LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6635/2019 proposto da:
U.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ARISTIDE LEONORI N. 42, presso lo studio dell’avvocato MARCO GHERARDI, rappresentato e difeso dagli avvocati ROBERTO GIUSEPPE DI MARTINO, e GAETANO DI MARTINO;
– ricorrente –
contro
S.V.G., rappresentata e difesa dall’Avv. ANDREA NAPOLITANO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 167/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 15/01/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 13/05/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.
RILEVATO
che:
1. Con ricorso consegnato per la notifica il 15 febbraio 2019, illustrato da successiva memoria, U.R. ricorre per cassazione della sentenza della Corte d’appello di Napoli numero 167-2018 del 15 gennaio 2018. Con controricorso notificato il 21 marzo 2019, illustrato da successiva memoria, S.V.G. resiste deducendo l’inammissibilità e infondatezza del ricorso.
2. Per quanto qui interessa, la sentenza della Corte d’appello ha respinto l’eccezione di carenza di legittimazione attiva proposta da U.R. nei confronti della sig.ra S.V.G., costituitasi quale di erede di F.V., in relazione al giudizio che è stato avviato nel 2005 dall’avvocato V.P. in qualità di tutrice provvisoria dalla signora F.V. nei confronti dell’avv. U., qui ricorrente, per ottenere il risarcimento del danno derivato dalla cattiva gestione dei beni intrapresa nell’interesse della F.. Deceduta quest’ultima nel corso del giudizio di primo grado, la signora S. si era costituita per proseguire il giudizio in qualità di erede universale della F., in virtù di un testamento pubblico del 12 gennaio 2007. Il Tribunale di Napoli, accertata la legittimazione attiva della S., e respinta ogni eccezione opposta dal ricorrente in veste di convenuto, condannava l’avvocato U. al risarcimento dei danni per mala gestio, pari a Euro 850.000,00, oltre spese giudiziali.
3. Il ricorrente impugnava la decisione innanzi alla Corte d’appello di Napoli formulando, quale unica censura, la carenza di legittimazione della signora S. a far valere le pretese a suo tempo azionate dalla tutrice provvisoria della signora F., e ciò in ragione della invalidità del testamento pubblico che nel 2007 l’aveva nominata erede universale, per palese incapacità di intendere o di volere della F., nei confronti della quale era già stata avviata l’azione per inabilitazione e interdizione; dall’invalidità del testamento deriverebbe che, venuta meno la qualità di erede in capo alla S., la domanda avrebbe dovuto essere respinta per carenza di legittimazione e di interesse ad agire della interveniente nei confronti del convenuto. Assume il ricorrente di essere stato a sua volta beneficiario di un testamento olografo redatto dalla F. il 2 agosto 2002, in cui era stato indicato quale erede universale in epoca anteriore all’intervenuta dichiarazione di inabilità.
4. La Corte d’appello sul punto ha statuito che l’incapacità di testare, per l’interdetto, deriva soltanto dal passaggio in giudicato della sentenza di interdizione; poiché il testamento pubblico che ha nominato la S. quale erede universale era stato confezionato nel 2007, prima del passaggio in giudicato della sentenza di interdizione pronunciata nel 2009, si doveva assumerne la validità; al più, si poteva ipotizzare l’annullabilità del testamento per incapacità naturale, ai sensi dell’art. 591 c.c., comma 3, rispetto alla quale azione sarebbe maturato il termine quinquennale di prescrizione (ovvero di decadenza), perché nessuna impugnazione è stata nel frattempo proposta. Osservava, peraltro, che in atti non vi fosse traccia di una tale allegazione. Pertanto, a conferma della sentenza di primo grado, ha rigettato l’eccezione tesa a fare valere la carenza di legittimazione attiva della S. quale erede universale della danneggiata, ferma per il resto la sentenza.
5. Il ricorso è affidato a due motivi, illustrati da memoria.
– 6. La controversia è stata discussa in sede camerale previa fissazione dell’adunanza ex art. 380 bis.1 c.p.c..
