LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –
Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17201-2020 proposto da:
C.E., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MICHELE ROBUSTINI;
– ricorrente –
contro
– intimati –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
contro
COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI SALERNO, PUBBLICO MINISTERO;
– intimato –
avverso il decreto n. R.G. 859/2019 del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il 28/03/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 16/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARINA MELONI.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Campobasso, sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, con decreto in data 2/4/2020, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale in ordine alle istanze avanzate da C.E. nato in Nigeria il *****, volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.
Il richiedente asilo proveniente dalla Nigeria aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di essere fuggito dal proprio paese in quanto dopo la morte del padre era stato minacciato dai parenti che accampavano diritti ereditari tanto che lo avevano costretto ad unirsi carnalmente alla madre. Avverso la sentenza del Tribunale di Campobasso il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, per aver il tribunale ritenuto non credibile il ricorrente in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3,5,6,7,8,14, per non aver il tribunale ritenuto sussistenti i presupposti per concedere la protezione dello status di rifugiato e la protezione sussidiaria in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
I due motivi di ricorso sono inammissibili.
Il primo motivo di ricorso, pur rubricato sotto il solo profilo della violazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3), contiene in realtà una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione della corte territoriale che, come tali, si palesano inammissibili, in quanto dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni del proprio convincimento circa l’intrinseca inattendibilità del racconto del ricorrente e comunque circa la mera eventualità del pericolo paventato dal ricorrente e riconducibile a questioni di carattere privato prive di rilevanza ai fini della concessione della protezione internazionale.
Occorre osservare che il legislatore ha ritenuto di affidare la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente asilo non alla mera opinione del giudice ma ha previsto una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiersi non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi, ma alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, e, inoltre, tenendo conto “della situazione individuale e della circostanze personali del richiedente” (di cui al D.Lgs. cit., art. 5, comma 3, lett. c)), con riguardo alla sua condizione sociale e all’età “non potendo darsi rilievo a mere discordanze o contraddizioni su aspetti secondari o isolati quando si ritiene sussistente l’accadimento, sicché è compito dell’autorità amministrativa e del giudice dell’impugnazione di decisioni negative della Commissione territoriale, svolgere un ruolo attivo nell’istruzione della domanda” (Cass. ord. n. 26921/2017).
Alla luce di quanto sopra appare evidente che il dovere del giudice di considerare veritiero il racconto del ricorrente anche se non suffragato da prove richiede pur sempre che le dichiarazioni rese dal richiedente asilo siano ” considerate coerenti e plausibili” (art. 3, comma 5, lett. C), e che il racconto del richiedente sia in generale “attendibile” (art. 3, comma 5, lett. E). La difficoltà di provare adeguatamente i fatti accaduti prevista espressamente dal legislatore nel citato art. 3, comma 5, non impone certo al giudice di ritenere attendibile un racconto che, secondo una prudente e ragionevole valutazione, sia incredibile e fantasioso anche perché i criteri legali di valutazione della credibilità di cui all’art. 5, comma 3, sono categorie ampie ed aperte che lasciano ampio margine di valutazione al giudice chiamato ad esaminare il caso concreto secondo i criteri generali, basti pensare ai concetti di coerenza, plausibilità (lett. c), e attendibilità (lett. e), che richiedono senz’altro un’attività valutativa discrezionale.
Il ricorrente lamenta poi la mancata audizione in quanto risulta dal provvedimento impugnato che il Tribunale territoriale, in mancanza della videoregistrazione delle dichiarazioni rese davanti alla competente Commissione Territoriale non eseguita per motivi tecnici, ha fissato e regolarmente tenuto l’udienza di comparizione delle parti ma non ha sentito il ricorrente.
Occorre precisare a tal riguardo che non sussiste, alcun automatismo tra la mancanza di videoregistrazione e la rinnovazione dell’ascolto del richiedente (Cass. sez. 1 n. 17717/18), per cui rettamente il Tribunale, dopo aver adempiuto all’obbligo di disporre l’udienza di comparizione delle parti, ha ritenuto di poter decidere in base ai soli elementi contenuti nel fascicolo, e cioè il verbale o la trascrizione del colloquio personale (v., in tal senso, Corte di giustizia dell’Unione Europea, 26 luglio 2017, causa C-348/16 Moussa Sacko contro Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Milano, p. 49); tanto più che, nella specie, il ricorso neppure indica se e quali nuovi elementi fosse indispensabile acquisire.
In riferimento poi ai presupposti per la concessione dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria D.L.gs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. C), il Giudice ha correttamente ritenuto con motivazione coerente ed esaustiva che i fatti narrati non integravano gli estremi per il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria stante l’assenza nella vicenda narrata del “fumus persecutionis” nonché di situazioni di violenza generalizzata ed indiscriminata e conflitto armato interno o internazionale nella zona d’origine del ricorrente.
Per quanto sopra il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Nulla per le spese.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, ricorrono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione civile della Corte di Cassazione, il 16 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2021