LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRO Massimo – Presidente –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22000-2020 proposto da:
CREDITO EMILIANO SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DARDANELLI 46, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPINA VENUTI, rappresentata e difesa dall’avvocato ROBERTO REGGIANI;
– ricorrente –
contro
C.C., M.M.F., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ALBERTO MARIO 24, presso lo studio dell’avvocato MARIA LONGO, rappresentati e difesi dall’avvocato MARIA RAFFAELLA TIZIANA CESAREO;
– resistenti –
per regolamento di competenza avverso l’ordinanza n. 7404/2014 del TRIBUNALE di FOGGIA, depositata il 21/07/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 20/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA NAZZICONE;
lette le conclusioni scritte del SOSTITUTO PROCURATORE GENERALE DOTT. CARDINO ALBERTO che chiede che codesta Suprema Corte voglia dichiarare inammissibile il proposto regolamento di competenza.
RILEVATO
– che il Credito Emiliano s.p.a. ricorre, con un motivo, proponendo istanza di regolamento di competenza avverso il provvedimento del Tribunale di Foggia reso con ordinanza riservata assunta il 19 giugno 2020, con la quale ha respinto l’eccezione di incompetenza, dichiarato chiusa la fase istruttoria e rinviato la causa per la discussione e la decisione, autorizzando le parti al deposito di memorie conclusive, nel giudizio pendente innanzi a sé, iscritto al n. R.G. 7404/2014;
– che si sono difesi i contro ricorrenti;
– che il P.G. ha rassegnato le proprie conclusioni così come da atti.
RITENUTO
– che la banca ricorrente si duole della violazione degli artt. 1341,1342 c.c., art. 33,34 c.d.c., per avere il giudice di merito trattenuto la causa presso di sé, sulla base di una disciplina inapplicabile, essendo stato il contratto concluso da imprenditori e non da consumatori, onde la deroga alla competenza territoriale in favore del Tribunale di Reggio Emilia, prevista nelle conclusioni generali di contratto di conto corrente, è valida ed efficace; la ricorrente ha reso noto, altresì, che è poi sopravvenuta la sentenza del medesimo tribunale, che ha respinto le domande degli attori, ma di mantenere interesse alla decisione;
– che il Tribunale ha, nell’ordinanza ora impugnata, assunta il 19 giugno 2020, respinto l’eccezione di incompetenza, dichiarato “chiusa la fase istruttoria” e rinviato la causa per la discussione e la decisione ex art. 181-sexies c.p.c.; che, quindi, con sentenza del 16 luglio 2020 ha respinto la domanda proposta dai clienti nei confronti del Credito Emiliano s.p.a., liquidando le spese;
– che, inoltre, le conclusioni delle parti, riportate a verbale e ritrascritte dalla sentenza, concernono ancora la questione della competenza, mentre la stessa sentenza richiama le proprie precedenti argomentazioni sul punto;
– che, in sostanza, ciò deve ritenersi un nuovo esercizio di potestà in tema di competenza;
– che, pertanto, il ricorso è inammissibile;
– che, infatti, le Sezioni unite hanno statuito (Cass., ord., sez. un., 29 settembre 2014, n. 20449), come “Anche dopo l’innovazione introdotta dalla novella di cui alla L. 18 giugno 2009 n. 69, in relazione alla forma della decisione sulla competenza (da adottarsi, ora, con ordinanza anziché con sentenza), il provvedimento del giudice adito (nella specie monocratico), che, nel disattendere l’eccezione d’incompetenza, confermi la propria competenza e disponga la prosecuzione del giudizio davanti a sé, è insuscettibile d’impugnazione con regolamento di competenza ex art. 42 c.p.c., ove non preceduto dalla rimessione della causa in decisione e dal previo invito alle parti a precisare le rispettive integrali conclusioni anche di merito; ciò con la sola eccezione che il giudice del merito, pur avendo affermato la propria competenza senza previa rimessione della causa in decisione mediante invito alle parti a precisare le rispettive conclusioni, anche di merito, lo abbia fatto, conclamando in termini di assoluta oggettiva inequivocità e incontrovertibilità l’idoneità della propria determinazione a risolvere definitivamente, davanti a sé, la questione di competenza”;
– che, invero, il giudice unico, che assomma in sé le funzioni di istruzione e di decisione, quando ritenga di emettere una decisione definitiva sulla competenza, è tenuto, ai sensi degli artt. 187 e 281-bis c.p.c., ad invitare le parti a precisare le conclusioni, in tal modo scandendo la separazione fra la fase istruttoria e quella di decisione, non potendosi ritenere che una qualunque decisione assunta in tema di competenza implichi per il giudice l’esaurimento della potestas iudicandi sul punto;
– che in tal senso occorre, pertanto, ribadire il principio già enunciato da questa Corte (Cass. 7 giugno 2018, n. 5354, non massimata; ne già es. Cass., sez. un., n. 11657/2008 e n. 20449/2014; Cass. n. 25883/2010, n. 16005/2011, n. 16051/2013, n. 24509/2013, n. 2376/2014, n. 21561/2015, n. 20608/2016; n. 1615/2017);
– che, dunque, l’ordinanza, con cui il giudice abbia disposto la prosecuzione del giudizio, fissando l’udienza per la precisazione delle conclusioni, non possieda la natura ed i requisiti di una statuizione irretrattabile sulla competenza, suscettibile di pregiudicare la decisione della causa, onde avverso una simile ordinanza non è ammissibile la richiesta di regolamento di competenza (cfr. Cass. 18 aprile 2019, n. 10957);
– che, invero, nella specie non si tratta di una decisione definitiva sulla competenza, ma di mera ordinanza resa nel corso dell’istruttoria, senza che ciò abbia reso irrevocabile ed immodificabile detta decisione sulla competenza, né la medesima suscettibile di pregiudicare la decisione della causa, onde poteva il giudice diversamente decidere nella sentenza, che ha definito il grado, e le parti impugnare la relativa statuizione alla stregua degli ordinari mezzi di impugnazione;
– che, in conclusione, al provvedimento indicato non può riconoscersi natura di decisione sulla competenza ed il ricorso ex art. 42 c.p.c., deve essere dichiarato inammissibile;
– che le spese seguono la soccombenza.
PQM
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento, in favore solidale dei controricorrenti, delle spese del giudizio, liquidate in Euro 2.600,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2021