Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.26256 del 28/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14887/2017 proposto da:

D.G., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ALBERTO MAGLI;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ TRASPORTI PUBBLICI BRINDISI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EMANUELE FILIBERTO, 191, presso lo studio dell’avvocato PAOLA ERSILIA CURSARO, rappresentata e difesa dall’avvocato VALERIA GALASSI;

MANPOWER S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO, 25/B, presso lo studio degli avvocati TIZIANA SERRANI, e FRANCESCO GIAMMARIA, che la rappresentano e difendono;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 274/2017 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 01/02/2017 R.G.N. 657/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/11/2020 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per: accoglimento del terzo motivo e assorbiti i restanti;

udito l’Avvocato ALESSANDRO BROZZI, per delega Avvocato ALBERTO MAGLI;

udito l’Avvocato ARCANGELA CAMPILONGO, per delega Avvocato VALERIA GALASSI.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Lecce, con sentenza n. 274/17, riformando la sentenza di primo grado che aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso per intervenuta decadenza, ha respinto nel merito la domanda proposta da D.G. nei confronti della Società Trasporti Pubblici di Brindisi s.p.a. e della società di somministrazione Manpower s.r.l., diretta all’accertamento di un’ipotesi di somministrazione irregolare D.Lgs. n. 276 del 2003, ex art. 27, in relazione al contratto di somministrazione a termine stipulato per il periodo, 13 al 19 ottobre 2006, rinnovato per uno o più giorni per cinquantacinque volte fino al 9 novembre 2007 per complessivi n. 231 giorni, con cui il ricorrente era stato inviato in missione presso la società utilizzatrice con mansioni di autista.

2. Per quanto ancora rileva nella presente sede, la sentenza di appello ha riferito che il ricorrente, nell’atto introduttivo, aveva lamentato: 1) l’assenza di specificità o inesistenza della causale del contratto di somministrazione, stante l’utilizzo di una formula meramente riproduttiva del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20, comma 4; l’assenza dell’indicazione nominativa del lavoratore da sostituire; 2) la carenza del requisito della temporaneità in relazione al CCNL autoferrotranvieri del 2004, nonché delle direttive 2008/104 e 1999/1970 UE.

3. La Corte territoriale, nel ritenere insussistente l’ipotesi della somministrazione irregolare di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27, ha osservato, in sintesi, che:

– quanto al requisito di specificità delle causali addotte nei contratti di lavoro, queste consistevano in “ragioni di carattere sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività dell’utilizzatore – sostituzione di personale assente”, ossia nell’esigenza della società utilizzatrice di garantire il servizio di trasporto pubblico nei giorni in cui il personale con diritto alla conservazione del posto di lavoro era assente;

– la prova della effettività di tale esigenza è stata fornita tramite la tempestiva e rituale allegazione del prospetto relativo alle presenze/assenze del personale nei mesi da ottobre 2006 a novembre 2007; si tratta di un prospetto dettagliato, che riporta per ogni giorno e per ogni mese del periodo il numero degli agenti assenti con indicazione delle causali dell’assenza e che reca altresì la specificazione numerica degli agenti presenti, di quelli assenti e di quelli in missione (indicati come interinali) inviati da agenzie di somministrazione; il controllo sulla rispondenza delle causali, da effettuare nel senso puntualizzato tra le tante da Cass. n. 21769 del 2015, ed effettuato senza travalicare i limiti di cui dell’art. 27, comma 3, si risolve dunque in senso positivo; le mansioni da disimpegnare erano ben specificate in ciascun contratto;

– la mancata indicazione nominativa del lavoratore sostituito non è in sé rilevante (Cass. nn. 22009 e 14990 del 2011, nn. 1577 e 23119 del 2010), atteso che il requisito di specificità può essere assolto anche mediante la verifica della corrispondenza quantitativa tra il numero dei lavoratori assunti con contratto a termine per lo svolgimento di una determinata funzione aziendale e le scoperture che per quella stessa funzione si sono realizzate nel periodo di assunzione; tale verifica è stata fatta, né l’appellante ha mai addotto di essere stato inviato in missione per ragioni diverse;

– quanto al requisito della temporaneità richiesto dal CCNL Autoferrotranvieri del 2004 in combinato disposto con il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 86, comma 3, la norma transitoria da ultimo citata è inapplicabile ratione temporis; inoltre, in virtù del richiamo – contenuto nel D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20, comma 4 – al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 10 (nei testi all’epoca vigenti), il legislatore aveva demandato ai contratti collettivi nazionali di lavoro l’individuazione, anche in misura non uniforme, dei limiti quantitativi di utilizzazione della somministrazione a tempo determinato, fermo restando quanto previsto dal comma 7, della norma da ultimo citata, alla stregua della quale (lett. b) erano esenti da limitazioni quantitative le assunzioni per ragioni sostitutive;

