionatorio e dagli atti che lo compongono e/o che ne costituiscono presupposti; in tale ottica, il principio della concentrazione delle tutele al cui rispetto doveva ritenersi vincolato il legislatore delegato – nell’interpretazione conseguita a Corte Cost. n. 162/2012 ed ai successivi interventi normativi di cui al D.Lgs. 14 settembre 2012, n. 160 e D.Lgs. 12 maggio 2015, n. 72, – non poteva che trovare attuazione presso il giudice ordinario.

4.5.2. Stante la natura assolutamente vincolata dell’attività amministrativa in relazione all’an della sussistenza dell’illecito amministrativo al quale si riconnette l’esercizio del potere sanzionatorio, restando la discrezionalità limitata, nei limiti comunque determinati dalla legge, al quantum, il giudice ordinario deve poter conoscere anche della legittimità degli atti presupposti, ivi compresi quelli di natura regolamentare, che devono assicurare la tenuta del procedimento sanzionatorio in relazione a quelli che sono gli ineludibili principi del contraddittorio, della conoscenza degli atti istruttori, della verbalizzazione e della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie.

4.5.3. Qualora – come lamentano gli odierni controricorrenti – le deliberazioni di natura regolamentare impugnate avessero effettivamente impedito l’attuazione di detti principi, reintroducendo in via transitoria situazioni sul piano procedimentale, da ritenere incompatibili col giusto processo, la tutela risulterebbe comunque adeguatamente assicurata dal potere di disapplicazione dell’atto regolamentare eventualmente illegittimo, senza che la mancanza di un potere generale di annullamento dell’atto erga omnes, in capo al giudice ordinario, possa ritenersi un vulnus sul piano dell’effettività della tutela anche riguardo al due process, pur alla stregua dei principi della giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, riguardo all’effettiva natura della sanzione irrogata; dovendo pur sempre considerarsi l’eventualmente richiesta caducazione dell’atto regolamentare come funzionale alla richiesta di annullamento della sanzione, che investe unicamente la posizione giuridica soggettiva del destinatario della sanzione medesima.

4.5.4. Il profilo cronologico – sul quale molto hanno insistito i controricorrenti, da ultimo anche nella memoria ex art. 378 c.p.c., evidenziando come l’impugnazione del regolamento e degli atti amministrativi presupposti fosse avvenuta dinanzi al giudice amministrativo fosse avvenuta mentre erano ancora in corso di notifica gli atti d’irrogazione delle sanzioni – resta dunque irrilevante, non essendo ravvisabile un interesse all’annullamento di detti atti che prescinda dall’interesse all’annullamento delle sanzioni, che investe, come già sopra rilevato, la posizione di diritto soggettivo di ciascun destinatario delle sanzioni medesime.

5. Il ricorso va pertanto accolto in relazione ai primi due motivi, restando assorbito il terzo, subordinatamente proposto.

6. La sentenza impugnata va per l’effetto cassata in relazione ai motivi accolti, con declaratoria della sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario.

7. La sopravvenienza in pendenza del giudizio di legittimità dell’orientamento conforme espresso da Cass. SU n. 24609/19, in tema di analoga questione quanto alla giurisdizione sugli atti amministrativi, anche di natura regolamentare, prodromici all’irrogazione di sanzioni di competenza della Banca d’Italia, giustifica la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

Accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario.

Dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite civili, il 15 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2021

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