Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.26369 del 29/09/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6431/2015 R.G. proposto da:

D.M.L.R., con l’avv. Mario Girardi, e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Durigon, in Roma, via Aurelia n. 353;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

– resistente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, Napoli, n. 7009/07/14 pronunciata il 13 giugno 2014 e depositata il 14 luglio 2014, non notificata;

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 08 luglio 2021 dal Co: Marcello M. Fracanzani.

RILEVATO

1. Il contribuente era oggetto di una verifica fiscale conclusasi con un avviso di accertamento, notificato in data 13.10.2011 in relazione all’anno d’imposta 2008: l’Ufficio accertava sinteticamente il reddito ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4, nella misura di Euro 49.900,00, con conseguente ripresa a tassazione ai fini Irpef, addizionali e sanzioni. Esperita infruttuosamente l’istanza di accertamento con adesione, il contribuente impugnava l’atto impositivo lamentando il difetto di motivazione e l’insussistenza dei presupposti per procedere all’accertamento sintetico del reddito, in primis l’assenza di uno scostamento nella misura minima del 25% tra quello dichiarato e quello accertato.

2. La Commissione tributaria provinciale respingeva il gravame aderendo alle difese dell’Ufficio, medio tempore costituitosi, e ritendendo insufficiente l’apporto probatorio fornito dal contribuente.

3. Promosso appello da parte di quest’ultimo, la Commissione tributaria regionale lo accoglieva parzialmente: ritenuto legittimo l’accertamento in ragione dell’esistenza di una scostamento del reddito sinteticamente accertato ridotto del quarto e quello dichiarato, anche dopo la rielaborazione, lo accoglieva nella parte in cui il contribuente ne chiedeva la diminuzione nella misura di Euro 12.000,00 in conseguenza della permuta di un’autovettura, confermando per il resto l’insufficienza probatoria fornita dalla parte.

4. Invoca la cassazione della sentenza il contribuente, che propone tre motivi di ricorso. Resiste l’Avvocatura generale dello Stato, costituitasi solo ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, mentre in prossimità dell’adunanza la parte privata ha depositato memoria, illustrando le proprie conclusioni.

CONSIDERATO

1.Con il primo motivo il contribuente denunzia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, dell’art. 2728 c.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, degli artt. 112,113,115,116 e 132 c.p.c., nonché degli artt. 53 e 111 Cost., in parametro all’art. 360 c.p.c., n. 3.

1.1 In particolare avanza censura ex art. 360 c.p.c., n. 3, lamentando l’erronea applicazione della disciplina dettata in punto di accertamento sintetico D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38. Afferma infatti che l’accertamento attivato dall’Ufficio sottende a tre regole fondamentali: da un lato la natura di presunzione legale relativa dell’accertamento; dall’altro il conseguente potere del contribuente di delegittimare la pretesa impositiva allegando la prova di redditi esenti, ovvero soggetti a ritenuta alla fonte od ottenuti per effetto di disinvestimento; infine l’assenza dello scostamento per almeno due periodi d’imposta. Soggiunge altresì che la CTR avrebbe valutato solo alcune delle allegazioni documentali, abiurando l’efficacia probatoria derivante dalla documentazione inerente “il reddito da lavoro dipendente TFR, dei proventi delle cedole, del bonifico ricevuto dal genitori e dello smobilizzo del buono postale”, quest’ultimo peraltro computato nella misura del 50%. A supporto di quanto sopra riporta il motivo di appello in cui dava atto della produzione in atti della suindicata allegazione probatoria, rappresentando come la sommatoria dei proventi documentati producesse un reddito pari ad Euro 44.353,74, superiore a quello risultante dallo stesso avviso di accertamento e pari ad Euro 37.425,75. E ciò al netto della somma di Euro 12.000,00 riconosciuta dall’Ufficio e decurtata dalla stessa CTR a fondamento della decisione di accoglimento parziale del gravame. Conclude rappresentando l’omessa contestazione, da parte dell’Amministrazione finanziaria, dei redditi suindicati.

2. Con il terzo motivo il ricorrente censura l’omesso esame e pronuncia su una questione decisiva ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e, segnatamente, l’omesso esame delle prove già indicate al primo motivo, quale il possesso del reddito da lavoro dipendente, il TFR, i proventi delle cedole, il bonifico ricevuto dai genitori, lo smobilizzo del buono postale e l’incongruità del reddito per almeno due periodi d’imposta.

