Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.26443 del 29/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19418/2015 proposto da:

T.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO NATALE;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati SERGIO PREDEN, LUIGI CALIULO, ANTONELLA PATTERI, LIDIA CARCAVALLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2892/2014 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 17/01/2015 R.G.N. 725/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/04/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCO BUFFA;

il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita, visto il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.

FATTO E DIRITTO

1. Con sentenza del 17.1.15 la corte d’appello di Lecce ha confermato la sentenza del 30.1.12 del tribunale della stessa sede, che aveva rigettato la domanda del signor T. volto ad ottenere la pensione indiretta in relazione alla defunta moglie, per difetto dei requisiti contributivi.

2. In particolare, la corte territoriale, non esaminando il motivo d’appello relativo alla mancanza di decadenza dalla domanda, ha ritenuto applicabile solo in favore della de cuius (e non anche del coniuge che chiedeva la pensione indiretta e dunque operava iure proprio) il principio di neutralizzazione dei periodi di sospensione del rapporto assicurativo previdenziale derivanti da situazioni impeditive, quali la malattia di lunga durata D.P.R. n. 818 del 1957, ex art. 3.

3. Avverso tale sentenza ricorre l’assistita per due motivi, cui resiste l’Inps con controricorso.

4. Con il primo motivo si deduce violazione del D.P.R. n. 818 del 1957, art. 37, per aver trascurato che l’assistito agiva in nome proprio, ma sulla base di una della posizione assicurativa della dante causa.

5. Con il secondo motivo di ricorso si deduce vizio di motivazione in relazione al D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, per avere ritenuto applicabile la decadenza sostanziale a pensione per la quale la domanda era stata precedente rispetto all’entrata in vigore del D.L. n. 98 del 2011.

6. Il primo motivo è fondato.

7. Se il diritto dei superstiti al trattamento pensionistico indiretto è del tutto autonomo rispetto al diritto alla pensione spettante all’assicurato, e pertanto, alla morte di quest’ultimo, non entra a far parte dell’asse ereditario, ma è acquisito dai supersiti jure proprio (così Cass. Sez. L sentenza n. 25858 del 16.10.2018; in precedenza, altresì Cass. Sez. 2, n. 1294 del 7.5.94, Sez. L n. 593 del 24.1.1984, n. 12034 del 6.11.1992, n. 17077 del 22.8.2005, n. 23569 del 12.9.08), è pur vero che la prestazione è richiesta sulla base della posizione assicurativa del dante causa, sicché da quest’ultima trae le condizioni di maturazione.

8. Infatti, come ricordato da Cass. Sez. L, Sentenza n. 3519 del 27/04/1990 (Rv. 466859 – 01), nel vigente sistema previdenziale i tre rischi della vecchiaia, della invalidità e della morte dell’assicurato o del pensionato sono conglobati in un’unica forma assicurativa e il versamento dell’unitaria contribuzione sopperisce contemporaneamente, oltre che alla pensione di vecchiaia e di invalidità, anche a quella per i superstiti (pensione indiretta), il cui diritto, condizionato al verificarsi del decesso dell’assicurato, matura parallelamente e insieme al diritto alle altre pensioni e sotto gli stessi presupposti (vedi in questo senso Cass. 8 gennaio 1980, n. 157; Cass. 23 giugno 1971, n. 1994; Cass. 1 giugno 1965, n. 1171).

La ragione di tale disciplina unitaria dipende dal fatto che l’assicurazione obbligatoria ha la funzione di tutelare i soggetti protetti in una situazione di bisogno, che nel caso della pensione ai superstiti coincide con la morte del capofamiglia.

9. I requisiti soggettivi richiesti dalla legge per il conseguimento della pensione indiretta (per quella di reversibilità non sorge problema alcuno, perché essa deriva dalla posizione già di pensionato del capo famiglia deceduto) sono dunque gli stessi richiesti dalla legge per l’attribuzione del diritto alla pensione di invalidità o vecchiaia, solo che a quest’ultimi eventi si sostituisce quello della morte dell’assicurato.

10. Nella specie, la dante causa del ricorrente pacificamente era nella situazione (la malattia di lunga durata D.P.R. n. 818 del 1957, ex art. 3) in relazione alla quale poteva astrattamente operare la neutralizzazione dei periodi di sospensione del rapporto assicurativo previdenziale derivanti da situazioni impeditive (in tema, con specifico riferimento alla malattia di lunga durata, Cass. Sez. L, sentenza n. 26667 del 22.10.18; nonché, più in generale, Sez. L, Sentenza n. 166 del 08/01/2009, Rv. 606190 – 01; Sez. L, Sentenza n. 3826 del 16/04/1999, Rv. 525482 – 01).

11. Il motivo va quindi accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata.

12. Poiché la corte d’appello non ha verificato in concreto la ricorrenza delle condizioni per l’applicazione del principio di neutralizzazione e dei relativi effetti in ordine al beneficio della prestazione richiesta – come dalla sentenza espressamente dichiarato – la causa va rinviata alla stessa corte d’appello in diversa composizione al fine di effettuare la detta verifica, ed anche per le spese del giudizio di legittimità.

13. Il secondo motivo resta invece assorbito, atteso che la questione delle decadenza (che non può che riguardare i soli ratei della prestazione pensionistica oggetto di prima liquidazione) è successiva alla questione della configurabilità del diritto alla liquidazione della prestazione di reversibilità, e considerato altresì che sul motivo di appello relativo alla detta questione la corte territoriale non si è pronunciata.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla corte d’appello di Lecce in diversa composizione per un nuovo esame ed anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2021

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