LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –
Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18053/2019 proposto da:
Avv. D.C., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso da sé medesimo;
– ricorrente –
e contro
SPEZIA RISORSE SPA, COMUNE di LA SPEZIA;
– intimati –
avverso la sentenza n. 99/2019 del TRIBUNALE di LA SPEZIA, depositata il 11/02/2019;
1335 udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 7/05/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso della L. n. 689 del 1981, ex art. 22, D.C. propose, dinanzi al Giudice di pace di La Spezia, opposizione avverso l’ingiunzione di pagamento n. prot. 1148/2442 del 14 gennaio 2013, emessa da Spezia Risorse S.p.a. per l’importo di Euro 502,57, relativa a verbali di infrazione del C.d.S., lamentando l’inesistenza della notifica, il vizio di motivazione, la violazione dell’art. 112 c.p.c., l’inutilizzabilità dell’ingiunzione fiscale per la riscossione di sanzioni amministrative, la carenza di potere del concessionario e l’illegittimità della maggiorazione semestrale e chiedendo “nel merito, in via principale, accertare e dichiarare la nullità, l’annullabilità, l’illegittimità e/o comunque (l’inefficacia) dell’ingiunzione di pagamento de qua per i motivi suesposti; nel merito, in subordine, accertare e dichiarare la nullità, l’annullabilità, l’illegittimità e/o comunque (l’inefficacia) dell’ingiunzione di pagamento de qua, relativamente alla sanzione L. n. 689 del 1981, ex art. 27; con vittoria di spese, diritti, onorari ed accessori di legge”.
Si costituì Spezia Risorse S.p.a. che chiese il rigetto dell’opposizione e la chiamata, in causa dell’ente creditore, Comune di La Spezia, che si costituì e chiese, a sua volta, il rigetto della domanda.
Il Giudice adito, con sentenza n. 420/2013, pubblicata il 23 settembre 2013, rigettò la domanda avanzata con l’opposizione.
Avverso tale decisione il D. propose appello, cui resistettero entrambi gli appellati.
Il Tribunale di La Spezia, con sentenza n. 99/2019, pubblicata in data 11 febbraio 2019, rigettò il gravame e condannò l’appellante alle spese di quel grado del giudizio.
Avverso la sentenza del Tribunale D.C. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo è così rubricato: “Violazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione alla violazione del disposto di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, comma 2, lett. d) ed e) e artt. 19 e 24, nonché degli artt. 101 e 115 c.p.c. – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), quanto alla motivazione apparente, perplessa ed incomprensibile sul punto della carenza di potere del concessionario”.
Con tale mezzo il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto tardivamente proposte le doglianze relative alla carenza di potere, del concessionario per incompetenza e alla decadenza della ingiunzione di pagamento, per essere state introdotte soltanto con la comparsa conclusionale di secondo grado, sul rilievo che trattavasi di motivi ulteriori di invalidità dell’atto opposto la cui deduzione integrava domanda nuova, inammissibile per mutamento della causa petendi.
Ad avviso del ricorrente si tratterebbe, invece, di eccezioni o mere difese, sempre deducibili e rilevabili anche d’ufficio.
1.1. Il motivo è infondato, in quanto, essendo stato introdotto in primo grado un rimedio impugnatorio, non era possibile già nel prosieguo del primo grado introdurre nuovi motivi a sostegno dell’opposizione e a maggior ragione ciò non era più possibile con la comparsa conclusionale in appello, come correttamente affermato dal Tribunale.
Questa Corte ha peraltro ha già avuto occasione di precisare che l’opposizione all’ingiunzione fiscale integra una domanda diretta all’accertamento dell’illegittimità della pretesa fatta valere con l’ingiunzione stessa, rispetto alla quale l’opponente assume la veste di attore. Ne consegue che il mutamento, in grado di appello, della ragione addotta a sostegno dell’indicata illegittimità configura non un’eccezione nuova – proponibile ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 2 – bensì una modificazione della causa petendi e, quindi, dell’originaria domanda, soggetta alla preclusione di cui del citato art. 345, comma 1 (Cass., ord., 4/12/2018 n. 31256, relativa proprio ad una fattispecie inerente alla riscossione di una sanzione amministrativa irrogata per la violazione del C.d.S.), né quelle dedotte nella comparsa conclusionale in appello possono qualificarsi, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, quali mere difese, sicché avrebbero dovuto, comunque, essere tempestivamente e ritualmente sollevate.