– quanto alla reiterazione dei contratti per asserita violazione delle Direttive UE, il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 22, deroga alla disciplina ordinaria in materia di contratti di lavoro a tempo determinato, perché non pone limitazioni alla reiterazione dei contratti a termine per le agenzie di lavoro interinale; sul punto, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha affermato che Accordo quadro del 18.3.99 e Direttiva 1999/70 non si applicano al rapporto di lavoro a tempo determinato tra un lavoratore interinale e un’agenzia di lavoro interinale, né al rapporto di lavoro a tempo determinato tra tale lavoratore e l’impresa utilizzatrice (sent. CGUE 11.4.2013 resa in C-290/12 Della Rocca/Poste Italiane).

4. Per la cassazione di tale sentenza D.G. ha proposto ricorso affidato a tre motivi. Si sono costituite entrambe le società intimate.

5. Sul terzo motivo, parte controricorrente ha eccepito l’inammissibilità per novità della questione. Parte ricorrente ha replicato, in sede di memoria difensiva, invocando l’applicazione della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 26243 del 2014, in quanto il giudice di appello avrebbe dovuto rilevare d’ufficio anche i motivi di nullità diversi da quelli allegati riferibili al contratto (commerciale) di somministrazione.

6. La causa, già fissata per l’adunanza del 10 settembre 2019, è stata rinviata alla pubblica udienza per avere il Collegio ravvisato l’insussistenza dei presupposti per la trattazione in sede camerale.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20, comma 4, art. 21, comma 1, lett. c) e comma 2, art. 27, comma 1, nonché del CCNL Autoferrotranvieri 14 dicembre 2004, lett. “E-Lavoro Somministrato”, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la sentenza ritenuto sussistente la specificità delle causali, pur a fronte della loro palese genericità.

A sostegno del motivo, si argomenta che:

– le causali indicate nel contratto individuale e in quello di somministrazione a termine non potevano considerarsi idonee, per la loro genericità, a integrare l’ipotesi di cui del D.Lgs. n. 276 del 2003, comma 4, non consentendo di far comprendere quale tipo di esigenza sostitutiva la società utilizzatrice dovesse fronteggiare; in particolare, né i contratti di somministrazione, né quelli individuali di lavoro recavano la specificazione che la sostituzione riguardasse “…personale con diritto alla conservazione del posto…”;

– è violato altresì il requisito di temporaneità richiesto dal CCNL Autoferrotranvieri, che non ammette la somministrazione a tempo determinato in assenza di contingenze eccezionali od occasionali e comunque non lo ammette per un periodo superiore a 60 giorni;

– a fronte della insussistenza dei presupposti di legittimità del contratto individuale, il giudice avrebbe dovuto esimersi dall’effettuare il controllo sull’effettività della causale indicata nei contratti di somministrazione.

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione del principio di non contestazione.

Si assume che la parte convenuta non aveva contestato la fondatezza dell’eccezione di parte ricorrente in ordine all’assenza di specificità della causale per assenza di esigenze eccezionali ed occasionali richieste dalla lettera “E-Lavoro Somministrato” del CCNL Autoferrotranvieri 2004.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 21, comma 1, lett. b) ed e) e art. 27, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonché omesso esame di fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la sentenza omesso di considerare che su tutti i contratti commerciali di somministrazione mancava l’indicazione del reale numero dei lavoratori da somministrare, nonché la data di inizio e della previsione di durata degli stessi.

4. La S.T.P. Brindisi s.p.a. ha contestato la fondatezza del ricorso e, in via subordinata, ha riproposto l’eccezione per cui, trattandosi di una società di trasporto pubblico locale, si applica la disciplina generale dettata dal D.L. 10 novembre 1978, n. 702, art. 5, commi 15 e 17, conv. in L. 8 gennaio 1979, n. 3 (Cass. n. 18855 del 2014, n. 17454 del 2014 e n. 15714 del 2014) con esclusione della conversione dei rapporti da tempo determinato a tempo indeterminato e, per le ipotesi di somministrazione irregolare D.Lgs. n. 276 del 2003, ex art. 27 (nella specie, comunque insussistente), l’applicazione delle regole di diritto comune e il risarcimento L. n. 183 del 2010, ex art. 32, comma 5.

