Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.26353 del 29/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22602/2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Falck Spa, rappresentata e difesa dall’Avv. Giuseppe Marini, con domicilio eletto il medesimo in Roma via di Villa Sacchetti 9 giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

Equitalia Nord s.p.a.;

Ag. delle Entrate;

– intimate –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 552/14/15, depositata il 19 febbraio 2015.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 maggio 2021 dal Consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli.

RILEVATO

CHE:

L’Agenzia delle entrate notificava avviso di accertamento alla società Acciaierie e Ferriere Lombarde Falck Spa (ora Falck Spa) in data 9 dicembre 1992, con il quale contestava l’emissione di fatture non imponibili anziché con addebito d’imposta per l’anno 1989, nonché detrazioni non spettanti per gli anni 1985-1988.

La CTP, innanzi alla quale la Falck aveva impugnato l’avviso, dichiarava cessata la materia del contendere sul primo rilievo in quanto coperto dalla dichiarazione integrativa presentata dalla società e accoglieva il ricorso sul secondo.

La CTR, in parziale riforma, riteneva, con la sentenza 479/37/99, fondata la ripresa quanto al secondo rilievo per gli anni 1985-1987, confermando, invece, la decisione di primo grado in ordine all’altro rilievo e alla detrazione operata per il 1988. La sentenza era impugnata per cassazione dalla contribuente per la parte ad essa sfavorevole, mentre l’Agenzia proponeva ricorso limitatamente alla ripresa per il 1988.

La Corte, con sentenza n. 11209 del 2007, accoglieva entrambi i ricorsi e annullava con rinvio la decisione impugnata. Il giudizio, peraltro, non veniva riassunto, sicché, con decreto n. 5/33/2009 la CTR lo dichiarava estinto.

In relazione a tale esito, l’Ufficio provvedeva ad emettere cartella di pagamento per l’intero importo originariamente portato in avviso oltre ad un ulteriore somma (pari ad Euro: 258,23) relativa al 2004.

Falk Spa impugnava l’atto di riscossione perché illegittimo e di importo eccedente a quanto dovuto in relazione al giudizio estinto.

La Commissione tributaria provinciale di Milano annullava la cartella atteso che non poteva essere richiesto l’intero importo portato nell’originario avviso, essendosi formato, quanto alla ripresa per il 1989, un giudicato favorevole alla contribuente nel precedente giudizio ed atteso l’interesse di entrambe le parti alla tempestiva riassunzione. La sentenza era confermata dalla CTR in epigrafe.

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione con due motivi, cui resiste la contribuente con controricorso e propone altresì ricorso incidentale con un motivo, notificato anche ad Equitalia Nord Spa, rimasta intimata.

CONSIDERATO

CHE:

1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63 e art. 393 c.p.c. per aver la CTR, nel ritenere non iscrivibile a ruolo le somme coperte dalla dichiarazione integrativa, riferite alla ripresa originaria per l’anno 1989, in forza del giudicato intervenuto nel precedente giudizio di merito, di efficacia prevalente rispetto agli effetti dell’estinzione di tale giudizio, annullato l’atto impositivo nella sua integralità, anziché per la sola parte non dovuta, sull’assunto della sussistenza di un interesse alla riassunzione in capo ad entrambe le parti, sì da incidere sulla determinazione delle somme suscettibili di iscrizione a ruolo, non adeguatamente diversificate in cartella.

2. Va disattesa, preliminarmente, l’eccezione d’inammissibilità sollevata in controricorso, attesa La ritualità della doglianza dell’Ufficio – che lamenta un error in procedendo – per aver la CTR annullato l’intero atto anziché provvedere ad una rideterminazione della pretesa; né, in evidenza, sussiste alcun giudicato ostativo alla doglianza, essendo il motivo mirato al riconoscimento della pretesa originaria detratto l’importo su cui si è formato il giudicato favorevole alla contribuente.

3. Il motivo, oltre che ammissibile, è fondato.

4. I giudici di merito (avendo la CTR aderito al ragionamento e alle conclusioni della sentenza della CTP, qui riprodotta per autosufficienza) non solo, infatti, hanno ritenuto che non potesse essere richiesto l’importo su cui si era formato il giudicato favorevole alla contribuente nelle more del giudizio estinto (per il 1989), ma, hanno sostenuto, anche con riguardo alle restanti annualità, che la pretesa legittimamente esperibile dovesse, in ogni caso, restare ancorata all’interesse che le parti avrebbero avuto a procedere alla riassunzione del giudizio a seguito dell’annullamento, valutato sussistente in capo ad entrambe, derivandone – mutuando quando sarebbe successo “se si fosse stati nel processo civile” – che “l’atto impugnato deve essere annullato poiché… l’Ufficio ha addirittura chiesto il pagamento dell’importo derivante anche dalla parte condonata, riconosciuta valida da due sentenze e non riproposta dall’ufficio in Cassazione, oltre che tutte le annualità delle fatture…, mentre applicando un criterio più equilibrato… avrebbe potuto richiedere un importo sicuramente ridotto della parte di cui alla L. n. 413 del 1991, rivedendo eventualmente anche gli importi richiesti relativamente alle diverse annualità delle fatture e relative sanzioni”.

