LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –
Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3259-2020 proposto da:
K.L., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO SASSI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, – Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Salerno – Sezione di Campobasso, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– resistente con mandato –
avverso il decreto n. cronologico 2638/2019 del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il 25/11/2019 R.G.N. 1911/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/04/2021 dal Consigliere Dott. MATILDE LORITO.
RILEVATO
CHE:
K.L. cittadino della *****, chiedeva alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25:
a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra del 28/7/1951 ratificata con L. n. 722 del 1954;
b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” D.Lgs. n. 251 del 2008, ex art. 14;
c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis);
la Commissione Territoriale rigettava l’istanza;
avverso tale provvedimento ò proponeva ricorso dinanzi al Tribunale di Campobasso, che ne disponeva il rigetto;
a fondamento della decisione assunta, il Collegio di merito evidenziava l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento di tutte le forme di protezione internazionale invocate dal ricorrente, tenuto conto che il narrato, del tutto carente di dettagli, atteneva a vicende di natura personale e come tali irrilevanti, in quanto eccentriche rispetto al perimetro della tutela assicurata dalla Protezione Internazionale;
non sussistevano i presupposti per l’applicazione della tutela sussidiaria, non essendo riscontrabili situazioni di violenza indiscriminata, derivante da conflitto interno, come desumibile dall’ultimo rapporto di Amnesty International 2017/2018;
quanto al permesso di soggiorno per motivi umanitari, non ricorreva alcuno stato di patologico di rilievo né alcuna condizione di vulnerabilità che ne giustificasse il rilascio (non essendo al riguardo significativa la conclusione di rapporti di lavoro di natura occasionale nel Paese di accoglienza);
in considerazione della manifesta infondatezza del ricorso, dichiarava l’insussistenza dei presupposti per l’ammissione al gratuito patrocinio ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 74 comma 2 e art. 136, comma 2;
il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione con ricorso fondato su quattro motivi;
il Ministero dell’Interno, non costituito nei termini di legge con controricorso, ha depositato atto di costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea.
CONSIDERATO
CHE:
1. con il primo motivo, si denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;
si critica la statuizione con la quale è stata rigettata la domanda di protezione internazionale sulla base di informazioni di ordine generale assunte dal Rapporto di Amnesty International 2017/2018;
si deduce l’insufficienza del generico riferimento a fonti internazionali che attesterebbero l’assenza di conflitti nei Paesi di provenienza, a fondare la reiezione della domanda, sussistendo un dovere di cooperazione che impone al giudicante di accertare la reale situazione in cui versano i Paesi di provenienza;
2. il secondo motivo attiene alla violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8,D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 1, lett. e) e g), artt. 3, 14 e 16 nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio; ci si duole che il Tribunale non abbia esaminato la storia della persecuzione politica subita oggetto del narrato, che lo avrebbe esposto a persecuzione e prigionia, e che integrava i presupposti per la concessione della protezi-one internazionale;
si rimarca la sussistenza anche dei presupposti della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008 tenuto conto del fatto che la situazione in ***** risulta caratterizzata da crescente insicurezza, per l’elevato rischio di attentati terroristici nonché di violazione del diritti umani;
3. con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio;
si deduce la carenza nella decisione di ogni valutazione in ordine ad una possibile violazione dei diritti fondamentali del soggetto, così come di un accertamento in ordine alla sussistenza di condizioni idonee a garantire al richiedente rimpatriato, una esistenza libera e dignitosa nel proprio Paese;
4. i primi tre motivi, che possono congiuntamente trattarsi per presupporre la soluzione di questioni giuridiche connesse, sono fondati entro i termini che si vanno ad esporre;
il Giudice di merito, invero, con motivazione apparente, ha escluso il riconoscimento della protezione internazionale, in base alle argomentazioni riportate nello storico di lite, omettendo di fare specifico riferimento alle fonti internazionali e tralasciando di considerare la situazione personale del richiedente;
in tal senso ha vulnerato i principi in tema affermati da questa Corte, ed ai quali va data continuità, alla stregua dei quali, in tema di protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c), il potere-dovere di indagine d’ufficio del giudice circa la situazione generale esistente nel Paese d’origine del richiedente, va esercitato dando conto, nel provvedimento emesso, delle fonti informative attinte, in modo che sia possibile verificarne anche l’aggiornamento;
rispetto alle ipotesi di pericolo integrante la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. b) e c), il giudice del merito è tenuto ad un aggiornamento informativo riferito alla situazione attuale al fine di verificare se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente ed astrattamente sussumibile in entrambe le tipologie tipizzate di rischio, sia sussistente al momento della decisione (vedi in motivazione Cass. 16/7/2015 n. 14998);
e’ stato, poi, considerato, in linea generale, che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero richiedente l’accertamento dei presupposti per la protezione internazionale, mentre costituisce, di regola, un” apprezzamento di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice del merito, in applicazione dei canoni di ragionevolezza e dei criteri generali di ordine presuntivo, è censurabile in cassazione, sotto il profilo della violazione di legge, in tutti casi in cui la valutazione di attendibilità non sia stata condotta nel rispetto dei canoni legalmente predisposti di valutazione della credibilità del dichiarante (così come formalmente descritti dal D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5);
l’esercizio officioso del potere d’indagine riservato al giudice della protezione internazionale, neanche trova ostacolo nella non credibilità delle dichiarazioni rese dal richiedente stesso riguardo alla propria vicenda personale, sempre che il giudizio di non credibilità non investa il fatto stesso della provenienza dell’istante dall’area geografica interessata alla violenza indiscriminata che fonda tale forma di protezione (cfr. Cass. 6/7/2020 n. 13940, Cass. 29/5/2020, n. 10286; Cass. 24/5/2019 n. 14283; Cass. 25/7/2018 n. 19716; Cass. 28/6/2018 n. 17069; Cass. 16/7/2015 n. 14998);
in ossequio ai principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte (vedi Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 7/4/2014), si è affermato che ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi, di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. n. 9105 del 2017);
e questo è quanto avvenuto nella specie in base alle considerazioni innanzi esposte;
5. con il quarto motivo è denunciata violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 74, comma 2 e art. 136, comma 2;
si critica la statuizione con la quale il Collegio di merito ha dichiarato la manifesta infondatezza del ricorso, in considerazione del fatto che erano supportati da documentazione e fonti accreditate che ben avrebbero potuto essere consultate nell’esercizio dei poteri istruttori officiosi ad essa attribuiti;
6. il motivo non è ammissibile;
questa Corte, in numerosi approdi, ha affermato che in tema di patrocinio a spese dello Stato nei processi civili, la competenza a provvedere sulla revoca del provvedimento di ammissione a detto patrocinio in relazione al giudizio di cassazione spetta al giudice del rinvio ovvero – per le ipotesi di definizione del giudizio diverse dalla cassazione con rinvio – al giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato; quest’ultimo, ricevuta copia della sentenza della Corte di cassazione ai sensi dell’art. 388 c.p.c., è tenuto a valutare la sussistenza delle condizioni previste dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136 per la revoca dell’ammissione (vedi Cass. S.U. 20/2/2020 n. 4315, Cass. 28/7/2020 n. 16117);
in definitiva, alla stregua delle sinora esposte considerazioni, il ricorso va accolto entro i limiti descritti e la causa rinviata al giudice designato in dispositivo il quale provvederà a scrutinare la fattispecie alla luce dei principi innanzi enunciati, provvedendo anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi tre motivi per quanto di ragione, dichiara inammissibile il quarto motivo; cassa la pronuncia impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia al Tribunale di Campobasso in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 28 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2021