Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.26327 del 29/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 33037/18 proposto da:

Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato a Roma, v. degli Scipioni n. 281, difeso dall’avvocato Nicola Pabis Ticci, in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Equitalia Giustizia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato a Roma, v. Giovanni Pierluigi da Palestrina n. 19, difeso dall’avvocato Stefania Di Stefani, in virtù di procura speciale apposta in calce al controricorso;

– controricorrente –

nonché

Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato a Roma, v. dei Portoghesi n. 12, difeso ope legis dall’Avvocatura dello Stato;

– controricorrente –

nonché

UBI Banca s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato a Roma, v. Ombrone n. 14, difeso dagli avvocati Marco Pesenti, e Giuseppe Caputi, in virtù di procura speciale apposta in calce al controricorso;

– controricorrente –

nonché

Pramerica SGR s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato a Roma, v. Ombrone n. 14, difeso dagli avvocati Marco Pesenti e Giuseppe Caputi in virtù di procura speciale apposta in calce al controricorso;

– controricorrente –

nonché

B.R.F.W.;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia 8 maggio 2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 18 maggio 2021 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti;

viste le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo di ricorso, con assorbimento degli altri;

uditi l’Avvocato dello Stato, l’avvocato della parte ricorrente, e quello della Equitalia Giustizia s.p.a..

FATTI DI CAUSA

1. Gli antefatti.

Per una più chiara comprensione dei fatti di causa è necessario dare conto degli antefatti che precedettero l’introduzione del presente giudizio.

B.R.F.W., dipendente di un istituto di credito (Banca Steinhauser) poi incorporato dalla società Monte dei Paschi di Siena s.p.a. (d’ora innanzi, per brevità, “la MPS”), truffò due clienti di questa per circa milioni di Euro complessivi.

Da questa vicenda scaturirono tre processi.

1.1. Il primo fu un procedimento penale a carico del truffatore.

In questo processo la competente Procura della Repubblica ordinò il sequestro probatorio di tre diversi depositi di titoli e valori riconducibili all’indagato, esistenti presso la Banca Popolare di Bergamo, filiale di *****.

Nel 2004 l’imputato venne condannato e i beni sequestrati sottoposti a confisca.

La confisca, in seguito al rigetto del ricorso per cassazione proposto dalla banca MPS che in quel giudizio si era costituita parte civile, divenne definitiva il 7 dicembre 2009.

1.2. Il secondo giudizio scaturito dài reati commessi da B.R.F.W. fu un processo civile di danno.

Questo processo fu iniziato nel 2003 da due soggetti truffati, i quali convennero dinanzi al Tribunale di Milano la MPS, chiedendone la condanna al risarcimento del danno, nella sua veste di successore della banca Steinhauser, a sua volta datore di lavoro del reo.

La MPS chiamò in causa B.R.F.W. al fine di essere manlevata in caso di accoglimento della domanda attorea.

All’esito di questo giudizio, con sentenza 13788/06 il Tribunale di Milano accolse sia la domanda principale che quella di manleva.

1.3. Il terzo processo scaturito dai reati commessi da B.R.F.W. fu un giudizio di simulazione.

Questo processo fu introdotto dalla banca MPS nel 2004, nelle more del giudizio di danno.

La MPS, per l’esattezza, convenne dinanzi al Tribunale di Milano B.R.F.W. e la di lui madre, Emilia Tardivo, al fine di far accertare la natura simulata dell’acquisto di mobili, immobili e quote di società effettuati dal primo e simulatamente intestati alla seconda.

Con sentenza 14778/09 il Tribunale di Milano accertò la natura simulata dei suddetti acquisti.

1.4. Nelle more del giudizio di simulazione, con ordinanza 14 ottobre 2004, il Tribunale di Milano ordinò il sequestro conservativo dei tre depositi-valori già sottoposti a sequestro probatorio penale.