Da ciò la conclusione che “la cartella deve essere annullata totalmente” poiché in essa “non appaiono importi diversificati per tipologia ed annualità per quanto richiesto come imposta”.

5. La statuizione della CTR è errata sotto un duplice profilo.

5.1. Sotto un primo profilo, infatti, va sottolineato che, secondo principio consolidato di questa Corte, “Nel giudizio tributario, l’omessa riassunzione, nel termine di legge, del processo, a seguito di rinvio dalla Corte di cassazione, ne determina l’estinzione, che, ai sensi dell’art. 393 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63, comma 2, con il venir meno dell’intero procedimento, comporta la definitività dell’avviso di accertamento” (ex multis v. Cass. n. 9521 del 12/04/2017; Cass. n. 32276 del 13/12/2018) quali siano le decisioni intervenute nelle more del giudizio, salvo solo, per quest’ultimo aspetto, vi sia un giudicato parziale “a cui l’ufficio impositore deve adeguare la propria posizione sostanziale, anche nell’ipotesi di estinzione per omessa riassunzione del giudizio di rinvio, poiché non può porre in riscossione il tributo sulla base dell’atto impositivo impugnato “come se” quest’ultimo non fosse stato ritenuto, per taluni aspetti, illegittimo con sentenza passata in giudicato” (Cass. n. 16956 del 11/08/2016).

5.2. Ne deriva che, nella vicenda in giudizio, l’iscrizione a ruolo poteva riguardare, legittimamente, le somme relative all’originaria pretesa limitatamente alle annualità dal 1985 al 1988, mentre doveva essere escluso solamente l’importo riferito al 1989 per l’intervenuta formazione del giudicato sulla decisione favorevole alla contribuente n. 479/37/99 della CTR della Lombardia.

5.3. Resta poi priva di ogni rilievo la considerazione sull’asserito interesse per entrambe le parti (e in particolare dell’Ufficio) a procedere alla riassunzione, che va riconosciuto in termini assolutamente prevalenti in capo al contribuente, dall’opposizione del quale, infatti, sorge lo stesso processo, di cui l’avviso costituisce non un atto (destinato a venire meno) ma l’oggetto.

Del resto, come già osservato da questa Corte, “la pretesa tributaria vive di forza propria, in virtù dell’atto impositivo in cui è stata formalizzata, e che l’estinzione del processo travolge la sentenza impugnata, ma non l’atto amministrativo, che non è atto processuale bensì l’oggetto dell’impugnazione”; ed inoltre “la riassunzione della causa in sede di rinvio può essere fatta da una qualunque delle parti, tuttavia, dominando, anche in questa fase, il principio dell’interesse (art. 100 c.p.c.), la riassunzione verrà operata da quella delle parti che ha interesse ad ottenere una pronuncia conclusiva, non certo da quella per la quale l’estinzione dell’intero processo possa essere di vantaggio” (v. in generale Cass. n. 1252 del 24/04/1968; specificamente sul processo tributario Cass. n. 23922 del 23/11/2016; Cass. n. 9215 del 03/04/2018 in motivazione; Cass. n. 5223 del 21/02/2019).

5.4. Sotto un secondo profilo, inoltre, va ricordato, in primo luogo, che il processo tributario ha natura di impugnazione-merito e non di impugnazione-annullamento poiché è diretto non alla mera eliminazione (giuridica) dell’atto impugnato ma, estendendosi la cognizione al rapporto d’imposta, alla pronuncia di una decisione di merito sostitutiva sia della dichiarazione del contribuente sia dell’accertamento dell’amministrazione finanziaria – sicché, qualora il giudice tributario reputi invalido l’avviso di accertamento per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, non può limitarsi ad annullarlo, ma deve esaminare nel merito la pretesa tributaria e ricondurla alla misura corretta, entro i limiti posti dalle domande di parte (v. tra le tante Cass. n. 13294 del 28/06/2016).

Si tratta di principio applicabile anche al processo che abbia ad oggetto una cartella sussistendo la eadem ratio ove la contestazione investa il quantum della pretesa o singole voci, sicché il giudice ove ritenga invalida l’iscrizione di taluni importi perché insussistenti – in quanto, come nella specie, non (più) contenuti nel titolo azionato non può elevare tale vizio a requisito di legittimità dell’intero atto ma dovrà ricondurre la pretesa alla misura corretta fondata sull’atto definitivo (v. anche, per una ipotesi particolare, Cass. n. 29364 del 23/12/2020 con riguardo alla riduzione dell’ipoteca D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 77).

5.5. Occorre precisare, sul punto, che l’ipotesi resta distinta da quella in cui la rideterminazione dell’importo in cartella derivi da un sopravvenuto annullamento parziale dell’avviso in base al quale l’atto impositivo è stato emesso.

