Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26249 del 28/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28560-2019 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliato presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO GRANIERO;

– ricorrente –

contro

M.A., in qualità di erede universale del Sig.

P.G., elettivamente domiciliata presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa dagli avvocati FRANCESCO IANNIELLO, GIANMARINO CHIAPPA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 327/2019 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata l’11/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 09/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO DI MARZIO.

RILEVATO

Che:

1. – C.M. ricorre per due mezzi, nei confronti di M.A., quale erede di P.G., contro la sentenza dell’11 marzo 2019 con cui la Corte d’appello di Salerno ha respinto il suo appello avverso sentenza del Tribunale di Salerno, sezione distaccata di Eboli, confermativa di un decreto ingiuntivo di pagamento di 40.000.000 di lire, oltre accessori, somma portata da un assegno bancario tratto dal C. a se stesso e girato al P..

2. – M.A. resiste con controricorso.

CONSIDERATO

che:

3. – Il primo mezzo denuncia errata e contraddittoria motivazione: si sostiene che la Corte d’appello avrebbe omesso di motivare “nella parte in cui esclude la utilizzabilità della sentenza di Corte di Cassazione 15638/02 sia nel senso della tardività di deposito (avvenuto già in primo grado che in ordine al principio ò dalla stessa espresso è precisato, utilizzabile secondo quanto disposto dall’art. 393 c.p.c.”.

Il secondo mezzo denuncia omessa e contraddittoria motivazione, violazione dell’art. 116 c.p.c.: si sostiene che la Corte d’appello avrebbe attribuito rilievo ad un elemento istruttorio, l’instaurazione di un procedimento penale nei confronti di esso C. per calunnia conclusosi con pronuncia di estinzione ò per prescrizione, la cui valutazione “era stata già esclusa dal Tribunale… che non ritiene utile la denuncia di smarrimento a dimostrare la mala fede del possessore del titolo, ma neppure utilizza l’iter processuale penale quale prova del legittimo possesso”, sicché la sentenza impugnata “reintroduce una prova che in primo grado era stata esclusa”. Viene aggiunto che “il deferito interrogatorio… afferisce circostanze di fatto esclusivamente documentali a cui il C. nulla poteva aggiungere o limitare per cui rimane onere dell’opposto offrire (in ossequio al principio dell’onere della prova e di quello espresso dalla Suprema Corte) prova documentale degli atti menzionati. La stessa Corte d’appello, inoltre, ritiene ammessi tali fatti (ex art. 232 c.p.c.) ma non indica quali ulteriori elementi concorrono con la valutazione ex art. 116 c.p.c. dell’interrogatorio non reso”.

Ritenuto che:

4. – Il ricorso è inammissibile.

4.1. – Lo è innanzitutto per la mancanza di una comprensibile esposizione dei fatti di causa, nella sua relazione con le censure spiegate, giacché non riesce punto a comprendersi, dalla lettura del ricorso, quale rilievo possegga la sentenza di questa Corte numero 15638 del 2002, quale sia il suo esatto contenuto, e come si sia arrivati ad essa.

4.2. – Sono inoltre inammissibili entrambi i motivi, giacché diretti a denunciare asseriti errori motivazionali che l’art. 360 c.p.c., nel testo vigente, non contempla, consentendo esclusivamente la denuncia di omessa considerazione di un fatto storico decisivo e controverso.

Ne’ può ritenersi che i motivi in tal modo spiegati valgano in realtà, indipendentemente dal contenuto della rubrica, a lamentare un difetto motivazionale così grave da tradursi un vizio di motivazione costituzionalmente rilevante, e cioè tale da risolversi nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).

Ed invero, la Corte d’appello ha rilevato:

-) che il C. era stato sottoposto a procedimento penale per calunnia conseguita alla denuncia di smarrimento dell’assegno posto a fondamento della domanda monitoria, procedimento estinto per prescrizione;

-) che il C. non aveva risposto all’interrogatorio formale deferitogli;

-) che, considerato il procedimento penale e la mancata risposta all’interrogatorio formale, dovevano reputarsi come ammessi i fatti ivi dedotti, di guisa che il C. doveva essere ritenuto debitore della M. della somma portata dall’assegno bancario in discussione quale residuo prezzo di una compravendita di immobili;

-) che la sentenza di questa Corte invocata dall’appellante era stata tardivamente depositata e, in ogni caso, essa riguardava l’efficacia esecutiva dell’assegno bancario, dunque esulava dall’oggetto della presente controversia, in cui il titolo esecutivo era rappresentato dal decreto ingiuntivo.

Trattasi di motivazione eccedente la soglia del “minimo costituzionale”, a petto della quale la denuncia di carenza motivazionale è come si diceva inammissibile.

5. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 3.600,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2021

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