LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRO Massimo – Presidente –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14422-2020 proposto da:
K.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BRUNO BUOZZI 68, presso lo studio dell’avvocato LUCA ZANACCHI, rappresentato e difeso dall’avvocato FEDERICA MONTANARI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
contro
COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI BOLOGNA SEZIONE FORLI’ CESENA;
-intimata –
avverso il decreto n. cronol. 3080/2020 del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositato il 04/05/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 20/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA NAZZICONE.
RILEVATO
– che è proposto ricorso avverso il decreto del 4 maggio 2020, con il quale il Tribunale di Bologna ha respinto l’opposizione al diniego, da parte della competente Commissione territoriale, della domanda di protezione internazionale o umanitaria;
– che non spiega difese l’amministrazione intimata, la quale si è costituita al solo scopo di partecipare all’eventuale discussione della causa, senza formulare deduzioni;
– che il ricorrente ha prodotto memoria.
CONSIDERATO
– che i documenti prodotti insieme alla memoria sono nuovi e inammissibili, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., potendo prodursi solo quelli relativi a questioni processuali, riguardanti la nullità della sentenza impugnata o l’ammissibilità del ricorso e del controricorso;
– che i motivi deducono:
1) violazione e falsa applicazione dell’art. 10 Cost., comma 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 14,17, del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 32, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e art. 19, comma 1, della Convenzione di Ginevra sulla protezione dei rifugiati, art. 33, in quanto il tribunale non ha concesso la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, sebbene il richiedente sia stato ritenuto credibile, e sussistessero, nella specie, tutti i presupposti di legge;
2) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e art. 19, comma 1, della Convenzione di Ginevra sulla protezione dei rifugiati, art. 33, in quanto il tribunale non ha concesso la protezione umanitaria, sebbene egli abbia trascorso un periodo in Libia, dove è transitato, e dove le condizioni sono traumatiche;
3) violazione degli artt. 2 e 35 Cost., ed omesso esame di fatto decisivo, quanto alla protezione umanitaria, perché egli è in condizioni di vulnerabilità;
– che il tribunale ha ritenuto come le dichiarazioni dell’istante possano ritenersi veritiere, ma esse neppure in astratto integrano i presupposti per la protezione internazionale, dato che non allega il rischio di fatti di persecuzione D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 8, né il danno grave di cui alle lett. a) e b) di tale testo, né, del pari, sussistono in concreto le situazioni di cui alla lett. c), nella sua regione di provenienza, come risulta da ampia documentazione esaminata; che non vi sono i presupposti della protezione umanitaria, in quanto non risultano violati ivi i diritti umani fondamentali, quale statuto della dignità personale, avendo in loco egli la sua famiglia, e potendo lavorare come sarto o muratore, secondo la pregressa esperienza acquisita, onde non vi è la concreta situazione di vulnerabilità cui è sottoposta la figura;
– che tutti i motivi si palesano inammissibili;
– che, infatti, il tribunale ha escluso, sulla base delle stesse allegazioni del richiedente, la sussistenza di ragioni tali da comportare – alla stregua della normativa sulla protezione internazionale – per il richiedente un pericolo di un grave pregiudizio alla persona, in caso di rientro in Patria, per la vicenda narrata, la quale, pur credibile, si pone come tale al di fuori dai presupposti per l’applicazione della protezione sussidiaria, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14 (cfr. Cass., 15 febbraio 2018, n. 3758);
– che, appunto, nel caso di specie il giudice di merito non ha ritenuto non credibile la narrazione dei fatti, ma ha accertato l’estraneità della narrazione al regime della protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria: e tali rilievi, motivatamente operati dal giudice del merito, escludono in radice il riconoscimento dello status di rifugiato e la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b);
– che, con riguardo alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), la proposizione del ricorso al tribunale nella materia della protezione internazionale dello straniero non si sottrae all’applicazione del principio di allegazione dei fatti posti a sostegno della domanda, sicché il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass., 28 settembre 2015, n. 19197; Cass., 28 giugno 2018, n. 17069): nel caso concreto, il giudice del merito ha accertato che, sulla base di notizie attinte da siti internazionali aggiornati (EASO-COI), sono assenti situazioni di violenza e di violazioni dei diritti umani nella zona di provenienza dell’istante (Bangladesh);
– che l’allegazione da parte del richiedente che in un paese di transito (nella specie la Libia) si consumi la violazione dei diritti umani, senza evidenziare quale connessione vi sia tra il transito attraverso quel paese ed il contenuto della domanda, costituisce circostanza irrilevante ai fini della decisione (Cass. 6 dicembre 2018, n. 31676; Cass. 6 febbraio 2018, n. 2861);
– che, quanto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, secondo la disciplina previgente, applicabile rati one temporis (Cass., 19 febbraio 2019, n. 4890), la censura è inammissibile, risolvendosi per buona parte in una disamina teorica del regime giuridico di tale forma di protezione, e per il resto nel tentativo di ripetere un giudizio sul fatto, ampiamente esposto e motivato dal tribunale;
– che non occorre provvedere sulle spese.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto, ove dovuto, per il ricorso a nomina dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2021