Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.26324 del 29/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16938/2019 proposto da:

A.E.R. e D.B.S., rappresentate e difese dall’avvocato MARIO VALENTE, ed elettivamente domiciliate in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE, 38, presso lo studio dell’avvocato BARBARA AQUILANI, pec: avvmariovalente.cnfpec.it;

barbaraaquilani.ordineavvocatiroma.org;

– ricorrenti –

e contro

SOCIETA’ PER LA GESTIONE DI ATTIVITA’ SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 436/2018 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 04/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 13/05/2021 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

RITENUTO

che:

1. A.E.R. e D.B.S., fideiussori della società G.R. Immobiliare Venafro srl, proposero opposizione ad un decreto ingiuntivo intimato dalla società SGA SpA quale cessionaria dei crediti vantati nei confronti della società debitrice dal Banco di Napoli, deducendo la prescrizione del diritto di credito fatto valere, l’illiceità degli interessi e il difetto di legittimazione attiva della intimante.

2. Nel contraddittorio con la società opposta il Tribunale di Isernia rigettò l’opposizione condannando le opponenti alle spese.

3. La Corte d’Appello di Campobasso, con sentenza n. 436 del 4/12/2018, ha rigettato l’appello ritenendo che la prescrizione fosse stata interrotta da un atto con il quale il Banco di Napoli aveva chiesto l’insinuazione al passivo fallimentare della debitrice principale, atto posto in essere in qualità di mandatario della società cessionaria del credito. A tal fine la Corte territoriale ha ritenuto che, avendo la SGA SpA conferito al Banco di Napoli il potere di agire per la riscossione dei crediti, l’atto di insinuazione al passivo nei confronti del debitore principale doveva intendersi idoneo ad interrompere la prescrizione.

4. Avverso la sentenza, che ha disposto anche sulle spese in ragione della soccombenza, A.E.R. e D.B.S. hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo. Nessuno ha svolto attività difensiva per resistere al ricorso.

5. Il ricorso è stato fissato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo di ricorso le ricorrenti denunciano la. violazione e falsa applicazione dell’art. 1705 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Assumono che la Corte d’Appello abbia errato nel ritenere che l’atto di insinuazione al passivo svolto dal Banco di Napoli – sulla base del potere di rappresentanza conferito dalla società SGA SpA con atto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale – potesse interrompere la prescrizione del diritto di credito. Assumono che, in mancanza di spendita del nome del rappresentato, la Corte territoriale non avrebbe potuto imputare gli effetti dell’insinuazione al passivo alla società rappresentata, in assenza di elementi univoci tali da attestare che l’atto fosse compiuto nella qualità di rappresentante. A sostegno della propria tesi citano giurisprudenza di questa corte che pone in rilievo la espressa dichiarazione del mandatario di agire in nome del mandante.

1.1 Il motivo è privo di correlazione con la ratio decidendi ed in quanto tale è inammissibile. Esso assume, infatti, che la sentenza avrebbe commesso una violazione dell’art. 1705 c.c., sul presupposto che abbia ritenuto il Banco di Napoli avere chiesto l’insinuazione nel fallimento in proprio e senza spendita del nome della cedente. Senonché, la sentenza non ha affatto inteso affermare che il Banco di Napoli avesse agito, insinuandosi nel fallimento, come mandatario senza rappresentanza, cioè senza quella spendita, bensì che, avuto riguardo alla particolare forma di comunicazione della cessione in G.U., il suo agire con l’insinuazione si doveva intendere avvenuto con sostanziale spendita del nome della mandante. Tanto si desume dalla proposizione centrale della pagina 5 e dall’assunto espresso nella proposizione successiva che si era in presenza di esternazione del potere di rappresentanza: “Nella fattispecie certamente costituisce sufficiente ed idonea modalità di esternazione del potere rappresentativo conferito dalla SGA SpA al Banco di Napoli per la riscossione del credito medesimo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del conferimento del citato mandato con rappresentanza all’Istituto, in tal modo assolvendo pienamente ex lege alla comunicazione al debitore ceduto dell’intervenuta cessione del credito e di esternazione del potere di rappresentanza, e ciò ha comportato, conseguentemente, che l’atto di insinuazione al passivo fallimentare proposto dal Banco di Napoli nei confronti del debitore principale è da ritenersi certamente idoneo ad assolvere la funzione di interrompere e sospendere il termine prescrizionale del diritto di credito in favore dell’ente rappresentato SGA, fino alla data del provvedimento di chiusura del procedimento concorsuale anche nei confronti dei coobbligati in solido e quindi anche nei confronti delle odierne appellanti”. Il motivo e’, dunque, inammissibile giacché non si correla alla motivazione della sentenza impugnata: viene in considerazione il consolidato principio di diritto di cui a Cass. n. 359 del 2005, ribadito da Cass., Sez. Un., n. 7074 del 2017, in motivazione non massimata.

2. Conclusivamente il ricorso è dichiarato inammissibile. Non occorre provvedere sulle spese. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, del cd. “raddoppio” del contributo unificato, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 13 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2021

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