1.2. Va pure rilevato che la sentenza è motivata e che i vizi motivazionali indicati in rubrica, oltre a non essere sussistenti nella specie, neppure risultano indicati nell’illustrazione del mezzo.
2. Con il secondo motivo, rubricato “Violazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione alla violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26… del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 e art. 149 c.p.c.. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), quanto alla motivazione apparente, perplessa ed incomprensibile sul punto delle nullità – inesistenza della notifica”, il ricorrente lamenta che il Tribunale abbia ritenuto la legittimità della notifica a mezzo posta, pur in. assenza della compilazione della relata di notifica, trascurando, ad avviso del D., di tener conto del combinato disposto del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 26 e 60.
2.1. Il motivo è inammissibile in quanto non si correla con la motivazione specificamente enunciata sul punto dal Tribunale, che ha pure richiamato espressamente al riguardo pertinenti precedenti giurisprudenziali (v. sentenza impugnata p. 2-3).
Inoltre, l’illustrazione del motivo si articola anche con considerazioni che suppongono la conoscenza del tenore della notificazione in questione che non viene testualmente riportata né del relativo atto sono fornite le indicazioni specifiche ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6.
2.2. In relazione ai vizi motivazionali pure indicati nella rubrica del mezzo all’esame, va ribadito, anche in questa sede, quanto già rilevato al p. 1.2..
3. Con il terzo motivo, rubricato “Violazione ex art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione alla violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 (Statuto del contribuente), il D.Lgs. n. 241 del 1990, art. 3, comma 3, sulla “Motivazione del provvedimento”, quale rubrica aggiunta dalla L. 11 febbraio 2005, n. 15, art. 21. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), quanto alla motivazione apparente, perplessa ed incomprensibile sul punto della motivazione per relationem della ingiunzione di pagamento” (così testualmente), il ricorrente censura la sentenza impugnata laddove il Tribunale ha ritenuto che la motivazione per relationem sia da ritenersi valida e sufficiente, contenendo l’ingiunzione quantomeno gli estremi dei verbali che sarebbero stati notificati, dei quali il ricorrente deduce, invece, di averne contestato la notificazione, e sostiene che gli estremi dei verbali non contenenti neppure la violazione contestata né il luogo e il tempo della stessa, ancorché fossero stati richiamati, non avrebbero permesso di integrare la motivazione richiesta all’atto amministrativo, non essendo stati né allegati o riprodotti; assume; infine, che “l’adeguata motivazione dell’atto impositivo deve esserci intesa in un rapporto di relazione con il diritto di difesa del contribuente che deve essere posto in condizione tale da esercitare pienamente il proprio diritto di difesa”.
3.1. Il motivo è inammissibile.
Ed invero le censure proposte sono del tutto generiche in quanto non viene riportato quando e i quali esatti termini la prospettazione di quanto dedotto in ricorso sia stata fatta valere nel giudizio di merito e tanto in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6.
A quanto precede va aggiunto che il ricorrente neppure ha criticato le specifiche argomentazioni volte dal Tribunale, in particolare con riferimento all’avvenuta notificazione dei verbali al contravventore, come accertato dal primo Giudice con statuizione non specificamente contestata dall’appellante, e con riferimento alla ritenuta insussistenza del vizio di motivazione della sentenza appellata, dovendosi presumere la conoscenza in capo al ricorrente dei verbali presupposti richiamati nell’atto impugnato, stante l’avvenuta notificazione degli stessi e considerato che, anche a prescindere dalla previa notifica, la menzione degli estremi dei verbali consentiva al D. l’esercizio del diritto all’accesso degli stessi (v. sentenza impugnata, p. 3 e 4).
3.2. In relazione ai vizi motivazionali pure indicati nella rubrica del mezzo all’esame, va ribadito, anche in questa sede, quanto già rilevato al p. 1.2.
4. Il quarto motivo è così, rubricato; “Violazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione alla violazione del R.D. n. 639 del 1910, artt. 2 e 3, L. n. 689 del 1981, art. 27, richiamato dall’art. 206 C.d.S.. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), quanto alla motivazione apparente, perplessa ed incomprensibile sul punto della validità del procedimento di cui al R.D. n. 639 del 1910”.
Con il mezzo all’esame il ricorrente censura l’affermazione del Giudice del merito secondo cui anche i Comuni possono avvalersi della riscossione di cui all’ingiunzione fiscale anche per il tramite di agenti di riscossione. Ad avviso del D., invece, le società locali di accertamento e riscossione delle entrate, anche nel caso rispecchino il modello speciale previsto dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52, comma 5, lett. b), non sarebbero legittimate a procedere alla riscossione dei proventi derivanti da violazione del C.d.S. mediante ingiunzione di cui al R.D. n. 639 del 1910.
