LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15827-2017 proposto da:
MINISTERO POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI, ***** IN PERSONA DEL LEGALE RAPPRESENTANTE PRO-TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEIPORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
REGIONE CAMPANIA, IN PERSONA DEL PRESIDENTE DELLA G.R. E LEGALE RAPP.TE PRO-TREMPORE, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POLI, 29 C/0 AVVOCATURA REGIONE CAMPANIA, presso lo studio dell’avv. ANGELO MARZOCCHELLA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIA LAURA CONSOLAZIO;
C.D., Z.G.G., F.G.V., rappresentati e difesi dall’avv. CARMELA DE FRANCISCIS;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1716/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 13/04/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 02/03/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ha proposto ricorso, sulla scorta di due motivi, per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Napoli che, confermando la sentenza di primo grado del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ha annullato le ordinanze ingiunzione emesse nei confronti di tre dipendenti della Regione Campania, signori Z.G.G., C.D. e F.G.V., notificate anche alla Regione quale coobbligato solidale L. n. 689 del 1981, ex art. 6.
Con tali ordinanze ingiunzione il Ministero ha irrogato ai suddetti signori Z., C. e F. una sanzione pecuniaria per avere essi agevolato, omettendo di svolgere adeguatamente i controlli che dovevano effettuare nella loro attività di ispettori della Regione, la condotta fraudolenta posta in essere dalla società Italburro S.p.A. al fine di ottenere gli aiuti comunitari previsti dal Reg. CE n. 570/1988 e dal Reg. CE n. 3378/1991.
Dalla ricostruzione dei fatti svolta nella sentenza impugnata emerge che i suddetti ispettori erano intervenuti in occasione di due aste, entrambe vinte dalla società Italburro; nella prima, dell’11 gennaio 1994, l’attività ispettiva era stata svolta soltanto dai sigg. Z. e F.; nella seconda, del 22 febbraio del 1994, era intervenuto, insieme ai primi due, anche l’ispettore C..
L’asta svoltasi l’11 gennaio del 1994 aveva ad oggetto l’esportazione verso paesi extracomunitari di burro di provenienza irlandese, previo svolgimento dell’attività di concentrazione/purificazione del burro grezzo, con percezione dei contributi di cui al regolamento CEE 3378/91. Dalle indagini condotte dalla Guardia di Finanza era risultato che la società Italburro aveva smerciato clandestinamente la maggior parte del burro destinato all’esportazione (acquistato a prezzo agevolato), mentre i fusti da inviare nei paesi extracomunitari erano stati riempiti con una mistura di acqua e monogliceridi, ricoperta da uno strato superficiale di burro concentrato.
L’asta svoltasi il 22 febbraio del 1994 aveva ad oggetto l’esecuzione di operazioni di concentrazione/denaturazione di burro grezzo da acquistare in ambito comunitario e trasformare in burro concentrato da destinare alla produzione di dolci e gelati, con percezione dei contributi di cui al regolamento CEE 570/88. Dalle indagini condotte dalla Guardia di Finanza era risultato che la società Italburro aveva fraudolentemente lavorato sempre lo stesso burro, in un arco di tempo di circa due settimane, in quanto al termine di ciascuna giornata lavorativa, dopo che gli ispettori della Regione avevano lasciato i locali dell’impresa, il burro concentrato già confezionato veniva spacchettato e predisposto nuovamente per la lavorazione del giorno seguente. Era inoltre risultato che la stessa società aveva materialmente falsificato le analisi dei campioni, non avendo mai portato i campioni stessi nei laboratori di analisi chimiche.
La Corte d’appello ha ritenuto che non vi fosse stata alcuna negligenza da parte degli ispettori, giacché gli stessi avevano operato secondo le prescrizioni del D.M. n. Agricoltura 25 maggio 1992, art. 16. In particolare, la Corte territoriale ha argomentato come i controlli sul burro fossero da ricondurre alla nozione di “controlli su sostanze omogenee”, le cui modalità pratiche non vengono normativamente definite se non con l’indicazione che si tratta di controlli da effettuare prelevando campioni e inviandoli al laboratorio di analisi chimiche. Nell’impugnata sentenza si aggiunge, inoltre, che i tre funzionari non erano dotati di competenze tecniche idonee a consentire loro di riconoscere la lavorazione ripetuta e irregolare delle stesse partite di burro e di scoprire la frode compiuta in riferimento ai fusti da destinare alle esportazioni. Infine la Corte partenopea sottolinea come – in relazione all’unico profilo di negligenza astrattamente ravvisabile nell’operato degli ispettori, ossia l’avere costoro consentito alla Italburro di provvedere essa stessa a far sottoporre i propri prodotti alle analisi di laboratorio (poi falsificate) – gli odierni ricorrenti si erano attenuti ai protocolli predisposti dalla Regione Campania di concerto con l’Autorità Doganale e con la Guardia di Finanza e solitamente utilizzati dai dipendenti dell’Ispettorato Centrale per la Repressione delle Frodi. Difetterebbe, quindi, l’elemento soggettivo dell’illecito amministrativo rappresentato dalla colpa.
La Regione Campania e i signori C., Z. e F. hanno presentato controricorso.
La causa è stata chiamata all’adunanza camerale del 2 marzo 2021 per la quale non sono state depositate memorie.
Con il primo motivo di ricorso, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 3, il Ministero delle Politiche Agricole deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 1980, art. 6 in cui la Corte territoriale sarebbe incorsa escludendo la negligenza degli ispettori sulla base alla disciplina dei controlli sui prodotti omogenei. Secondo il Ministero ricorrente, infatti, controlli andavano eseguiti prelevando il burro non solo dalle superfici dei fusti ma – come desumibile dal riferimento normativo alle quantità parziali da rimescolare per formare il campione da analizzare – anche in profondità, onde garantire la formazione di campioni effettivamente rappresentativi.