2. Il fatto.

Nel 2010 la MPS, munita del titolo esecutivo rappresentato dalla sentenza 13788/06 del Tribunale di Milano, con la quale B.R.F.W. era stato condannato a manlevare la banca delle somme da questa pagate alle due vittime della truffa, iniziò l’esecuzione forzata nelle forme del pignoramento presso terzi.

Pignorò i tre depositi valori presso la Banca Popolare di Bergamo già oggetto di sequestro penale prima, e di sequestro conservativo civile poi.

2.1. La banca terza pignorata, chiamata a rendere la dichiarazione di quantità di cui all’art. 547 c.p.c., dichiarò che alla data del pignoramento uno dei tre depositi titoli era stato “reintestato al fondo unico di giustizia”; gli altri due erano “in corso di riconoscimento al fondo unico di giustizia”.

A fronte di tale dichiarazione il giudice dell’esecuzione dapprima ritenne di ordinare di “estendere il pignoramento” nei confronti di Equitalia Giustizia s.p.a. e del Ministero delle Finanze; quindi qualificò la suddetta dichiarazione come negativa.

2.2. La MPS introdusse allora il giudizio per l’accertamento dell’obbligo del terzo dinanzi al Tribunale di Bergamo.

Questo, con sentenza 147/13, dichiarò che la Banca Popolare di Bergamo non era debitrice di B.R.F.W..

3. La sentenza venne appellata dalla MPS.

Con sentenza 8 maggio 2018 n. 785 la Corte d’appello di Brescia rigettò il gravame.

La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dalla MPS con ricorso fondato su tre motivi.

UBI Banca s.p.a. (nuova denominazione della Banca Popolare di Bergamo) e Pramerica SGR s.p.a. (gestore di uno dei tre depositi titoli confiscati) hanno notificato controricorso, dichiarando di “rimettersi alla decisione della corte”. Hanno altresì notificato controricorso, ma al fine di chiedere il rigetto del ricorso, Equitalia Giustizia s.p.a. ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze. La MPS ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo la società ricorrente lamenta la nullità della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4.

Sostiene che la sentenza “non connette” le considerazioni in punto di fatto con le conclusioni in punto di diritto; non spiega perché mai la sentenza di primo grado sarebbe corretta; non chiarisce a quali delle numerose sentenze civili e penali scaturite dai fatti di causa abbia inteso fare riferimento parlando genericamente di “sentenze penali”; prescinde del tutto dagli argomenti sviluppati dall’appellante; non consente in definitiva di individuare le basi giuridiche della decisione.

1.1. Il motivo è fondato.

Il provvedimento della Corte d’appello di Brescia è così motivato:

“l’appello è infondato.

La cronologia degli eventi è ben rappresentata e presa in considerazione dal giudice di primo grado.

I contenuti delle sentenze penali, che si sono susseguite con riferimento alla vicenda all’esame di questa Corte, sono assai chiari nell’escludere le richieste della banca in relazione ai depositi titoli.

Parimenti chiaro è il contenuto del provvedimento di sequestro ottenuto in sede civile: lo stesso giudice lo ha ritenuto sussidiario rispetto all’eventuale venire meno del già disposto sequestro penale.

La sentenza del Tribunale di Como, pur avendo la stessa protagonista MPS e il medesimo soggetto (vicenda B.), non può fare stato nel presente procedimento poiché trattasi di fattispecie completamente differenti: in questa si argomenta, infatti, in relazione alla anteriorità delle trascrizioni effettuate da MPS rispetto alla confisca su alcuni beni immobili di probità del B.: in questo caso la banca aveva agito prima della confisca e non dopo come nel caso di specie.

Le sentenze penali devono essere ritenute irrilevanti posto che hanno il medesimo oggetto della presente contesa (deposito titoli).

MPS ha agito, come parte civile, al fine di ottenere una pronuncia con effetti civili che le è stata negata con sentenza oramai passata in giudicato.