CONSIDERATO
Che:
7. Questione preliminare. La resistente S. preliminarmente eccepisce l’inammissibilità del ricorso perché notificato il 15 febbraio 2019, ben oltre il decorso di un anno dalla pubblicazione della sentenza avvenuta il 15 gennaio 2018, presso il procuratore domiciliatario del giudizio a quo, anziché alla parte personalmente, come richiesto dall’art. 330 c.p.c., comma 3, essendo per questo la notifica del ricorso formalmente valida, ma giuridicamente inesistente. Assume parte controricorrente che l’elezione di domicilio della signora S., contenuta nell’atto di costituzione in appello, spiegava i suoi effetti solo per il grado di giudizio per il quale era stata conferita la procura alle liti e comunque non oltre un anno dalla pubblicazione della sentenza. La notifica eseguita oltre il termine annuale sarebbe, quindi, nulla, atteso che la persona che avrebbe dovuto ricevere il ricorso, nel luogo della precedente domiciliazione, deve considerarsi priva di riferimento con la destinataria S.. Ancor più, nel caso di specie, avendo la signora S. già in precedenza revocato il mandato all’avvocato Nannolo, procuratore costituito in grado di appello, con il quale non aveva più alcun rapporto; né il presente controricorso potrebbe avere efficacia sanante, essendo ormai decorso il termine annuale per la rituale notifica, dovendosi notificare l’atto a norma degli artt. 137 c.p.c. e segg., cui rinvia l’art. 330 c.p.c., comma 3.
8. L’eccezione di inammissibilità del ricorso per essere stato notificato presso il difensore oltre l’anno è manifestamente infondata, e ciò in base a quanto sancito da Cass., Sez. Un., n. 23299 del 2011. In particolare, l’impugnazione proposta oltre l’anno solare dalla pubblicazione della sentenza, ma ancora ammessa per effetto della sospensione feriale dei termini, deve ritenersi proposta nel termine fissato dall’art. 327 c.p.c. e, pertanto, deve essere notificata nei luoghi indicati dell’art. 330 c.p.c., comma 1 e non personalmente alla parte, come invece previsto dal comma 3 di detta norma per il diverso caso di impugnazione oltre il suddetto termine.
9. Nella memoria della resistente, inoltre, si deduce che il ricorrente è deceduto, ma, com’e’ noto, la morte della parte non provoca l’interruzione del processo di cassazione. Del tutto infondata è la prospettazione che la rinuncia all’eredità fatta dagli eredi dal ricorrente determinerebbe una carenza sopravvenuta di interesse, dato che non vi sarebbe un soggetto interessato al giudizio. Si ignora, infatti, l’istituto dell’eredità giacente con quanto ne consegue. Ma, a monte, deve rilevarsi che la documentazione prodotta a sostegno della eccezione è del tutto irrituale, in quanto non ne è stata fatta la notificazione dell’elenco ai sensi dell’art. 372 c.p.c..
10. Con il primo motivo ex art. 360 c.p.c., n. 3, si denuncia “violazione falsa applicazione dell’art. 591 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1442 c.c., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2935, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., comma 2, violazione e/o falsa applicazione art. 112 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione art. 113 c.p.c.; ex art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame di un fatto storico, principale secondario, la cui esistenza risulta dal testo della sentenza degli atti processuali”. Assume il ricorrente che la Corte di merito non avrebbe tenuto conto del fatto che la signora F., al momento di rendere le proprie ultime volontà al notaio, il giorno 12 gennaio 2007, fosse completamente incapace di intendere e di volere. Aggiunge che sebbene l’interdizione sia stata pronunciata nel 2009 tale pronuncia si basa su accertamenti effettuati nel 2004, mentre la sentenza di inabilitazione risaliva al 2005 ed era stata avviata dalla medesima S., nominata quale erede universale. Inoltre, non sarebbe stato considerato che il termine di prescrizione di cui all’art. 591 c.c., comma 2, decorrerebbe dal giorno in cui le disposizioni testamentarie hanno avuto luogo. In alternativa deduce che, poiché la contestazione della validità del testamento sarebbe eccezione volta a paralizzare la domanda attorea, si tratterebbe di un’eccezione opponibile dal convenuto ai sensi dell’art. 1442 c.c., comma 4 e pertanto non soggetta alla decadenza/prescrizione rilevata.
11. Posto quanto sopra, deve farsi riferimento al perimetro della presente controversia.
12. La censura, innanzitutto, non riguarda la condanna del ricorrente alla restituzione dell’indebito in favore della decuius, ma l’individuazione della S. quale legittimo successore nel diritto di credito accertato con sentenza passata in giudicato; la censura non contesta neanche la statuizione secondo cui l’interdizione produce effetti solo dalla pubblicazione della sentenza d’interdizione, ex art. 421 c.c., sentenza che nella fattispecie è intervenuta solo due anni dopo la redazione del testamento in favore della resistente, e dunque non può valere retroattivamente. Per tal modo è incontestata la statuizione del giudice di merito di infondatezza della pretesa nullità del testamento.
