Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26391 del 29/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1488-2019 proposto da:

B.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO LONGARINI;

– ricorrente –

contro

C.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TIRSO 90, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI PATRIZI, rappresentata e difesa dagli avvocati SERENELLA MOSCONI, VENANZINA TESEI;

– controcorrente –

avverso la sentenza n. 847/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 05/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ACIERNO.

RILEVATO

che:

1. La Corte di Appello di Perugia, con sentenza n. 847/2018, ha confermato la pronuncia con la quale il Tribunale di Spoleto, in data 27/06/2018, essendo già stata dichiarata la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto da C.C. e B.F., ha posto a carico di quest’ultimo l’obbligo di corrispondere a favore della figlia maggiorenne non economicamente autosufficiente l’assegno di mantenimento nella misura di 370,00 Euro mensili ed, a favore dell’ex coniuge, una somma di 130,00 Euro mensili a titolo di contributo per il pagamento delle spese di locazione per la sua sistemazione abitativa.

2. A sostegno della decisione, la Corte di Appello ha evidenziato la genericità dell’atto di appello del B., in quanto privo di specifiche contestazioni in relazione all’ammontare dell’assegno di mantenimento a favore della figlia di cui chiedeva la riduzione ad Euro 275,00, essendosi questo limitato a richiamare la giurisprudenza in materia di assegno divorzile, senza menzionare alcuna circostanza utile per valutare diversamente l’ammontare dell’assegno stabilito dal primo giudice.

3. Il richiamo alla suddetta giurisprudenza è stato ritenuto inconferente anche rispetto alla statuizione concernente l’obbligo di corresponsione a favore della C. di un importo di 130,00 Euro, in quanto tale somma di denaro trova la sua causale in un mero contributo per il pagamento del canone di locazione ed è sganciato da qualsiasi considerazione in ordine alla disciplina dell’assegno divorzile, non essendo stata prevista neppure la rivalutazione secondo gli indici ISTAT.

4. Avverso la presente sentenza ha proposto ricorso per cassazione B.F.. C.C. si è costituita con controricorso.

CONSIDERATO

che:

5. Con il primo motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 111 Cost., in quanto motivata per relationem senza che il giudice di appello abbia esposto in maniera coincisa i motivi in fatto e in diritto della decisione, ovvero, abbia specificato ed illustrato le ragioni e l’iter logico sotteso alla piena condivisione della sentenza di primo grado.

6. Con il secondo motivo si deduce la violazione o falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5 e dell’art. 112 c.p.c. poiché non esiste una specifica previsione normativa che prevede l’obbligo per uno degli ex coniugi di versare un contributo al pagamento del canone di locazione in favore dell’altro coniuge divorziato. Il ricorrente, richiamando la giurisprudenza di legittimità in materia di assegno divorzile, di cui alla sentenza SU n. 18287 del 2018, evidenzia che la Corte di Appello non ha applicato correttamente i parametri contenuti in tale sentenza ed ha omesso di considerare la circostanza che le parti, nell’ottica di un progetto condiviso, hanno concluso un accordo per l’assegnazione dell’abitazione coniugale in godimento alla C. per un periodo di cinque anni.

7. I motivi non superano il vaglio di ammissibilità per le ragioni che seguono.

7.1. Con riferimento al primo motivo di ricorso, il Collegio ne evidenzia l’inammissibilità dal momento che non è possibile ravvisare alcuna carenza nella motivazione del provvedimento impugnato. Invero, la Corte di Appello ha motivatamente ritenuto generico l’atto di appello, specificando che il ricorrente si è limitato a chiedere la riduzione dell’assegno di mantenimento a favore della figlia maggiorenne non economicamente autosufficiente attraverso un generico richiamo della giurisprudenza susseguitasi in materia di assegno divorzile, senza proporre alcuna specifica contestazione al riguardo ed, oltremodo, senza menzionare alcuna circostanza utile al fine di una differente quantificazione dell’assegno in questione. Per contro, il ricorrente ha formulato genericamente la presente censura, senza fornire alcun elemento concreto in grado di provare la specificità dei motivi di appello e, di conseguenza, scalfire la rado della sentenza impugnata.

5.2. Anche con riferimento alla statuizione concernente il contributo per il canone di locazione della somma di 130,00 Euro in favore della C., la Corte di Appello ha preso in esame la censura contenuta nell’atto di appello ritenendola, tuttavia, generica posto che si è limitata a richiamare la giurisprudenza in materia di assegno divorzile quando, invece, il Tribunale non ha fondato l’obbligo di corresponsione del suddetto contributo sulla disciplina dell’assegno divorzile.

6. Alla luce di quanto appena esposto, è possibile affermare l’inammissibilità anche del secondo motivo di ricorso atteso che il ricorrente insiste nel censurare il capo della sentenza di appello relativo al contributo per il canone di locazione sulla base di un generico richiamo alla giurisprudenza in materia di assegno divorzile, lamentando che il contributo per la locazione non si è fondato sui parametri previsti dalla L. n. 898 del 1970, art. 5, per la quantificazione dell’assegno divorzile. Cosi argomentando, il ricorrente non ha colto la specifica ratio decidendi sottesa alla statuizione, la quale, secondo quanto affermato in entrambi i gradi di merito, è avulsa da qualsiasi considerazione in ordine alla disciplina dell’assegno divorzile.

6.1. Dunque, la censura deve ritenersi generica poiché non contesta l’eventuale mancanza di un titolo astrattamente idoneo a fondare l’obbligo di contribuzione al canone di locazione, bensì la mancata valutazione di criteri normativi, quelli della L. citata, art. 5, che non rilevano nella fattispecie in esame.

7. Ciò determina l’inammissibilità del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della parte controricorrente che liquida in Euro 3.000,00 oltre 100,00, per esborsi, oltre rimborso forfettario al 15% oltre CA e IVA per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dell’Amministrazione ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2021

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