LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –
Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17385-2020 proposto da:
I.I., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MICHELE CAROTTA;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso il decreto n. RG. 3581/2018 del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato il 14/05/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 16/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARINA MELONI.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Venezia sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale, e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, con decreto in data 14/5/2020, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Monza in ordine alle istanze avanzate da I.I. nato in Nigeria il *****, volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.
Il richiedente asilo aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Verona di essere fuggito dal proprio paese in quanto temeva di essere coinvolto negli scontri con i terroristi di ***** e non poteva manifestare la sua fede pentecostale.
Avverso il decreto del Tribunale di Venezia ha proposto ricorso per cassazione il ricorrente affidato a tre motivi.
Il Ministero dell’Interno si è costituito al fine di partecipare all’udienza di discussione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia, in riferimento all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, e art. 132, comma 2, n. 4, e art. 118 disp. att. c.p.c., violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5. Il Tribunale di Venezia non ha applicato i principi sull’onere della prova attenuato e non ha verificato e correttamente valutato la credibilità del racconto del ricorrente per aver ritenuto non credibile il ricorrente in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, nonché violazione del dovere di cooperazione istruttoria officiosa, così come previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in ordine all’accertamento della situazione oggettiva relativa al Paese di origine, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché non ha usato informazioni aggiornate e precise sulla situazione dei paesi di origine.
Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia cumulativamente la violazione e falsa applicazione delle norme relative alle tre protezioni internazionali previste perché il Tribunale ha ritenuto insussistenti i presupposti per concedere il diritto alla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 5, 7 e art. 14, lett. A) e B).
Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, ed art. 19, perché in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, in quanto il Tribunale di Venezia, nonostante la situazione di vulnerabilità e le violenze subite dal ricorrente non ha riconosciuto il diritto alla protezione umanitaria.
Il ricorso è inammissibile.
I motivi di merito proposti contengono una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione della corte territoriale che, come tali, si palesano inammissibili, in quanto dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni del proprio convincimento. La censura si risolve quindi in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).
Il Tribunale infatti ha ritenuto che le vicende riferite dal ricorrente non siano credibili, sia pure nell’ambito dell’onere probatorio cd. attenuato in quanto il racconto reso era generico, confuso, lacunoso e privo di qualsiasi riscontro e pertanto, stante la non credibilità della narrazione della vicenda personale resa dal ricorrente, doveva escludersi l’esistenza di una situazione di pericolo legata alla situazione individuale dell’istante.
A fronte di tali accertamenti, inammissibile si mostra la censura, espressa in ricorso, circa la mancata attivazione nella specie dei poteri ufficiosi di indagine, tenendo presente: a) che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c): tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (cfr. tra molte: Cass. n. 340/19); b)che qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la situazione persecutoria nel Paese di origine prospettata dal richiedente ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (cfr. tra molte: Cass. n. 16925/18; n. 28862/18), ipotesi che nella specie non ricorre; c) che, quanto alla sussistenza nella zona di provenienza del ricorrente di una fattispecie sussumibile nella previsione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 lett. c). Il Tribunale ha adempiuto al proprio dovere di cooperazione istruttoria così come previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in ordine all’accertamento della situazione oggettiva relativa al Paese di origine facendo riferimento alle notizie risultanti da vari siti internet da cui ha evinto che non vi è una situazione di violenza indiscriminata, come previsto dalla norma, essendo le criticità circoscritte ai soggetti interessati alla produzione del petrolio. Il Tribunale ha valutato che la vicenda narrata non si incentrava su di una situazione di violenza indiscriminata, tale da ingenerare una situazione di vera e propria guerra interna né un conflitto di livello così elevato da comportare per i civili, per la sola presenza nel territorio in questione, il concreto rischio della vita o di un grave danno alla persona.
Il motivo in ordine alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria si rileva inammissibile in quanto censura senza peraltro alcun riferimento alla situazione individuale e senza nemmeno indicare specificamente i documenti o gli atti da prendere in considerazione, l’accertamento di merito compiuto dal Tribunale in ordine alla insussistenza di una particolare situazione di vulnerabilità del ricorrente. Del tutto generica, comunque si mostra la doglianza avverso il diniego di protezione umanitaria: il ricorrente invero, a fronte della valutazione espressa con esaustiva indagine officiosa dal giudice di merito (in sé evidentemente non rivalutabile in questa sede) circa la insussistenza nella specie di situazioni di vulnerabilità non ha neppure indicato se e quali ragioni di vulnerabilità avesse allegato, diverse da quelle esaminate nel provvedimento impugnato.
Per quanto sopra il ricorso proposto deve essere dichiarato inammissibie. Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.. Ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile della Corte di Cassazione, il 16 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2021