LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GORJAN Sergio – Presidente –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27576/2016 R.G. proposto da:
I.L., rappresentato e difeso dall’avv. Vittorio Luigi Fucci, con domicilio eletto in Roma, al Viale Parioli n. 12, presso l’avv. Massimo Pisani;
– ricorrente –
contro
G.A., E C.P., rappresentati e difesi Angelo Pica, con domicilio in Roma, presso la Cancelleria della Suprema Corte di Cassazione;
– controricorrrenti –
e A.A., E D.C.E.;
– intimate –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 3966/2015, depositata in data 13.10.2015;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14.5.2021 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.
FATTI DI CAUSA
I.L. ha evocato in causa G.A., C.P., A.A. e d.C.E. dinanzi al tribunale di Benevento, sezione di Guardia Sanframondi, istando per il risarcimento dei danni alla sua proprietà, in *****, provocati dai lavori di ristrutturazione ed adeguamento antisismico, realizzati dall’impresa di G.G., su progetto di d.C.A. con il collaudo di C.P., sull’immobile di A.A. e D.C.E..
Da verifiche eseguite dopo i lavori, era emerso che le opere di consolidamento delle fondazioni non erano state eseguite e che la struttura portante era in precarie condizioni di staticità, sicché le fessurazioni apparse sulle pareti dell’immobile dell’ I. era da imputare al cedimento del piano fondale dell’edificio confinante, a sua volta causato dall’aumento dei carichi fissi della struttura.
Con sentenza n. 131/2007, il tribunale ha respinto la domanda, ritenendo che l’attore non fosse proprietario dell’immobile interessato dai fenomeni lamentati in giudizio e che i danni non fossero stati denunziati entro un anno dalla scoperta, con conseguente decadenza dall’azione di garanzia.
Su appello di I.L., la Corte di Napoli ha confermato la decisione. Il Giudice distrettuale, pur ritenendo che l’appellante fosse legittimato all’esercizio dell’azione di risarcimento e che non fosse decaduto dall’azione di garanzia, ha posto in rilievo che le fessurazioni e le lesioni erano di vecchia data, che quasi tutte presentavano dimensioni capillari e che non avevano subito variazioni nel periodo di osservazione, nonostante l’evento sismico del 29.12.2013.
La sentenza ha stabilito, in base all’esame dello stato finale e del progetto dei lavori, che non erano stati programmati interventi alle fondazioni, ad eccezione che per un muro da realizzare all’interno dell’edificio, e che il calcolo statico delle fondazioni era stato richiesto per prassi e per verificare la resistenza del terreno ai maggiori carichi previsti, precisando che le fessurazioni non dipendevano dalla cattiva posa in opera di materiali o dall’impiego di materiali scadenti, ma dai lavori eseguiti successivamente dall’ I. presso l’immobile di sua proprietà, interventi che avevano determinato una redistribuzione dei carichi ed avevano fatto variare l’interazione tra il supporto murario e l’intonaco di rivestimento.
Secondo la Corte di merito, le lesioni in corrispondenza del soffitto interno al deposito al piano terra erano invece dipese da fenomeni di carbonizzazione del calcestruzzo, da un’inadeguata impermeabilizzazione e da una pessima manutenzione del terrazzino sovrastante al deposito, senza però pregiudicare il godimento dell’immobile.
La cassazione della sentenza è chiesta da I.L. con ricorso basato su un unico motivo.
G.A. e C.P. resistono con controricorso. Le altre parti sono rimaste intimate.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso si denuncia la violazione degli artt. 194,195 c.p.c., art. 90 disp. att. c.p.c. e vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per aver la Corte territoriale omesso di esaminare il progetto originario di riparazione e ristrutturazione del fabbricato redatto dall’ing. D.C., progetto che contemplava anche le opere di consolidamento delle fondazioni, occorrendo verificare se detti interventi fossero stati effettivamente eseguiti.
Il motivo è inammissibile.
La censura difetta di decisività, poiché la sentenza, oltre a considerare che il progetto non prevedeva interventi alle fondazioni – salvo che per un muro posto all’interno del vano deposito – ha stabilito, con motivato apprezzamento dei fatti di causa, che i fenomeni di fessurazione non dipendevano da cedimenti statici o dalla cattiva posa in opera dei materiali, ma dai lavori eseguiti dallo stesso ricorrente in data successiva all’ultimazione delle opere presso l’immobile confinante, modifiche che avevano determinato una diversa distribuzione dei carichi.
La tipologia stessa delle lesioni, che erano comunque superficiali e che non avevano interessato la struttura del fabbricato, e l’assenza di correlazione con problematiche di cedimento statico o di insufficiente stabilità dell’edificio limitrofo, rendevano superfluo accertare se le fondazioni fossero state interessate da interventi volti a garantire la sicurezza dell’edificio.
In ogni caso, la Corte ha anche esaminato il contenuto degli atti progettuali, pervenendo a conclusioni difformi da quelle avanzate in ricorso, avendo stabilito che l’unico intervento di consolidamento previsto dalla progettazione riguardava un muro interno e che i calcoli statici erano stati eseguiti per prassi, il che esclude anche la denunciata violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. s.u. 8053/2014).
Il ricorso è quindi inammissibile, con aggravio di spese secondo soccombenza.
Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 2300,00 per compenso ed Euro 200,00, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali, in misura del 15%.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile, il 14 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2021