5. Il ricorso è infondato.

6. Quanto al primo motivo, che verte sulla specificità della causale e sull’accertamento della sua effettività, in relazione al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20, comma 4, nella giurisprudenza di questa Corte è stato ritenuto sufficiente che l’indicazione contrattuale dia conto della ragione in concreto da fronteggiare in modo sufficientemente intellegibile, ferma comunque la possibilità per l’utilizzatore di fornire la prova dell’effettiva esistenza delle ragioni giustificative indicate anche a posteriori in caso di contestazione (vedi Cass. n. 15610 del 2011, n. 2521 del 2012). Nel pervenire a tali conclusioni, questa Corte ha infatti elaborato una interpretazione sistematica del combinato disposto di cui all’art. 20, comma 4, alla cui stregua “la somministrazione a tempo determinato è ammessa a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività dell’utilizzatore”; di cui all’art. 21, in base al quale il contratto di somministrazione di manodopera deve essere stipulato in forma scritta e deve contenere, fra gli elementi necessari, “i casi e le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo di cui dell’art. 20, commi 3 e 4; di cui all’art. 27, che al comma 3, pur precisando che il giudice non può sindacare nel merito le scelte tecniche, organizzative o produttive in ragioni delle quali l’impresa ricorre al contratto di somministrazione, sancisce che il controllo giudiziale è limitato “all’accertamento della esistenza delle ragioni che (la) giustificano” (cfr. Cass. n. 21001 del 2014).

7. Ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27, comma 3, il controllo giudiziale, che non si estende al sindacato delle scelte tecniche, organizzative e produttive dell’utilizzatore, va concentrato sulla verifica dell’effettività delle ragioni che giustificano il ricorso alla somministrazione (Cass. 21916 del 2015 e 23513 del 2017), per cui l’utilizzatore è tenuto a dimostrare in giudizio l’esigenza alla quale si ricollega l’assunzione del lavoratore, esplicitando il collegamento tra la previsione astratta e la situazione concreta. Ove tale onere non sia soddisfatto si instaura un rapporto a tempo indeterminato con l’utilizzatore della prestazione (Cass. n. 15610 del 2011, n. 20598 del 2013). Difatti, ai sensi del D.Lgs. 9 ottobre 2003, n. 276, artt. 20 e segg., la mera astratta legittimità della causale indicata nel contratto di somministrazione non basta a rendere legittima l’apposizione di un termine al rapporto, dovendo anche sussistere, in concreto, una rispondenza tra la causale enunciata e la concreta assegnazione del lavoratore a mansioni ad essa confacenti (Cass. n. 17540 del 2014).

8. Nessuna delle pronunce segnalate nel ricorso contraddice la ricostruzione fornita con quelle sopra riportate: con tali pronunce si è ribadito che le ragioni devono essere indicate per iscritto nel contratto e devono essere indicate, in quella sede, con un grado di specificazione tale da consentire di accertare se rientrino nella tipologia di ragioni cui è legata la legittimità del contratto e da rendere possibile la verifica della loro effettività. L’indicazione, pertanto, non può risolversi in una parafrasi della norma, ma deve esplicitare il collegamento tra la previsione astratta e la situazione concreta.

9. Nel caso in esame, la sentenza impugnata, dopo avere dato atto che la causale indicata nei vari contratti era costituita da “ragioni di carattere sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività dell’utilizzatore sostituzione di personale assente”, ha ritenuto sufficiente a integrare il requisito normativo l’indicata esigenza di sostituire il personale assente dal servizio con personale interinale. La ragione sostitutiva non è meramente riproduttiva della previsione legale, in quanto riferibile all’esigenza di provvedere ad assicurare il servizio di trasporto pubblico durante i periodi di assenza dal servizio del personale dipendente. D’altra parte, l’uso della locuzione “sostituzione di personale assente” allude ad una situazione di mancanza temporanea e non evoca concettualmente, come invece sostiene il ricorrente, una vacanza, ossia una carenza stabile, di organico.

10. La Corte di appello ha poi verificato giudizialmente che l’onere della prova gravante sulla società utilizzatrice era stato pienamente assolto in giudizio, essendo stata dimostrata la correlazione tra periodi di scopertura (con indicazione anche della tipologia dell’assenza) del personale dipendente e periodi di missione del ricorrente. Ne’ occorreva l’indicazione nominativa del lavoratore sostituito, alla stregua della costante giurisprudenza di questa Corte, già specificamente citata nella sentenza impugnata.

