LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 31231-2019 proposto da:
S.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GOLAMETTO 4, presso lo studio dell’avvocato GIOVAMBATTISTA FERRIOLO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FERDINANDO EMILIO ABBATE;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistente –
avverso il decreto n. 362/2019 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 28/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/12/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO.
RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE
Rilevato:
che la sig.ra S.E. ha impugnato, sulla scorta di un solo motivo, il decreto col quale la corte d’appello di Perugia ha rigettato l’opposizione da lei proposta, limitatamente alla quantificazione delle spese liquidate in suo favore, avverso il decreto L. n. 89 del 2001, ex art. 3 che le aveva riconosciuto la somma di Euro 1.200,00 a titolo di equa riparazione per l’irragionevole durata di un processo, ai sensi della L. n. 89 del 2001, e aveva posto a carico del convenuto Ministero della Giustizia le spese di lite, liquidandole in Euro 225,00 oltre accessori;
che con l’unico motivo di ricorso – riferito alla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e dell’art. 2233 c.c., comma 2, oltre che dei decreti ministeriali n. 55/2014 e n. 37/2018 in materia di liquidazione dei compensi – la ricorrente si duole della misura, inferiore al minimo di tariffa, liquidata in suo favore per la fase monitoria, sostenendo che la corte d’appello, tanto in composizione monocratica quanto in composizione collegiale, avrebbe errato nel ritenere applicabile a tale fase la Tabella n. 8 (“procedimenti monitori”), invece che la Tabella n. 12 (“giudizi innanzi alla Corte d’Appello”), allegata al D.M. n. 55 del 2014; e che, comunque, la liquidazione concretamente operata (Euro 225) sarebbe stata inadeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione;
che il Ministero della Giustizia ha depositato atto di costituzione ai soli fini della discussione orale;
che la causa è stata chiamata all’adunanza di camera di consiglio del 14 dicembre 2020, per la quale la ricorrente ha depositato una memoria;
considerato:
che, quanto all’applicabilità della tabella 8 al procedimento L. n. 89 del 2001, ex art. 3, comma 4, è sufficiente rilevare che i difformi precedenti citati dal ricorrente, anche nella memoria, sono stati superati da Cass. 16512/20, che ha affermato il principio che, in tema di giudizio di equa riparazione per irragionevole durata del processo, la liquidazione delle spese della fase destinata a svolgersi dinanzi al consigliere designato deve avvenire sulla base della tabella n. 8, rubricata “procedimenti monitori”, allegata al D.M. n. 55 del 2014, per quanto si sia al cospetto di un procedimento monitorio destinato a celebrarsi dinanzi alla corte d’appello, con caratteri di “atipicità” rispetto a quello di cui agli artt. 633 c.p.c. e ss., rilevando, ai fini dell’applicazione di tale tabella, oltre che l’identica veste formale – decreto – del provvedimento conclusivo della prima fase di entrambi i procedimenti, anche l’iniziale assenza di contraddittorio e la differita operatività della regola cardine audiatur et altera pars, che appieno accomunano il primo sviluppo del procedimento ex lege Pinto e l’ordinario procedimento d’ingiunzione;
che, pertanto, l’importo delle spese liquidato dal consigliere delegato e confermato dalla Corte d’appello in composizione collegiale, pari ad Euro 225, risulta non inferiore, ma corrispondente, al minimo tariffario dello scaglione applicabile alla controversia; secondo la tabella 8 allegata al D.M. n. 55 del 2014, infatti, tale scaglione prevede un compenso medio di Euro 450, diminuibile fino al 50 per cento ai sensi dell’art. 4, comma 1 medesimo decreto ministeriale;
che nemmeno può trovare accoglimento la doglianza relativa alla pretesa lesione del decoro professionale che conseguirebbe dalla liquidazione di un compenso di soli Euro 225, ove si consideri la semplicità dell’attività professionale necessaria per la formulazione di un ricorso per equa riparazione e la modestia della posta in gioco.
Il ricorso è rigettato.
Nulla sulle spese, in difetto di attività difensiva dell’Amministrazione.
Essendo il procedimento in esame esente dal pagamento del contributo unificato, non si deve far luogo alla dichiarazione di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2021