Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26413 del 29/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11502-2020 proposto da:

F.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NANULA VALENTINA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. cronol. 1311/2020 del TRIBUNALE di MILANO, depositato l’11/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA NAZZICONE.

RILEVATO

– che con decreto in data 11.2.2020 il Tribunale di Milano ha respinto il ricorso proposto avverso il provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla competente Commissione territoriale;

– che avverso tale pronuncia ricorre per cassazione il soccombente;

– che l’intimato Ministero dell’interno non ha svolto difese, costituendosi ai soli fini della discussione orale.

CONSIDERATO

– che i motivi vanno come di seguito riassunti:

1) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 9, 10 e 11, per non avere il tribunale rinnovato il colloquio col ricorrente;

2) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, per non avere il tribunale assolto all’onere di cooperazione istruttoria;

3) violazione e falsa applicazione degli art. 5 T.U.I., comma 6, e art. 19 T.U.I., non avendo il tribunale concesso la protezione per motivi umanitari, sebbene egli sia integrato in Italia e la Guinea Bissau abbia una attuale situazione interna non florida;

4) omesso esame di fatto decisivo, non avendo considerato il soggiorno in Libia;

– che il ricorso è inammissibile;

– che il primo motivo addirittura si riferisce ad un diverso provvedimento, atteso che nega la fissazione dell’udienza e dell’audizione del richiedente, al contrario svolte dal giudice del merito, che ne riporta il contenuto dei verbali nell’ambito della esposta motivazione;

– che – quanto in particolare ai rimanenti motivi – il giudice del merito ha ritenuto come i fatti narrati dal richiedente, cittadino della Guinea Bissau, oltre a palesarne la completa inattendibilità ed inveridicità (attese le incongruenze, ivi riportate, afferenti fatti centrali e non di dettaglio, già ravvisate dalla commissione territoriale) non integrino i presupposti del diritto al rifugio e della protezione sussidiaria, né esistendo nel paese una situazione D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), sulla base di completi e recenti rapporti internazionali e fonti riconosciute, esaminati dal giudice, il quale ha svolto un’ampia e dettagliata motivazione, che dà conto della situazione attuale del paese di origine; infine, ha escluso la sussistenza di qualsiasi situazione persino allegata di particolare vulnerabilità, esaminandone la situazione, come dedotta, che neppure in astratto contiene deduzioni che possano rappresentare una particolare vulnerabilità individuale, né i documenti in atti hanno provato alcunché;

– che la stessa assoluta vaghezza caratterizza l’odierno ricorso, ampiamente incentrato su deduzioni generalissime, senza nessuna indicazione neppure quanto alle situazioni soggettive che integrerebbero il presupposto della protezione umanitaria;

– che, dunque, il richiedente neppure in questa sede indica le ragioni della dedotta condizione di vulnerabilità, mentre l’ampia motivazione del provvedimento impugnato palesa come il Tribunale abbia approfonditamente esaminato la situazione del soggetto, ritenendo il racconto: a) non credibile; b) non idoneo comunque, dato il narrato, a rivelare la sussistenza dei presupposti previsti per la concessione della protezione;

– che, pertanto, anzitutto e radicalmente il provvedimento impugnato non ha ritenuto il ricorrente credibile: ed, al riguardo, questa Corte ha chiarito come “In tema di protezione internazionale, l’attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente non esclude l’onere di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. a), essendo possibile solo in tal caso considerare “veritieri” i fatti narrati; la valutazione di non credibilità del racconto, costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziate” (Cass., ord. 30 ottobre 2018, n. 27503) e che “In materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona; qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori” (Cass. 27 giugno 2018, n. 16925; v. pure Cass., ord. 5 febbraio 2019, n. 3340);

– che, oltre a ciò, si rileva come la motivazione del provvedimento impugnato si sia trattenuta sulle condizioni generali della regione di provenienza del ricorrente, operando puntuale riferimento alle accreditate fonti internazionali consultate e ribadendo che non si tratti di territorio dove il livello di violenza è tale per cui un civile è esposto ad un rischio grave indipendentemente da qualsiasi coinvolgimento differenziato e statuendo, pertanto, circa l’insussistenza dei presupposti che debbono necessariamente rilevarsi per il riconoscimento della protezione sussidiaria (Cass. n. 16202/2015);

– che, inoltre, il giudice di merito ha escluso la ricorrenza di situazioni idonee a fondare l’accoglimento della domanda di protezione umanitaria, sul corretto – e conforme alla giurisprudenza di legittimità – presupposto per cui il soggetto è non credibile, e del resto non è dimostrato nessun radicamento, né sono addotte ragioni di speciale vulnerabilità;

– che neppure coglie nel segno il quarto motivo, che denunzia l’omesso esame del periodo trascorso in Libia, al contrario oggetto di valutazione sin dall’esordio del provvedimento impugnato, laddove dichiara di doversi tenere conto della provenienza dalla Guinea, unico paese rispetto al quale, “valutati i fatti e la condizione personale del richiedente, deve essere esaminato il rischio connesso ad un eventuale rimpatrio”; dovendo, altresì, al riguardo ricordare il principio consolidato, secondo cui l’allegazione da parte del richiedente che in un paese di transito (nella specie la Libia) si consumi la violazione dei diritti umani, senza evidenziare quale connessione vi sia tra il transito attraverso quel paese ed il contenuto della domanda, costituisce circostanza irrilevante ai fini della decisione (Cass. 6 dicembre 2018, n. 31676; Cass. 6 febbraio 2018, n. 2861), e non certamente fatto decisivo;

– che, in conclusione, avendo il giudice del merito compiutamente approfondito l’esame in fatto della situazione nel rispetto dei principi enunciati da questa Corte in materia ed esponendo le ragioni per le quali ha reputato il richiedente privo dei requisiti idonei al riconoscimento dello status, nessuna censura può essere promossa in questa sede, trattandosi, per l’appunto, di valutazioni fattuali non sindacabili dinanzi al giudice di legittimità;

– che non è necessario provvedere sulle spese.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2021

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