13. E’ oggetto di censura, invece, l’asserto della Corte di merito secondo cui, comunque, l’ulteriore ipotesi di annullamento per incapacità naturale del testatore, non potendo essere rilevata d’ufficio dal Tribunale, doveva essere attivata ai sensi dell’art. 591 c.p.c., secondo costante orientamento giurisprudenziale, e dunque mediante un’azione di annullamento del testamento e che per tale azione fosse inutilmente decorso il termine quinquennale di prescrizione e non fosse “neanche stata allegata l’avvenuta impugnazione del testamento da parte dell’appellante” (cfr. sentenza, p. 4).
14. La censura si incentra, quindi, sulla mancata qualificazione dell’eccezione di nullità quale eccezione di annullamento del testamento e sull’errato computo della data di decorrenza del termine di prescrizione. In particolare, si denuncia la violazione del principio di cui all’art. 1442 c.c., u.c., in base al quale l’annullabilità può essere opposta dalla parte convenuta anche se è prescritta l’azione per farla valere (quae temporalia sunt ad agendum, perpetua sunt ad excipiendum), posto che l’interesse a dichiarare l’invalidità del testamento sarebbe sorto quando si è costituita l’erede universale nel corso del giudizio di primo grado, una volta deceduta l’interdicenda assistita dal tutore provvisorio.
15. A ben vedere, va rilevato che l’appello avrebbe dovuto dichiararsi inammissibile, in quanto incentrato solo sulla contestazione della legittimità dell’intervento dell’erede testamentario quale successore universale e, dunque, della prosecuzione dell’azione da parte sua, e non anche sul merito della vicenda. Ove mai fosse stata fondata quella contestazione, ne sarebbe potuto derivare solo l’illegittimità dell’eventuale azione processuale svolta dall’erede, come ad esempio deduzioni probatorie e produzioni documentali, nonché conclusionale e repliche, ma sarebbe stato necessario dedurre tale eventuale illegittimità come incidente sulla pronuncia della decisione nel merito. Invece, non solo nel merito non si è svolta alcuna critica alla decisione, ma nemmeno si è dedotto che l’attività processuale dell’erede era stata incidente sulla decisione stessa.
16. Inoltre, la Corte territoriale avrebbe dovuto rilevare l’inammissibilità del motivo di appello per la novità della contestazione della qualità di erede della S., che non era stata svolta in primo grado all’atto del suo intervento per proseguire il giudizio.
17. Volendo entrare nel merito della questione, il motivo è palesemente inammissibile anche con riferimento alle questioni sollevate, del tutto disallineate rispetto alla decisione assunta.
18. La motivazione della sentenza impugnata ha deciso sul rilievo dell’appellante, nel senso della nullità del testamento, e su questo ha basato il rigetto dell’appello. La decisione non ha assunto come ragione del decidere la questione dell’annullabilità, onde le deduzioni del motivo sono del tutto inconferenti. Ciò al di là della loro pretestuosità, esistente sia sotto il profilo che il defunto ricorrente avrebbe dovuto impugnare il testamento e semmai postulare la sospensione del giudizio in attesa che il giudizio di annullabilità fosse definito e non dedurla in via incidentale, sia sotto il profilo che la invocazione dell’art. 1442 c.c., non avrebbe potuto sorreggere tale deduzione, in quanto il giudizio non concerneva una pretesa basata sul testamento.
19. Ed infatti, sul punto il ricorrente ha impropriamente richiamato una pronuncia di questa Corte, in tema di annullabilità del testamento olografo (la quale può essere fatta valere nel termine di cinque anni dalla data in cui le disposizioni testamentarie hanno avuto esecuzione da chiunque vi ha interesse, come sancito da Cass. Sez. 2, 09/12/1988, n. 6682; Cass. Sez. 2, 08/06/2001, n. 7783), nella parte in cui ha ritenuto che la domanda giudiziale con cui la parte intenda far accertare la nullità di un testamento, al fine di poterne disconoscere gli effetti, si pone, rispetto ad un’ipotetica domanda di annullamento di quel medesimo atto dipendente da un’invalidità meno grave, nel rapporto di maggiore a minore, sicché il giudice, in luogo della richiesta declaratoria di radicale nullità del testamento, può sempre pronunciarne l’annullamento, ai sensi dell’art. 606 c.c., comma 2, ove quest’ultimo risulti fondato sui medesimi fatti, senza che la sentenza sia censurabile per il vizio di ultrapetizione (ed in ciò è l’infondatezza, in particolare, del settimo motivo di ricorso); né rileva, al riguardo, il principio di conservazione delle ultime volontà del defunto, non ricorrendo, nel caso in esame, una questione di interpretazione del testamento, bensì una questione di qualificazione della domanda di nullità dello stesso (cfr. Cass. Sez. 2, 25/05/2012, n. 8366).
