Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.26268 del 28/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5824/2015 proposto da:

PROVINCIA DI ORISTANO, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MASSIMI 184, presso lo Studio dell’avvocato GIOVANNI CONTU, che la rappresenta e difende;

– ricorrente principale –

contro

A.P., + ALTRI OMESSI, tutti domiciliati in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato LUCA DE ANGELIS;

– controricorrenti – ricorrenti incidentali –

e contro

C.P.D.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 21/2014 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 25/02/2014 R.G.N. 538/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/04/2021 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA;

il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, visto il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.

FATTI DI CAUSA

1. I signori A.P., + ALTRI OMESSI, ciascuno con autonomo ricorso, convenivano la Provincia di Oristano davanti al Tribunale di Oristano in funzione di Giudice del Lavoro, esponendo che tale Amministrazione li aveva reiteratamente assunti con mansioni di disinfestatore mediante contratti di lavoro a tempo determinato succedutisi ad intervalli di alcuni mesi l’uno dall’altro dal 2001 al 2011, nonostante l’assenza di effettive esigenze organizzative idonee a giustificare l’apposizione del termine ai loro contratti di lavoro.

Pertanto, chiedevano che, previo accertamento dell’abusivo utilizzo dei contratti a termine al fine di eludere assunzioni a tempo indeterminato, fosse disposta la conversione dei rapporti lavorativi nei corrispondenti rapporto di lavoro a tempo indeterminato ovvero, in subordine, che la Provincia fosse condannata al risarcimento del danno.

2. Il Tribunale di Oristano, riuniti tutti i distinti giudizi, respingeva la richiesta di conversione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato e accoglieva la domanda risarcitoria, quantificando il risarcimento dovuto a ciascuno dei ricorrenti in somma pari alla differenza tra quanto ciascun lavoratore aveva percepito a titolo di retribuzione in forza dei contratti di lavoro a tempo determinato stipulati e quanto egli avrebbe, invece, percepito, sempre a titolo retributivo, se fosse stato assunto a tempo indeterminato a decorrere dal primo giorno del suo primo contratto.

3. In parziale riforma di tale decisione la Corte d’appello di Cagliari quantificava il risarcimento dovuto a ciascun lavoratore con riferimento alla forfetizzazione di cui alla L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 18, in misura pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione percepita alle dipendenze della Provincia di Oristano.

4. Per la cassazione della sentenza la Provincia di Oristano ha proposto ricorso con quattro motivi.

5. I lavoratori (ad eccezione di C.P.D.) hanno resistito con controricorso e formulato, altresì, ricorso incidentale affidato ad un motivo.

6. Il Collegio ha proceduto in Camera di consiglio ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 bis, convertito con L. n. 176 del 2020, in mancanza di richiesta di discussione orale.

7. E’ stata successivamente depositata dichiarazione congiunta di cessazione della materia del contendere (riguardante anche C.P.D.).

8. Il Procuratore generale ha formulato le proprie motivate conclusioni, ritualmente comunicate alle parti, insistendo per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio deve prendere atto dell’intervenuta cessazione della materia del contendere, in conformità al principio di diritto recentemente affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui, qualora “nel corso del giudizio di legittimità le parti definiscano la controversia con un accordo convenzionale, la Corte deve dichiarare cessata la materia del contendere, con conseguente venir meno dell’efficacia della sentenza impugnata, non essendo inquadrabile la situazione in una delle tipologie di decisione indicate dall’art. 382 c.p.c., comma 3, artt. 383 e 384 c.p.c. e non potendosi configurare un disinteresse sopravvenuto delle parti per la decisione sul ricorso e, quindi, una inammissibilità sopravvenuta dello stesso” (Cass., Sez. Un., 11 aprile 2018, n. 8980).

Con la richiamata decisione, alla cui motivazione si rinvia ex art. 118 disp. att. c.p.c., si è precisato che quando le parti di una controversia danno atto di avere raggiunto la sua composizione con un accordo negoziale, “i cui termini esse possono individuare ed identificare ma anche non individuare ed identificare, limitandosi ad asserire concordemente che esso vi è stato ed ha definito la lite”, la congiunta prospettazione della definizione della lite pendente rende non più necessario l’intervento della decisione del giudice investito della controversia, essendo venuto meno il bisogno di tutela giurisdizionale in ragione dell’intervenuto accordo.

2. Ricorrono nella fattispecie le condizioni per la pronuncia di intervenuta cessazione della materia del contendere stante il contenuto della dichiarazione congiunta che richiama l’atto transattivo del 20 luglio 2017, che la Corte è tenuta a rispettare, perché anche il processo di legittimità “e’ dominato dall’interesse delle parti e dal loro potere dispositivo”.

3. Devono essere integralmente compensate le spese del giudizio di legittimità per le ragioni indicate dalla richiamata sentenza n. 8980/2018.

4. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2002, deve darsi atto della insussistenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, perché il meccanismo sanzionatorio è applicabile solo qualora il giudizio di cassazione si concluda con l’integrale conferma dell’efficacia della statuizione impugnata, cioè con il rigetto dell’impugnazione nel merito ovvero con la dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità del ricorso, evenienza, questa, che non si realizza a fronte di una pronuncia di cessazione della materia del contendere che comporta il venir meno dell’efficacia della sentenza impugnata in forza di intervenuto accordo negoziale fra le parti (Cass., Sez. Un., n. 8980/2018 cit.).

P.Q.M.

La Corte dichiara cessata la materia del contendere; compensa le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2021

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