LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3283/2020 proposto da:
A.J., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato VITTORIO MANFIO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI VERONA – SEZIONE DI PADOVA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– intimato –
avverso la sentenza n. 2738/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 01/07/2019 R.G.N. 2442/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 22/04/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.
RILEVATO
Che:
1. con sentenza n. 2738/2019 la Corte d’appello di Venezia ha respinto l’impugnazione di A.J., cittadino nigeriano, avverso l’ordinanza di primo grado di rigetto della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato e di forme complementari di protezione;
2. dalla sentenza impugnata si evince che il richiedente ha motivato l’allontanamento dal Paese di origine per il timore conseguente alle minacce ricevute da un gruppo facente parte di una confraternita (*****) alla quale egli aveva rifiutato di affiliarsi, prendendo il posto di un cugino che era stato ucciso dai membri di un’ altra confraternita, al fine di vendicarne la morte;
3. il giudice di appello ha ritenuto non credibile il racconto del richiedente alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui all’art. 3 D.Lgs. cit.; ha escluso i presupposti per la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), posto che nessuna delle criticità evidenziate dalle fonti richiamate era riferibile direttamente al richiedente; analogamente, la valutazione di non credibilità del racconto non consentiva di riconoscere la protezione umanitaria sulla base del narrato, né era stata allegata neppure una situazione di integrazione in Italia, comunque inidonea di per sé sola a giustificare la protezione invocata;
4. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso A.J.K.E. sulla base di quattro motivi; il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.
CONSIDERATO
Che:
1. con il primo motivo di ricorso, articolato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, parte ricorrente denunzia violazione dell’art. 111 Cost., comma 6 e dell’art. 132 c.p.c., n. 4, con conseguente nullità della sentenza per motivazione omessa o apparente in ordine alla valutazione di non credibilità del racconto del richiedente; denunzia, inoltre, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, in relazione ai fatti relativi alla minaccia di morte da parte della confraternita della quale aveva parlato in sede amministrativa e delle allegazioni formulate in appello tratte dalle fonti richiamate nell’atto di gravame;
2. con il secondo motivo deduce violazione D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, violazione del criterio di valutazione della prova perché in materia la domanda deve ritenersi svincolata dal principio dell’onere della prova, della L. n. 39 del 1990, art. 1, comma 5, il quale, pur richiedendo che la istanza debba essere motivata, afferma che essa deve essere solo in quanto possibile documentata, e dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, che disciplina l’esame della domanda laddove non sia documentata fissando i relativi criteri di valutazione;
3. con il terzo motivo deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2 e art. 14, lett. c), D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 4, nonché omesso esame delle fonti adeguate rappresentate ai rapporti di Amnesty International e da COI aggiornate;
4. con il quarto motivo deduce violazione dell’art. 111 Cost., comma 6 e dell’art. 132 c.p.c., n. 4, con conseguente nullità della sentenza per motivazione omessa o apparente, in relazione alle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria;
5. i primi tre motivi di ricorso, trattati congiuntamente per connessione, sono fondati per quanto di ragione. Si premette che in base ad un consolidato e condiviso orientamento di questa Corte la valutazione della credibilità soggettiva del richiedente non può essere affidata alla mera opinione del giudice ma deve essere il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiere non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi ma alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e tenendo conto “della situazione individuale e della circostanze personali del richiedente” (di cui all’art. 5, comma 3, lett. c), del D.Lgs. cit.), senza dare rilievo esclusivo e determinante a mere discordanze o contraddizioni su aspetti secondari o isolati del racconto (Cass. 2956/2020, 19716/2018, 26921/2017); invero, solo sulla base di un esame effettuato nel modo anzidetto, le dichiarazioni del richiedente possono essere considerate inattendibili e come tali non meritevoli di approfondimento istruttorio officioso, salvo restando che ciò vale soltanto per il racconto che concerne la vicenda personale dei richiedente, che può rilevare ai fini dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o ai fini dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), ma non per l’accertamento dei presupposti per la protezione sussidiaria di cui dell’art. 14 cit., lett. c) – la quale non è subordinata alla condizione che l’istante fornisca la prova di essere interessato in modo specifico nella violenza indiscriminata ivi contemplata, a motivo di elementi che riguardino la sua situazione personale – neppure può valere ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria in quanto il giudizio di scarsa credibilità della narrazione del richiedente relativo alla specifica situazione dedotta a sostegno della domanda di protezione internazionale, non può precludere la valutazione, da parte del giudice, delle diverse circostanze che rilevano ai fini del riconoscimento della protezione 4 umanitaria (cfr. tra le altre, Cass. n. 2960/2020, n. 2956/2020, n. 10922/2019);
5.1. solo a condizione che la suddetta valutazione – sulla sussistenza o meno della credibilità soggettiva – risulti essere stata effettuata con il metodo indicato dalla specifica normativa attuativa di quella di origine UE e, quindi, in conformità della legge, essa può dare luogo ad un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, come tale censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – nel testo risultante dalle modifiche introdotte dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 – come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (tra le tante: n. 3340/2019);
5.2. nel caso di specie non è revocabile in dubbio che la vicenda narrata dalla richiedente evochi nel suo nucleo centrale uno scenario nel quale assume un ruolo preminente la confraternita ***** dalla quale il richiedente asserisce essere stato minacciato perché non intendeva aderirvi e tantomeno prendere il posto del cugino all’interno della stessa, al fine di vendicarne l’uccisione;
5.3. da tanto deriva che il vaglio di credibilità del narrato non poteva essere affidato al generico rinvio alle considerazioni del primo giudice sulla contraddittorietà e inverosimiglianza complessiva della narrazione del richiedente ma richiedeva la acquisizione di informazioni pertinenti alle circostanze evocate nel racconto sulle ragioni dell’allontanamento dal paese di origine (Cass. 6738/2021); in particolare occorreva l’approfondimento del ruolo e dell’influenza che nel contesto socio politico nigeriano assumono le sette o confraternite e, ove possibile, della confraternita indicata dal richiedente;
5.6. in base alle considerazioni che precedono si impone l’accoglimento, per quanto di ragione, dei primi tre motivi di ricorso e la cassazione della decisione con rinvio ad altro giudice di secondo grado il quale procederà al riesame della concreta fattispecie alla luce dei principi richiamati; restano assorbite le ulteriori censure articolate con i primi tre motivi ed il quarto motivo di ricorso;
6. al giudice del rinvio è demandato il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso per quanto di ragione, assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità alla Corte di appello di Venezia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 22 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2021