20. Tuttavia il precedente richiamato non rileva nel caso di specie, in quanto l’azione in cui si inserisce l’eccezione di invalidità del testamento non è tesa ad ottenere il riconoscimento della qualità di erede testamentaria dell’avente causa dall’attrice, ma a ottenere in restituzione dal convenuto quanto sottratto ai danni della decuius, deceduta in corso di causa, cui è succeduta l’erede – attrice qui controricorrente – per via testamentaria. L’eccezione di nullità del testamento, difatti, è opposta dal convenuto qui resistente per dedurre la carenza di legittimazione della interveniente S. a succedere dal lato attivo, in qualità di erede testamentaria, nel credito traente titolo dalla condanna del convenuto alla restituzione dell’indebito.
21. Una volta statuito che detta eccezione di nullità del testamento, rilevabile d’ufficio, è infondata, essa non potrebbe essere recuperata riqualificandola quale eccezione di annullabilità del testamento, proprio perché tale rilievo non può essere fatto ex officio ed è soggetto ad azione di annullamento che, nel caso in questione, non è stata proposta, né allegata, come correttamente statuito dalla Corte di merito.
22. Di contro, la regola di cui all’art. 1442 c.c., comma 1, n. 4, riguarda una eccezione alla regola della prescrizione dell’azione di annullamento e indica la possibilità – per la parte convenuta – di opporre l’annullabilità del contratto a fronte della azione volta alla sua esecuzione, anche se l’azione di annullamento si sia prescritta. Solo con la messa in esecuzione di un negozio invalido da parte dell’attore, difatti, può “risorgere” un diritto del convenuto a vedere annullato un contratto (o meglio un negozio) anche se prescritto.
23. Nel caso in esame, invece, il convenuto non è stato citato per l’esecuzione di un negozio in astratto annullabile, ma per rispondere di un atto illecito commesso in danno della dante causa dell’attuale attrice controricorrente, succeduta nel credito, e dunque l’eccezione opposta al soggetto che ha acquisito il credito per via testamentaria si pone al di fuori del ristretto contesto negoziale – collegato a un rapporto sinallagmatico e con finalità di ristabilire un equilibrio tra opposti interessi – in cui detta eccezione può essere fatta valere senza limiti di tempo, ovvero al fine di paralizzare una (ingiusta) azione contrattuale altrimenti prescritta.
24. Pertanto, la censura non coglie che la sentenza richiamata ha rigettato detta eccezione non tanto perché fosse configurabile una ipotesi di annullamento dell’atto istitutivo di erede, tuttavia prescritto, come erroneamente affermato dal ricorrente, ma perché l’annullabilità del testamento non era stata neanche allegata dalla parte convenuta, ponendosi in secondo piano – sul piano logico – la statuizione d’ intervenuta prescrizione (decadenza) dell’azione di annullamento.
25. Sicché il motivo, quanto a questa ultima statuizione, è inammissibile perché non si confronta adeguatamente con la ratio decidendi, ex art. 366 c.p.c., n. 4.
26. Con il secondo motivo si denuncia ex art. 360 c.p.c., n. 3, “violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c.” nella parte in cui la Corte d’appello ha posto a carico del ricorrente le spese di lite, attesa la fondatezza dell’appello e l’inammissibilità improcedibilità o infondatezza della domanda proposta in prime cure. Si tratta di un “non motivo” in quanto logicamente collegato all’eventuale accoglimento del ricorso: dunque rimane assorbito dal rigetto.
27. Conclusivamente, il ricorso va dichiarato inammissibile, con ogni conseguenza in merito alle spese e raddoppio del Contributo Unificato, se dovuto.
PQM
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso; per l’effetto condanna il ricorrente alla rifusione delle spese in favore della parte controricorrente, liquidate in Euro 13.100, 00, oltre Euro 200,00 per spese, 15% di spese forfetarie e ulteriori oneri;
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 13 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2021
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