LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3184/2020 proposto da:
M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SPINOZA 10, presso lo studio dell’avvocato MARIA PIA DE SIMONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MANUELA AGNITELLI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ROMA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– resistente con mandato –
avverso il decreto n. cronologico 26036/2019 del TRIBUNALE di ROMA, depositato il 19/11/2019 R.G.N. 78617/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 22/04/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.
RILEVATO
Che:
1. con decreto n. 26036/2019 il Tribunale di Roma ha respinto il ricorso proposto da M.A. (alias F.A.), cittadino del Balngladesh, avverso il provvedimento di rigetto della domanda di protezione internazionale, umanitaria e sussidiaria da parte della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale;
2. dal decreto si evince che i richiedente ha motivato l’allontanamento dal paese di origine con le minacce ricevute per avere assistito all’omicidio del proprio datore di lavoro, titolare di un laboratorio di fotografia, essendo gli autori dell’omicidio originari del suo stesso villaggio; non aveva denunziato il fatto alla polizia perché gli assassini erano persone molto ricche e importanti; il padre gli aveva pagato il viaggio verso la Libia dove aveva trovato lavoro come muratore senza tuttavia essere retribuito per cui decideva di imbarcarsi alla volta dell’Italia;
3. il Tribunale, premessa la scarsa credibilità del racconto del ricorrente, ha osservato quanto alla domanda di riconoscimento dello status di rifugiato che non erano stati offerti elementi che avvalorassero l’espatrio con persecuzioni legate a motivazioni latamente politiche o riconducibili agli altrui aspetti previsti dalla Convenzione di Ginevra ratificata in Italia con L. n. 722 del 1954; ha negato i presupposti per la protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a), b) e c), sia riguardo alla situazione soggettiva del richiedente che ha riferito solo di minacce verbali sia riguardo alla situazione complessiva in quanto le informazioni reperibili relative all’area di provenienza escludevano una situazione di violenza generalizzata frutto di conflitto armato interno; all’esito di una valutazione comparativa tra i due contesti di vita, in Italia e in Bangladesh, tenuto conto dei legami familiari in patria ha escluso i presupposti anche della protezione umanitaria;
per la cassazione della decisione ha proposto ricorso M.A. (alias F.A.) sulla base di quattro motivi; il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.
CONSIDERATO
Che:
1. con il primo motivo parte ricorrente deduce violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2 e art. 11, lett. e) ed f) e illogica e contraddittoria motivazione in relazione al rigetto della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato; in particolare si critica la valutazione di non credibilità del racconto fatto dal richiedente;
2. con il secondo motivo deduce violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 1, lett. c) e art. 3, comma 3, lett. a, artt. 2, 3, 5, 8, 9 CEDU e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1 bis, censurando il rigetto della domanda di protezione sussidiaria che assume effettuato in difetto di adeguata istruttoria e senza alcuna valutazione circa la sussistenza del danno;
3. con il terzo motivo deduce violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 1 e art. 3, comma 3, lett. a) e b), artt. 3 e 7 CEDU in relazione in D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 4, comma 1, lett. c) e art. 3, comma 3, lett. a, artt. 2, 3, 5, 8, 9 CEDU, censurando il rigetto della domanda di protezione sussidiaria in quanto fondato sulla base di un giudizio prognostico, futuro ed incerto e non sullo stato effettivo ed attuale del Paese di origine;
4. il primo motivo di ricorso è inammissibile. Il rigetto della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato è stato collegato alla non credibilità del narrato e comunque al fatto che anche ove credibile, dal racconto del richiedente non emergeva alcuna correlazione tra l’espatrio e situazione di persecuzione riconducibile ai fattori che in base alle possibili persecuzioni per motivazioni latamente politiche o riconducibili ad altri aspetti della Convenzione di Ginevra; tale ultima affermazione, configurante, nel contesto argomentativo destinato a sorreggere il decisum, autonoma ratio decidendi non è stato in alcun modo investito dalle censure articolate con il motivo in esame, censure incentrate sulla critica alla valutazione di non credibilità;
5. il secondo ed il terzo motivo di ricorso, trattati congiuntamente per connessione, sono fondati;
5.1. secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte il riferimento, operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, alle fonti informative privilegiate deve essere interpretato nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione. A tal fine, il giudice di merito è tenuto a indicare l’autorità o l’ente da cui la fonte consultata proviene e la data o l’anno di pubblicazione, in modo da assicurare la verifica del rispetto dei requisiti di precisione e aggiornamento previsti dal richiamato art. 8, comma 3, del predetto D.Lgs., nonché dell’idoneità delle C.O.I. in concreto consultate a quanto prescritto dalla norma da ultimo richiamata (v. tra le altre, Cass. 4557/2021, 1777/2021, 13452/2019, Cass. 13449/2019);
5.2. il decreto impugnato non è conforme con tali prescrizioni in quanto nell’escludere la esistenza di una situazione di violenza generalizzata determinata da conflitto armato nel paese di provenienza del richiedente si è limitato ad un riferimento, assolutamente generico, ad ” informazioni reperibili sulla zona di provenienza” senza offrire alcun elemento identificativo circa la fonte utilizzata e senza riportarne il relativo contenuto destinato ad avvalorare la informazione asseritamente tratta;
6. all’accoglimento dei motivi in esame consegue la cassazione con rinvio della decisione, con effetto di assorbimento del quarto motivo di ricorso;
7. al giudice del rinvio è demandato il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo, dichiara inammissibile il primo motivo, assorbito il quarto; cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità al Tribunale di Roma, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 22 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2021