4.1. Il motivo è infondato.
Il ricorrente neppure si cura di mettere in discussione il pertinente precedente di legittimità richiamato dal Tribunale.
Comunque, l’affermazione del Tribunale che viene in questa sede contestata e secondo cui ben può il concessionario per la riscossione di emettere l’ingiunzione di cui a R.D. n. 639 del 1910, è del tutto corretta al luce del consolidato orientamento della giurisprudenza, che il Collegio condivide e al quale va data continuità in questa sede, secondo cui ai fini del recupero delle somme dovute a titolo di sanzione amministrativa per violazione delle norme del C.d.S., i Comuni possono avvalersi della procedura di riscossione coattiva tramite ingiunzione, di cui al R.D. n. 639 del 1910, anche affidando il relativo servizio ai concessionari, iscritti all’albo di cui al D.Lgs. n. 44 del 1997, art. 53, essendo tale affidamento consentito dal D.L. n. 209 del 2002, art. 4, comma 2 sexies, del quale non è intervenuta l’abrogazione – pure inizialmente disposta dal D.L. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2, conv. con mod. nella L. n. 106 del 2011 – non essendo entrate in vigore le disposizioni cui essa era subordinata (Cass., ord., 28/09/2017, n. 22710; v., in senso conforme, Cass. 21/03/2019, n. 8039 e Cass., ord., 20/02/2020, n. 4501).
4.2. In relazione ai vizi motivazionali pure indicati nella rubrica del mezzo all’esame, va ribadito, anche in questa sede, quanto già rilevato al p. 1.2..
5. Con il quinto motivo si deduce “Violazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione alla violazione de(…) (ll’) L. n. 689 del 1981, art. 27. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), quanto alla motivazione apparente, perplessa ed incomprensibile sul punto della maggiorazione del di(e)ci per cento semestrale”.
Il ricorrente censura l’affermazione del Tribunale secondo cui la maggiorazione del dieci per cento semestrale è legittima quale sanzione aggiuntiva da ritardo” senza null’altro affermare in relazione alle doglianze sollevate al riguardo.
Ad avviso del ricorrente, tale maggiorazione non sarebbe invece dovuta, in quanto la L. n. 689 del 1981, art. 27, riguarderebbe il caso in cui sia stata omessa un’ordinanza o una sentenza “di cui non vi è prova o notizia”.
5.1. Il motivo è infondato. Ed infatti il richiamo alla L. n. 689 del 1981, art. 27, operato dall’art. 206 C.d.S., è integrale; pertanto, la tesi del ricorrente non può essere in alcun modo condivisa, evidenziandosi che, pur non rinvenendosi precedenti specifici sul punto, l’affermazione del Tribunale trova implicita conferma nella giurisprudenza richiamata da quello stesso Giudice ed in quella successiva, che si è espressa in senso conforme, pur se taluni arresti si riferiscono a cartella di pagamento, in quanto i principi ivi affermati ben possono essere applicati al caso di specie. Si fa al riguardo riferimento a Cass., ord., 23/03/2021, n. 8116, secondo cui in materia di sanzioni amministrative (nella specie per violazioni stradali), la maggiorazione del dieci per cento semestrale, della L. n. 689 del 1981, ex art. 27, per il caso di ritardo nel pagamento della somma dovuta, ha natura di sanzione aggiuntiva, che sorge dal momento in cui diviene esigibile la sanzione principale sicché è legittima l’iscrizione a ruolo, e l’emissione della relativa cartella esattoriale, per un importo che includa, oltre a quanto dovuto per la sanzione principale, anche l’aumento derivante dalla sanzione aggiuntiva (v. anche Cass. 20/10/2016, n. 21259, alla cui esaustiva motivazione si rinvia, e Cass. 1/02/2016, n. 1884).
5.2. In relazione ai vizi motivazionali pure indicati nella rubrica del mezzo all’esame, va ribadito, anche in questa sede, quanto già rilevato al p. 1.2..
6. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
7. Non vi è luogo a provvedere per le spese del giudizio di cassazione, non avendo gli intimati svolto attività difensiva in questa sede.
8. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315), evidenziandosi che il presupposto dell’insorgenza di tale obbligo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del, gravame (v. Cass. 13 maggio 2014, n. 10306).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2021