LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –
Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12782-2020 proposto da:
M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CLEMENTINA DI ROSA;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositata il 08/05/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARINA MELONI.
FATTI Dl CAUSA Il Tribunale di Campobasso, sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, con D. in data 8/5/2020, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale in ordine alle istanze avanzate da M.A. nato in Bangladesh il *****, volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.
Il richiedente asilo proveniente dal Bangladesh aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di essere fuggito dal proprio paese in quanto era stato minacciato per aver sposato una donna di religione hindu che non era ben vista dalla comunità tanto che la sua abitazione era stata incendiata. Avverso la sentenza del Tribunale di Campobasso il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs 19 novembre 2007, n. 251, art. 3,5,6,7,8,14, per non aver il tribunale ritenuto sussistenti i presupposti per concedere la protezione dello status di rifugiato e la protezione sussidiaria in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, lett. C), in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il giudice di merito, nonostante la situazione di vulnerabilità e le violenze subite dal ricorrente, non ha riconosciuto il diritto alla protezione umanitaria ai sensi della normativa antecedente a quella recentemente introdotta dal D.L. n. 113 del 2018, convertito con modificazioni dalla L. n. 132 del 2018.
Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, riguardo al mancato esercizio dei poteri istruttori in ordine all’accertamento della situazione oggettiva relativa al Paese di origine, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti per non avere il Tribunale valutato il processo di integrazione del richiedente asilo nel nostro paese in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Il primo motivo di ricorso è fondato e deve essere accolto con riferimento allo status di rifugiato del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 2, lett. e art. 7) e alla protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 2, lett. g) e art. 14, lett. b), avendo il ricorrente dedotto di temere di essere ucciso o torturato per ragioni etnico-religiose.
In tema di protezione internazionale, invero, il principio in virtù del quale quando le dichiarazioni dello straniero sono inattendibili non è necessario un approfondimento istruttorio officioso, è applicabile ai fini dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento dello “status” di rifugiato o di quelli per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b). Esso non si applica, invece, alla protezione di cui all’art. 14, lett. c) (Cass. 14283/2019; Cass. 0286/2020). Nel caso concreto, l’istante ha dedotto di essere stato perseguitato dalla comunità hindu del suo Paese, poiché – essendo musulmano – aveva sposato una ragazza di fede hindù, e ciò non era accettabile dai correligionari della ragazza, che erano arrivati al punto di bruciargli la casa. Il richiedente era fuggito, per evitare di essere sottoposto a violenze da parte della comunità hindu, per avere sposato una ragazza di fede diversa dalla sua. Orbene, il decreto impugnato non dice affatto che tale narrazione non è credibile, sulla base di un accertamento di fatto (Cass. 19625/2020), ma si limita invece a dire che si tratterebbe di una vicenda privata. Ciò premesso, in tema di protezione internazionale, quando il richiedente alleghi il timore di essere soggetto nel suo paese di origine ad una persecuzione a sfondo religioso o comunque ad un trattamento inumano o degradante fondato su motivazioni a sfondo religioso, il giudice deve effettuare una valutazione sulla situazione interna del Paese di origine del richiedente, indagando espressamente l’esistenza di fenomeni di tensione a contenuto religioso, senza che in direzione contraria assuma decisiva rilevanza il fatto che il richiedente non si sia rivolto alle autorità locali o statuali per invocare tutela, potendo tale scelta derivare, in concreto, proprio dal timore di essere assoggettato ad ulteriori trattamenti persecutori o umanamente degradanti. (Nella fattispecie ricorrente aveva dichiarato di essere fuggito dal Bangladesh, paese di religione mussulmatia, sua patria di origine perché perseguitato, in quanto di religione hindu) (Cass. 28974/2019; Cass. 8573/2020).
Per quanto sopra deve essere accolto il primo motivo di ricorso assorbiti gli altri, cassato il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Campobasso in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso assorbiti gli altri, cassa il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Campobasso in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione civile della Corte di Cassazione, il 16 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2021