In quest’ultima evenienza, infatti, “gli avvisi impugnati perdono la loro efficacia di atti impositivi… sicché fino alla nuova liquidazione del tributo, effettuata dall’Amministrazione finanziaria in ossequio alla pronuncia giudiziale, l’obbligazione tributaria non è esigibile. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la condanna del fisco al rimborso, a favore dei contribuenti, degli interessi di mora e dell’aggio riscossi in virtù degli avvisi di liquidazione dell’imposta di successione e delle conseguenti cartelle di pagamento, adottati anteriormente alla sentenza di accoglimento parziale del loro ricorso)” (v. Cass. n. 24092 del 12/11/2014), producendosi “un effetto espansivo cd. esterno ex art. 336 c.p.c., comma 2, nel giudizio di impugnazione del correlato atto di riscossione” (v. Cass. n. 21801 del 29/08/2019).

Anche in tale ipotesi, peraltro, l’annullamento parziale dell’atto impositivo determina – in coerenza con quanto affermato da Sez. U, n. 758 del 13/01/2017 – che “il giudice dinanzi al quale sia stata impugnata la relativa cartella di pagamento, ha l’obbligo di agire in conformità della statuizione giudiziale”. sia ove l’iscrizione non sia stata ancora effettuata, sia, se già effettuata, adottando i conseguenziali provvedimenti di sgravio, o eventualmente di rimborso dell’eccedenza versata”, con, dunque, un annullamento della cartella stessa solo nella stessa misura.

Nella fattispecie in giudizio – al contrario – la cartella si fonda su un avviso che, seppure per un importo minore di quello originario, è definitivo ed efficace, assente ogni evento idoneo ad inficiarne il carattere cogente e l’esigibilità dell’obbligazione impositiva.

5.6. E’ appena il caso di osservare, infine, che la distinzione tra gli importi relativi al rilievo per gli anni 1985-1988 e a quello per il 1989 era chiaramente e univocamente ricavabile dall’originario atto di rettifica (riprodotto per autosufficienza e versato agli atti del giudizio dalla stessa contribuente).

6. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, nullità della sentenza per motivazione apparente con riguardo alla statuizione del giudice d’appello sulla denunciata omessa pronuncia del giudice di primo grado in ordine all’ulteriore somma iscritta a ruolo nella medesima cartella e relativa al 2004.

6.1. Il motivo è fondato, esclusa ogni inammissibilità.

6.2. La CTR, infatti, ha ritenuto che la CTP avesse statuito sull’annullamento dell’iscrizione a ruolo relativa al 2004 affermando che “la sentenza recita “nella cartella non appaiono importi diversificati per tipologia ed annualità per quanto richiesto come imposta, con le relative motivazioni”, punto che, tuttavia, si riferiva esclusivamente – come risulta dalla sentenza della CTP, riprodotta per autosufficienza – alle somme iscritte a ruolo a seguito della estinzione del giudizio sull’avviso di rettifica per le riprese dal 1985 al 1989, derivandone una irriducibile apparenza motivazionale.

Si tratta di motivazione, infatti, che, pur graficamente esistente, non permette di comprendere il ragionamento decisorio del giudice poiché fondato sulla mera ripresa di argomentazioni della statuizione di primo grado estranee alla questione sì da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento.

Tale conclusione rivela, inoltre, l’infondatezza delle eccezioni di inammissibilità sollevate dal controricorrente, non ponendosi né una questione in fatto (declinabile sotto il versante dell’omesso esame), né, a maggior ragione, un profilo di revocazione.

7. Il ricorso incidentale denuncia, con un unico motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, violazione dell’art. 112 c.p.c. per aver la CTR omesso di pronunciare sulla dedotta nullità della cartella di pagamento per la mancanza dell’indicazione del responsabile del procedimento.

7.1. Il ricorso in quanto proposto nei confronti di Equitalia Nord Spa è inammissibile poiché rivolto contro soggetto non presente nel precedente grado di giudizio.

7.2. Il motivo, e, dunque, il ricorso incidentale, è peraltro inammissibile anche nei confronti dell’Agenzia delle entrate in quanto carente di interesse.

Difatti, la contribuente, integralmente vittoriosa nel merito, fa valere con il suddetto ricorso (da valutare come condizionato) una questione implicitamente ritenuta assorbita dal giudice del merito nella pronuncia di accoglimento, rispetto alla quale non è ravvisabile soccombenza e che è riproponibile nel giudizio di rinvio (v. Cass. n. 19503 del 23/07/2018).

8. In accoglimento del ricorso principale, inammissibile quello incidentale, cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese, alla CTR competente in diversa composizione che si atterrà ai principi sopra esposti.

PQM

La Corte accoglie il ricorso principale; dichiara inammissibile il ricorso incidentale sia nei confronti di Equitalia Nord Spa che nei confronti dell’Agenzia delle entrate; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Lombardia in diversa composizione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 24 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2021

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