Il motivo va disatteso.
Premesso che il D.P.R. n. 327 del 1980, abrogato dal D.Lgs. 2 febbraio 2021, n. 21 è applicabile ratione temporis alla fattispecie dedotta in giudizio, conviene riportare il testo dell’art. 6 di tale D.P.R., di cui l’Avvocatura erariale lamenta violazione: “Per il prelievo dei campioni destinati all’analisi chimica, salvo quanto previsto da norme speciali, nonché dal successivo art. 9, o quando ricorrano particolari esigenze di controllo, si applicano le modalità stabilite dall’allegato A del presente regolamento”.
Il menzionato allegato A, nel proprio art. 3, detta una articolata rassegna delle norme generali da seguire per il prelievo dei campioni da analizzare; in particolare, per quanto qui rileva, la lett. c) di tale art. 3 prevede che “Nel caso di sostanze o prodotti non omogenei contenuti in un unico recipiente e conservati alla rinfusa, se ne prelevano quantità parziali nella parte superiore, centrale e inferiore della massa; l’insieme delle quantità parziali rappresentative della partita, vengono riunite e mescolate per ricavare il campione per l’analisi”. La Corte territoriale, ritenendo che il burro vada qualificato come “prodotto omogeneo”, ha escluso che i controlli sul medesimo soggiacciano alla disciplina della trascritta lett. c), ossia che i prelievi dei campioni vadano effettuati nella parte superiore, centrale e inferiore della massa, ed ha ritenuto applicabile la disciplina dettata per i controlli sui prodotti omogenei nelle lett. a) e b) del ripetuto art. 3, rispettivamente riferite ai controlli sui prodotti omogenei contenuti in un unico recipiente e a quelli sui prodotti omogenei contenuti in più recipienti. La citata lett. a), infatti, recita: “nel caso di sostanze o prodotti omogenei contenuti in un unico recipiente, se ne preleva una quantità rappresentativa della massa, dalla quale sì ricava il campione per l’analisi”, mentre la citata lett. b) recita: “nel caso di sostanze o prodotti omogenei contenuti in più recipienti, se ne prelevano quantità parziali da diversi recipienti scelti a caso e rappresentativi della partita; le quantità parziali vengono riunite e mescolate per ricavare il campione per l’analisi”.
Tanto premesso, il Collegio osserva, per un verso, che l’Amministrazione ricorrente non ha censurato la statuizione dell’impugnata sentenza secondo cui, non essendo il burro una sostanza omogenea, ai controlli sul medesimo non si applica il disposto dell’art. 3, lett. C, all. A e, per altro verso, che né la lett. a), né la lett. b) del ripetuto art. 3 contengono alcuna indicazione sui punti da cui estrarre il prelievo; il riferimento – valorizzato nel mezzo di ricorso – alle quantità parziali da riunire e mescolare per ricavare il campione concerne l’ipotesi, contemplata nella trascritta lett. b), di prodotti contenuti in più recipienti e non detta alcuna indicazione in ordine alla profondità alla quale prelevare la sostanza da ciascun recipiente.
Non ricorre quindi, nel ragionamento decisorio della Corte territoriale, la denunciata violazione del D.P.R. n. 327 del 1980, art. 6.
Con il secondo motivo di ricorso, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 4, il Ministero deduce la nullità della sentenza e/o del procedimento ex art. 111 Cost. ed D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 1, 2 e 36 ex art. 132 e 274 c.p.c. ed ex art. 118 delle disp. att. del c.p.c.
Sostiene il Ministero che la sentenza avrebbe omesso di considerare le gravi omissioni commesse dai tre funzionari nell’adempiere ai loro doveri di controllo. In primo luogo la Corte d’appello avrebbe errato nel considerare l’impreparazione tecnica degli ispettori quale scusante dei medesimi invece che quale profilo di loro responsabilità, per non avere essi rifiutato un incarico per il quale erano privi della necessaria competenza. In ogni caso la Corte di appello non avrebbe rilevato tutta una serie di omissioni ascrivibili agli ispettori e analiticamente elencate nel motivo di ricorso in esame, conseguentemente errando nell’escludere la colpa degli ispettori nel mancato rilievo del comportamento fraudolento della società Italburro.
Il motivo è inammissibile. Esso infatti palesemente aspira ad una revisione del giudizio sulla sussistenza dell’elemento psicologico della colpa in capo agli odierni ricorrenti, che costituisce giudizio di fatto rientrante nei compiti istituzionali del giudice di merito ed è censurabile in questa sede solo nei ristretti limiti del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 come novellato dal D.L. n. 83 del 2012 (nel presente giudizio, peraltro, precluso dal disposto dall’art. 348 ter c.p.c., u.c.). Non ricorre, d’altra parte, l’ipotesi, dedotta a fondamento della denuncia di nullità della sentenza svolta nel motivo di ricorso in esame, di inesistenza/apparenza della motivazione; la Corte d’appello ha compiutamente esplicitato le ragioni del proprio convincimento, sviluppando una trama argomentativa più o meno persuasiva ma, di certo, non meramente apparente.
In conclusione, il secondo motivo è inammissibile.
Il ricorso è rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
Non sussistono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo, essendo quella soccombente un’Amministrazione dello Stato (Cass. n. 5955/2014).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il Ministero ricorrente a rifondere ai controricorrenti le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 8.000, oltre Euro 200 per esborsi e accessori di legge, a favore dei controricorrenti Z., C. e F. e in Euro 8.000, oltre Euro 200 per esborsi e accessori di legge, a favore della controricorrente Regione Campania.
Così deciso in Roma, il 2 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2021