11. E’ poi inammissibile la censura di cui alla seconda parte del primo motivo, dove si sostiene che la sentenza sarebbe errata per non avere ritenuto sussistente la violazione, da parte del Società Trasporti Pubblici di Brindisi s.p.a., della clausola contenuta nell’art. 2, lett. “E-lavoro somministrato” del CCNL Autoferrotranvieri, avente effetto dal 18 novembre 2004, secondo cui “la somministrazione a tempo determinato è ammessa per far fronte a necessità eccezionali od occasionali… e per un periodo non superiore a 60 giorni mediante accordo aziendale con le oo. ss. firmatarie del presente ccnl”.

12. La Corte di appello ha innanzitutto ritenuto l’inapplicabilità ratione temporis della disposizione di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 86, comma 3, in relazione alla sua previsione di efficacia in via transitoria fino alla scadenza dei CCNL delle “disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore della stessa legge” con riferimento alla determinazione per via contrattuale delle esigenze di carattere temporaneo che consentono la somministrazione di lavoro a termine. Sul punto le censure svolte da parte ricorrente sono del tutto generiche quanto alle ragioni per cui la soluzione sarebbe erronea in diritto.

13. Non è poi stata specificamente impugnata l’ulteriore ratio decidendi, del tutto autonoma, con cui la Corte di appello ha riferito che, in virtù del richiamo contenuto nel D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20, comma 4, D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 10, è stato recepito il comma 7, lett. b) di tale ultima norma, alla stregua del quale erano esenti da limitazioni quantitative le assunzioni per ragioni sostitutive.

14. Il secondo motivo verte sulla violazione del principio di non contestazione (art. 115 c.p.c.). Si assume che il requisito di temporaneità richiesto dalla clausola contenuta nell’art. 2, lett. “E- lavoro somministrato” del CCNL Autoferrotranvieri 2004 non aveva formato oggetto di una specifica contestazione in giudizio ad opera della società resistente, per cui avrebbe errato la sentenza nel non tenere conto di tale comportamento processuale, negando la sussistenza della violazione della clausola.

15. Il motivo è inammissibile, poiché l’onere di contestazione per la parte attiene alle circostanze di fatto e non anche alla loro componente valutativa, che è sottratta al principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c. (ex plurimis, Cass. n. 30744 del 2017, v. pure Cass. n. 6172 del 2020).

16. Dunque, la circostanza che parte convenuta non abbia (in ipotesi) contestato specificamente la clausola contrattuale invocata dal ricorrente non implica che il giudice ne dovesse ritenere l’applicazione alla fattispecie. L’accertamento che abbia carattere valutativo in ordine a presupposti del thema probandum, la cui verificazione spetta al giudice, si sottrae all’ambito di operatività del principio di non contestazione.

17. Quanto al terzo motivo, va premesso che esso verte su una questione di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata e che quindi dovrebbe essere sanzionata con il rilievo d’ufficio della sua inammissibilità ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4. Tuttavia, secondo parte ricorrente dovrebbero trovare applicazione i principi enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 26243 del 2014; in particolare, si addebita al giudice di appello di non avere rilevato d’ufficio un vizio di nullità che, ad avviso del ricorrente, sarebbe stato evincibile dal tenore del contratto di somministrazione stipulato tra la società di somministrazione e la società utilizzatrice e che riguarderebbe l’omissione delle indicazioni di cui del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 21, comma 1, lett. b) ed e), le quali si riferiscono rispettivamente al “numero dei lavoratori da somministrare” e alla “data di inizio e la durata prevista del contratto di somministrazione”.

18. Occorre rilevare che, del D.Lgs. n. 251 del 2004, art. 5, comma 1, vigente dal 26 ottobre 2004, ha previsto che “All’art. 21, comma 4, del D.Lgs., sono soppresse le seguenti parole: “, con indicazione degli elementi di cui comma 1, lett. a), b), c), d) ed e)”. Ne consegue che il testo del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 21, comma 4, vigente al tempo della stipulazione del primo contratto di lavoro del ricorrente (ottobre 2006), era del tenore seguente: 4. “In mancanza di forma scritta il contratto di somministrazione è nullo e i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’utilizzatore”.

Dunque, i requisiti di cui si denuncia l’omessa indicazione nel contratto di somministrazione stipulato tra la società di somministrazione Manpower e la società utilizzatrice S.T.P. s.p.a. e sui quali si incentra il motivo di ricorso, sub specie omesso rilievo d’ufficio di una ipotesi di nullità risultante ex actis – erano stati già da tempo espunti dal legislatore dal novero di quelli la cui omessa indicazione avrebbe comportato l’applicazione della sanzione di nullità del contratto di somministrazione di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 21, comma 4.

