LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI IASI Camilla – Presidente –
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso R.G.N. 23742/2015 proposto da:
STILELIBERO s.r.l. società sportiva dilettantistica, con sede in *****, in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in Roma via Paolo Emilio 32 presso lo studio dell’avv. Maria Curti rappresentata e difesa dall’avv. Matteo Di Pede del foro di Venezia;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI PREGANZIOL, in persona del Sindaco pro tempore, con sede in Preganziol elettivamente domiciliato in Roma via Cosseria 2 presso lo studio del Dott. Alfredo Pacini, rappresentata e difesa dall’avv. Marta De Manincor del foro di Venezia;
– controricorrente –
avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del VENETO n. 480/15, depositata il 9/3/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 21.06.2021 dal Consigliere Relatore RITA RUSSO.
RILEVATO
CHE:
La Società sportiva Stilelibero nell’anno 2002 ha ottenuto dal Comune il diritto di superficie su un’area, per la durata di trent’anni, finalizzata alla costruzione di un impianto natatorio comunale. La identificazione catastale dell’area è stata eseguita a seguito di apposito frazionamento a cura e spese della società nel 2007.
La società ha opposto l’avviso di accertamento ICI per l’anno 2007 deducendo la nullità della costituzione del diritto di superficie perché avente oggetto indeterminato e che tale diritto si sarebbe costituito solo nel 2007 quando vi è stata l’identificazione catastale; la natura obbligatoria e non reale del diritto; l’errata quantificazione sulla base delle scritture senza detrazione dei contributi.
Il ricorso della contribuente è stato accolto in primo grado, sul presupposto che non trattasi di diritto reale. Il Comune di Preganziol ha interposto appello deducendo che il diritto di superficie ha natura di diritto reale e la società ha proposto appello incidentale subordinato, sulla nullità della costituzione di un diritto di superficie avente oggetto indeterminato, nonché sul quantum debeatur.
Il giudice di secondo grado ha accolto l’appello del Comune rilevando: che la società ha il possesso del bene come definito dall’art. 1140 c.c.; che si tratta di un diritto reale sul bene sia pure mitigato da obblighi contrattuali; che nel caso di proprietà superficiarie il soggetto passivo dell’imposta va individuato nel proprietario dell’edificio realizzato sul suolo altrui e non già nel concedente. La CTR ha inoltre rigettato l’appello incidentale subordinato, rilevando che il presupposto per la determinazione dell’imponibile non è il valore del terreno bensì il valore del complesso natatorio; che in ogni caso l’oggetto del contratto è stato individuato con precisione mediante una planimetria e i lavori dell’impianto erano finiti prima della sottoscrizione dell’atto di identificazione catastale; che il valore del bene, classificato in categoria D, è quello risultante dalle scritture contabili al lordo dei contributi erogati dall’ente.
Avverso detta pronuncia la società ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a tre motivi. Si è costituito con controricorso il Comune di Preganziol, che ha successivamente depositato memoria. La causa è stata trattata all’udienza camerale non partecipata del 21 giugno 2021.
RITENUTO
CHE:
1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 1 e 3, nonché dell’art. 1140 c.c., per avere erroneamente affermato la natura reale del diritto di superficie costituito in favore della ricorrente ed aver conseguentemente ritenuto applicabile il D.Lgs. n. 504 del 1992 e vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso o decisivo per il giudizio. Parte ricorrente assume che la CTR ha erroneamente qualificato la società quale possessore dell’area. La società deduce che il potere di fatto esercitato dalla società sul bene non corrisponde ad alcun diritto reale e che ciò non è stato oggetto di approfondimento da parte della CTR, che non ha correttamente intrepretato la Convenzione intervenuta tra il Comune ed essa società.
2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 1418 e 1346 c.c. per non aver ravvisato la nullità della clausola contrattuale costitutiva del diritto di superficie per indeterminatezza dell’oggetto e la conseguente illegittimità degli avvisi di accertamento, di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso o decisivo per il giudizio. Parte ricorrente assume l’illegittimità della pronuncia impugnata che ha disatteso l’eccezione di nullità del contratto. Deduce che le parti solo nel 2007 avevano stipulato l’atto di identificazione catastale ove avevano identificato le aree concesse e pertanto la clausola costitutiva del diritto di superficie doveva ritenersi nulla per indeterminatezza dell’oggetto.
3.- I motivi possono esaminarsi congiuntamente e sono infondati.
Questa Corte si è già pronunciata sulla medesima questione, tra le stesse parti, con riferimento ad altre annualità dell’ICI (Cass. 10006/2019) rilevando che la L. n. 388 del 2000, art. 18 modificando il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3, comma 2, ha esteso la soggettività passiva dell’imposta ai concessionari di aree demaniali precedentemente non soggetti all’imposta, così superandola precedente normativa e interpretazione giurisprudenziale secondo cui il provvedimento amministrativo di concessione ad aedificandum su un’area demaniale poteva in astratto dare luogo sia ad un diritto di natura reale, riconducibile alla proprietà superficiaria, sia ad un diritto di natura personale.
In ragione di questa modifica normativa è irrilevante stabilire se il diritto del concessionario dipende da concessione ad effetti reali o ad effetti obbligatori, poiché in ogni caso la norma stabilisce la soggettività passiva del concessionario.
Si può, pertanto, affermare che la individuazione legislativa del concessionario quale soggetto d’imposta a norma del predetto art. 18, a datare dalla data di applicabilità della nuova disciplina, rende il concessionario obbligato non solo sostanziale ma anche formale, senza più necessità di accertare se la concessione abbia effetti reali o obbligatori.
3.1- E’ altresì infondato il secondo motivo.
Il requisito della determinatezza o determinabilità dell’oggetto di un preliminare di vendita di immobile non postula la specificazione dei dati catastali, trattandosi di indicazione rilevante ai fini della trascrizione, ma non indispensabile per la sicura identificazione del bene, evincibile anche da altri dati.
Nel caso di specie la convenzione, di cui la ricorrente trascrive ampi stralci in ricorso identifica il terreno tramite la sua ubicazione e la planimetria e rinvia ad un atto successivo, ovvero l’atto di identificazione catastale solo la precisa individuazione catastale dell’area in questione.
4.- Con il terzo motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere considerato quale base imponibile il valore dell’immobile indicato nelle scritture contabili di Stilelibero s.r.l. senza deduzione dei contributi elargiti dall’ente concedente.
Il motivo è infondato.
La base imponibile dell’immobile de quo va determinata ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3, sulla base dei valori risultanti dalla contabilità della società contribuente senza che assuma rilevo la provenienza del denaro utilizzato per sostenere i costi di costruzione. Pertanto la base imponibile è costituita dal costo di costruzione risultante dalla somma degli oneri direttamente a carico della società e dei contributi erogati dal Comune (Cass. Cass. 10006/2019).
Ne consegue il rigetto del ricorso.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, 200,00 per esborsi non documentabili, oltre le spese di cui al D.M. n. 55 del 2014, art. 2 e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, da remoto, il 21 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2021