LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 25157/2020 proposto da:
N.A., elettivamente domiciliato presso l’avv. Angelo Russo, dal quale è rappres. e difeso, con procura speciale in atti;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’interno, in persona del Ministro p.t., elett.te domic.
presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappres. e difende;
– intimato –
avverso la sentenza n. 2926/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 21/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 14/05/2021 dal Cons. Dott. CAIAZZO ROSARIO.
RILEVATO
Che:
N.A., cittadino del Senegal, ha proposto appello avverso l’ordinanza del Tribunale di Bologna che aveva rigettato il ricorso per il riconoscimento della protezione internazionale ed umanitaria.
Con sentenza del 15.4.2020, la Corte territoriale ha rigettato il gravame, confermando la motivazione del Tribunale, osservando che: era generico e non credibile il racconto del ricorrente circa le violenze che avrebbe sofferto nel suo paese, considerando anche che vi era incertezza della stessa identità del ricorrente; non ricorrevano i presupposti del permesso umanitario, in mancanza di prove di indici personali di vulnerabilità e dell’inserimento sociale.
N.A. ricorre in cassazione con tre motivi.
Il Ministero si è costituito al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
RITENUTO
Che:
Il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, lamentando che la Corte d’appello abbia ritenuto contraddittorie le dichiarazioni del ricorrente in ordine ai fatti legittimanti il riconoscimento dello status di rifugiato, ovvero della protezione sussidiaria e umanitaria, omettendo di espletare l’onere di cooperazione istruttoria attraverso l’acquisizione di informazioni sulla situazione interna del paese di provenienza, in ordine alle violenze e ai disordini diffusi in Senegal.
Il secondo motivo denunzia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), sulla protezione sussidiaria non riconosciuta dalla Corte territoriale, in considerazione delle fonti internazionali dalle quali si desumeva una situazione di violenza indiscriminata nel paese di provenienza del ricorrente.
Il terzo motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, art. 19, per aver la Corte territoriale escluso la protezione umanitaria senza effettuare la comparazione tra la situazione attuale e quella in cui l’istante verserebbe in caso di rimpatrio, e non tenendo conto degli indici di vulnerabilità derivanti dalle gravi problematiche socio-sanitarie interne al paese di origine (instabilità politico-sociale; povertà diffusa; bassa scolarizzazione; emergenza sanitaria da Covid 19).
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo tende al riesame dei fatti, circa il riconoscimento dello status di rifugiato in ordine alla doglianza afferente alle contraddizioni del racconto del ricorrente sulla vicenda della sua fuga dal Senegal; al riguardo, la Corte territoriale, che ha acquisito varie informazioni sulla situazione del paese d’origine dell’istante, ha rilevato che il racconto reso dal ricorrente in ordine alla motivazione di sfuggire alla matrigna – la quale intendeva sottoporlo a sacrifici umani con il taglio di un dito – inseguendolo anche in Mauritania, non era credibile e coerente.
Il secondo motivo è del pari inammissibile, alquanto generico, diretto a prospettare una diversa interpretazione dei fatti relativi alla situazione di violenza indiscriminata nel paese di provenienza (Peraltro, il Senegal è inserito nella lista dei “Paesi sicuri”).
Il terzo motivo è infine inammissibile, avendo la Corte d’appello escluso, ai fini della protezione umanitaria, l’avvenuta integrazione del ricorrente nel territorio italiano, mentre è irrilevante il riferimento alle problematiche socio-sanitarie del paese di provenienza, nella misura in cui non sono allegati fatti specifici, espressivi di una situazione individuale di vulnerabilità in caso di rimpatrio.
Nulla per le spese, considerato il mancato deposito del controricorso.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2021