19. Sin dal tempo della stipulazione del primo contratto di lavoro oggetto del presente giudizio la disciplina legislativa vigente ratione temporis prevedeva che soltanto la mancanza di forma scritta del contratto di somministrazione a termine, stipulato tra l’agenzia di lavoro interinale e la società utilizzatrice, avrebbe potuto comportare la nullità del contratto medesimo, con gli effetti della costituzione del rapporto di lavoro in capo all’utilizzatore. Non risulta che sia stato in alcun modo denunciato il vizio di nullità per assenza di forma scritta riguardante il contratto di somministrazione concluso tra l’agenzia di lavoro interinale e la società utilizzatrice, mentre gli altri requisiti di cui ora si denuncia l’assenza, come già detto, erano stati espunti dal novero dei vizi di nullità del contratto.

20. In proposito, va pure ricordato che il lavoro somministrato di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, che ha espressamente abrogato la L. n. 1369 del 1960 e L. n. 196 del 1997, si struttura in un contratto commerciale mediante il quale una società di capitali (o cooperativa o consorzio di cooperative), denominata agenzia di lavoro e autorizzata secondo quanto stabilito dall’art. 4 dello stesso decreto, fornisce a tempo indeterminato o determinato ad un soggetto, denominato utilizzatore, lavoratori subordinati, i quali svolgono la propria attività nell’interesse, nonché sotto la direzione e il controllo dell’utilizzatore. L’istituto si configura come un rapporto trilaterale, che coinvolge agenzia di lavoro, lavoratore e impresa utilizzatrice, e si realizza sulla base della stipulazione di due contratti: un contratto di lavoro tra il lavoratore e il somministratore (agenzia di lavoro) ed un contratto commerciale di somministrazione tra il somministratore e l’azienda utilizzatrice che, pur funzionalmente legati per la reciproca integrazione degli interessi economici sottostanti, hanno causa ed oggetto propri.

21. In conclusione, il ricorso va rigettato, con condanna di parte ricorrente al pagamento, in favore di Società Trasporti Pubblici di Brindisi s.p.a., delle spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo per esborsi e compensi professionali, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento del compenso totale per la prestazione, ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, art. 2.

22. Nulla va disposto quanto alle spese nei confronti di Manpower s.r.l., in quanto si è formato il giudicato interno per mancata riproposizione in appello della domanda vertente sulla condanna solidale della società di somministrazione e della società utilizzatrice al pagamento delle retribuzioni maturate dal D. per lavoro supplementare e/o straordinario. Stante il giudicato su tale domanda, che anche secondo le difese della resistente costituirebbe l’unica proposta dal D. nei suoi confronti, la notifica dell’odierno ricorso per cassazione non ha valore di vocatio in ius, ma assolve alla funzione di litis denuntiatio, con la conseguenza che il destinatario della stessa non diviene parte nella fase di impugnazione solo perché l’ha ricevuta (Cass. n. 2208 del 2012, n. 5508 del 2016).

23. Quanto al contributo unificato, il ricorrente ha prospettato le ragioni reddituali perché sia dichiarato esente.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno recentemente chiarito (v. l’articolata sentenza n. 4315 del 2020) entro quali limiti spetta a questo giudice di pronunciare sulla debenza del contributo unificato all’esito del giudizio sul ricorso per cassazione. Le S.U. hanno affermato che tale pronuncia “…. è normativamente condizionata a “due presupposti”, il primo dei quali – di natura processuale – è costituito dall’aver il giudice adottato una pronuncia di integrale rigetto o di inammissibilità o di improcedibilità dell’impugnazione, mentre il secondo – appartenente al diritto sostanziale tributario – consiste nella sussistenza dell’obbligo della parte che ha proposto impugnazione di versare il contributo unificato iniziale con riguardo al momento dell’iscrizione della causa a ruolo. L’attestazione del giudice dell’impugnazione, ai sensi all’art. 13, comma 1-quater, secondo periodo, T.U.S.G., riguarda solo la sussistenza del primo presupposto, mentre spetta all’amministrazione giudiziaria accertare la sussistenza del secondo”.

24. Ne consegue che, stante il rigetto del ricorso, va dato atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto”. Spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (cfr. S.U. cit.).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore di Società Trasporti Pubblici Brindisi s.p.a., delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 5.250,00 per compensi e in Euro 200 per esborsi, oltre 15% per spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2021

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