2.1 Il primo ed il terzo motivo, strettamente connessi tra loro, possono essere trattati congiuntamente e sono fondati.

L’accertamento sintetico, nei termini delineati da questa Corte con le note pronunce a Sezioni unite n. 26635/2009, n. 26636/2009 e n. 26638/209, ha natura di mezzo di accertamento e non di mezzo di determinazione del reddito, pena l’illegittima compressione dei diritti emergenti dagli artt. 3,24 e 53 Cost.. E’ stato infatti affermato che “se appare ammissibile la predisposizione di mezzi di contrasto all’evasione fiscale che rendano più agile e, quindi, più efficace l’azione dell’Ufficio, come indubbiamente sono i sistemi di accertamento per standard (parametri e studi di settore), il limite della utilizzabilità degli stessi sta, da un lato, nella impossibilità di far conseguire, alla eventuale incongruenza tra standard e ricavi dichiarati, un automatismo dell’accertamento, che eluderebbe lo scopo precipuo dell’attività accertativa che è quello di giungere alla determinazione del reddito effettivo del contribuente in coerenza con il principio di cui all’art. 53 Cost.; dall’altro, nel riconoscimento della partecipazione del contribuente alla fase di formazione dell’atto di accertamento mediante un contraddittorio preventivo, che consente di adeguare il risultato dello standard alla concreta realtà economica del destinatario dell’accertamento, concedendo a quest’ultimo, nella eventuale fase processuale, la più ampia facoltà di prova (anche per presunzioni), che sarà, unitamente agli elementi forniti dall’Ufficio, liberamente valutata dal giudice adito. Alla luce di tali considerazioni quello dell’accertamento per standard appare un sistema unitario con il quale il legislatore, nel quadro di un medesimo disegno funzionale ad agevolare l’attività accertatrice nel perseguire l’evasione fiscale, ha individuato strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività, di determinate attività catalogate per settori omogenei. Tali strumenti, rilevando, rispetto ai redditi dichiarati, eventuali significative incongruenze, legittimano l’avvio delle procedure di accertamento a carico del contribuente con invito a quest’ultimo, nel rispetto delle regole del giusto procedimento e del principio di cooperazione tra amministrazione finanziaria e contribuente, a fornire, in contraddittorio, i propri chiarimenti e gli elementi giustificativi del rilevato scostamento o dell’inapplicabilità nella specie dello standard…(…)… Si può, pertanto, affermare il seguente principio di diritto: “La procedura di accertamento standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata in relazione ai soli standard in sé considerati, ma nasce procedimentalmente in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente (che può tuttavia, restare inerte assumendo le conseguenze, sul piano della valutazione, di questo suo atteggiamento), esito che, essendo alla fine di un percorso di adeguamento della elaborazione statistica degli standard alla concreta realtà economica del contribuente, deve far parte (e condiziona la congruità) della motivazione dell’accertamento, nella quale vanno esposte le ragioni per le quali i rilievi del destinatario dell’attività accertativa siano state disattese. Il contribuente ha, nel giudizio relativo all’impugnazione dell’atto di accertamento, la più ampia facoltà di prova, anche a mezzo di presunzioni semplici, ed il giudice può liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standard al caso concreto, che deve essere dimostrata dall’ente impositore, quanto la controprova sul punto offerta dal contribuente” (Cfr. Cass., S.U. n. 26635/2009).

3. Tanto premesso, considerato che la sentenza sottoposta allo scrutinio di legittimità è stata depositata in data 14.07.2014, trova applicazione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come modificato dal D.L. n. 83 del 2012, in vigore per le sentenze depositate a decorrere dall’11-9-2012, per cui la censura sulla motivazione deve essere strutturata come omesso esame di un fatto decisivo e controverso tra le parti.

3.1 A fronte dei vari elementi di fatto addotti la CTR si è limitata ad affermare che “Quanto asserito dall’appellante in merito alla provenienza dei fondi, esso non trova sufficiente riscontro documentale”. Segnatamente, il Giudice d’appello non ha dato conto di aver considerato in modo specifico gli elementi di fatto offerti dal contribuente e decisivi ai fini della decisione della controversia, tenuto conto che dall’esame della sentenza non risulta che i proventi richiamati dal contribuente siano stati oggetto di contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria. Nulla dice infatti la CTR in ordine ai redditi da lavoro dipendente, né in ordine all’imposta sostitutiva calcolata sul TFR e il conseguente e relativo conguaglio. Ancora nulla è dato evincere dal corpo della sentenza in ordine allo smobilizzo del buono postale.

3.2 La CTR non pare pertanto aver fatto buon governo dei principi declinati da questa Corte, che impongono al giudice di merito di valutare le prove offerte dalle parti.

4. Con la seconda censura il ricorrente si duole dell’omesso esame dei motivi decisivi ex art. 360 c.p.c., n. 5; error in procedendo ex art. 360 c.p.c., n. 4. In sostanza, censura gli errori procedurali in cui sarebbe incorsa la CTR, la quale avrebbe vagliato solo alcune delle prove escludendone altre, equipollenti, ma senza ragione alcuna.

4.1 Il secondo motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo e del terzo motivo, i quali comportano una nuova valutazione degli elementi di prova da parte del giudice del rinvio.

5. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Campania, Napoli, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo ed il terzo motivo, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 8 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472