Pertanto, in applicazione del principio ne bis in idem questa corte non può pronunciarsi su di un diritto che è già stato oggetto di sentenza passata in giudicato.

Ragione per la quale l’appello deve essere respinto”.

1.2. Il testo che precede, anche a prescindere da qualsiasi considerazione sulla coerenza della tecnica scrittoria e sulla chiarezza sintattica, non consente di comprendere quale sia stato l’iter logico seguito dalla Corte bresciana per rigettare il gravame proposto dalla MPS.

In primo luogo, infatti, la motivazione appena trascritta fa riferimento ad atti e fatti (la “cronologia degli eventi”, le “sentenze penali”, la “sentenza del Tribunale di Como”) non altrimenti spiegati.

In secondo luogo, quel che più rileva, la Corte d’appello era chiamata a decidere su una domanda di accertamento dell’obbligo del terzo. Essa, dunque, doveva stabilire – come correttamente rilevato dal Sostituto Procuratore Generale – una sola cosa: se la Banca Popolare di Bergamo fosse o non fosse debitrice di B.R.F.W..

La sentenza impugnata invece, lungi dall’esaminare con chiarezza questo unico aspetto rilevante, ha compiuto una serie di affermazioni che rispetto al thema decidendum appaiono a questa Corte inspiegabili, in quanto:

a) la Corte d’appello si sofferma a richiamare il principio del “ne bis in idem”, posto che fra le parti nessuna sentenza ex art. 548 c.p.c., era stata mai pronunciata;

b) dichiara di non poter pronunciarsi “su un diritto già oggetto di sentenza passata in giudicato”, con affermazione altrettanto inspiegabile: ed infatti nessuna sentenza risulta essere mai stata pronunciata sulla esistenza o meno dell’obbligo della Banca Popolare di Bergamo nei confronti del debitore esecutato B.R.F.W.;

c) dichiara che “le sentenze penali devono essere ritenute rilevanti posto che hanno il medesimo oggetto della presente contesa”, senza chiarire di quali sentenze si parla, perché devono essere ritenute rilevanti, e soprattutto come possa avere una sentenza penale ad oggetto l’accertamento dell’obbligo del terzo pignorato in sede esecutiva.

1.3. Non sarà superfluo aggiungere, anche in previsione del prosieguo del presente giudizio dinanzi al giudice di rinvio, che in ogni caso l’ambiguo e generico richiamo alle “sentenze penali” compiuto dalla sentenza impugnata sembra comunque irrispettoso del principio, seguito dalla più recente giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il conflitto tra la confisca penale ed i diritti dei terzi va risolto in base al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 55 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione), esclusivamente e’lA nelle ipotesi di confisca ivi previste o da norme che esplicitamente vi rinviano (come l’art. 104 bis disp. att. c.p.p.). Solo in questi casi, pertanto, i terzi hanno l’onere di ricorrere all’incidente di esecuzione penale per vedere tutelate le proprie ragioni.

Nelle restanti ipotesi di confisca, per contro, la prevalenza di questa rispetto ai diritti di chi abbia acquistato il bene confiscato (ovvero ne abbia domandato l’assegnazione in sede esecutiva, come per l’appunto nel caso di pignoramento presso terzi) andrà valutata in base alle regole generali: e dunque – a seconda dei casi – in base all’anteriorità della trascrizione o dell’acquisto del possesso (Sez. 3 -, Sentenza n. 28242 del 10/12/2020, Rv. 659887 – 01).

1.4. La sentenza impugnata, in definitiva, ha adottato una motivazione oscura ed ermetica, e per ciò solo inferiore a quel “minimo costituzionale” al di sotto del quale, secondo le Sezioni Unite di questa Corte, i provvedimenti giurisdizionali vanno dichiarati nulli per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (Sez. U., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).

1.5. I restanti motivi restano assorbiti.

1.6. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.

P.Q.M.

la Corte di Cassazione:

(-) accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 18 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2021

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