LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24945-2019 proposto da:
B.J., rappresentato e difeso dall’avvocato Paolo Tacchi Venturi;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, ope legis domiciliato in Roma, Via Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso il decreto del Tribunale di Venezia, depositata il 13/12/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/11/2020 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte;
RILEVATO
che:
– B.J., cittadino della *****, ricorre per cassazione avverso il decreto di diniego della protezione sussidiaria e di quella umanitaria emesso a seguito di impugnazione della decisione della competente Commissione territoriale;
– a sostegno delle domande di protezione ha allegato di provenire dall'*****, nella parte ovest della *****, e di essere rimasto orfano quando aveva 7 anni; ha narrato che il fratello faceva parte di un gruppo che per protesta contro il governo rompeva le pompe di estrazione del petrolio e che una notte durante una di queste proteste il fratello aveva ucciso un soldato; ha riferito che dopo questo fatto aveva perso i contatti con il fratello con il quale dopo alcuni mesi era tuttavia scappato dalla ***** alla volta della Libia; lì avevano lavorato tosando animali per un arabo per guadagnare i soldi per l’Italia verso la quale si era imbarcato da solo poiché il fratello era stato ucciso a Tripoli; ha dichiarato di temere di essere ucciso in caso di rimpatrio in ***** dove è consentito uccidere tutta la famiglia se un suo membro compier atti contro un soldato;
– il tribunale veneziano, dopo aver ascoltato il richiedente asilo che aveva sostanzialmente confermato quanto dichiarato in sede amministrativa salvo alcune contraddizioni, aveva escluso la credibilità del racconto e, quindi, la sussistenza delle condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato così come della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b); il tribunale aveva inoltre escluso la protezione sussidiaria ai sensi dell’art. 14, lett. c) D.Lgs. cit. perché il richiedente proviene da uno stato della ***** interessato da un conflitto definito dalle fonti di c.d. bassa intensità; infine, ha escluso la protezione umanitaria non ravvisando specifiche situazioni di vulnerabilità in capo al richiedente asilo;
– la cassazione del decreto impugnato è chiesta sulla base di 4 motivi cui resiste con controricorso l’intimato Ministero dell’Interno.
CONSIDERATO
che:
– con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, nullità della sentenza per motivazione apparente/inesistente in relazione al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3, al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, al D.P.R. n. 394 del 1999, artt. 11 e 29 al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3 bis, per avere il giudice del merito negato la protezione umanitaria nonostante l’allegazione della complessità della situazione personale del richiedente che l’aveva determinato ad abbandonare il paese d’origine;
– assume il ricorrente che il tribunale avrebbe omesso di formulare una valutazione individuale specifica e concreta delle sue condizioni personali;
– la censura è inammissibile;
– il collegio veneziano ha motivato il diniego dell’umanitaria in relazione alla situazione soggettiva del richiedente asilo, ricostruita alla luce della ritenuta non attendibilità delle dichiarazioni rese dallo stesso rese sulle ragioni della fuga dalla ***** e sull’esperienza patita in Libia che nonostante l’oggettiva traumaticità egli ha riferito in termini generici;
– inoltre il tribunale veneziano ha ritenuto mancante una comprovata condizione di vulnerabilità personale anche con riguardo alle condizioni di salute, non ritenendo sufficiente il documento prodotto, risalente all’anno 2016, e certificante una verosimile diagnosi di scabbia;
– si tratta, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, di valutazioni individuali e specifiche, motivate con riferimento ai parametri normativi che debbono essere considerati ai fini della verifica della sussistenza dei seri motivi umanitari e che il ricorrente non ha contestato, limitandosi a ribadire la sua situazione personale ed il timore di rientrare in *****;
– con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 116 c.p.c., comma 1, del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3;
– assume il ricorrente che il tribunale avrebbe violato l’applicazione dei principi che governano il sistema probatorio nell’ambito dei giudizi di protezione internazionale e che comportano l’attenuazione dell’onere probatorio ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5;
– la censura è inammissibile perché la domanda risulta essere stata esaminata dal collegio veneziano secondo il procedimento delineato dal D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, e dal D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, e il giudice ha spiegato le ragioni di instrinseca non plausibilità della circostanza riferita alla partecipazione alla rottura per protesta delle pompe di petrolio, dapprima esclusa e poi confessata, così come salta inattendibilità estrinseca della dichiarazioni là dove ha riferito che in ***** la responsabilità per la morte di un soldato ricade sull’intersa famiglia dell’uccisore, circostanza non riscontrata dalle fonti (cfr. pag. 2 e 3 del decreto impugnato); – ebbene, è stato chiarito che in materia di protezione internazionale, una volta esclusa la credibilità intrinseca della narrazione offerta dal richiedente asilo alla luce di riscontrate contraddizioni, lacune e incongruenze, non deve procedersi al controllo della credibilità estrinseca – che attiene alla concordanza delle dichiarazioni con il quadro culturale, sociale, religioso e politico del Paese di provenienza, desumibile dalla consultazione di fonti internazionali meritevoli di credito poiché tale controllo assolverebbe alla funzione meramente teorica di accreditare la mera possibilità astratta di eventi non provati riferiti in modo assolutamente non convincente dal richiedente (cfr. Cass. 16925/2018; id. 24575/2020);
– nel caso di specie, il tribunale è andato oltre tale orientamento interpretativo, procedendo d’ufficio alla verifica dell’attendibilità estrinseca del racconto, e la censura come formulata dal ricorrente non si confronta con tale modus procedendi con la conseguenza che ne va ribadita l’inammissibilità;
– con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, comma 10 e 11, dell’art. 50 bis c.p.c., e dell’art. 16 della direttiva UE 32/2013, per avere il tribunale delegato ad un giudice onorario, non parte del collegio giudicante l’esame del ricorrente, venendo quindi meno la necessaria diretta percezione e vicinanza gli elementi essenziali del racconto;
– la censura è inammissibile perché nel decreto impugnato non vi sono riferimenti a questioni sollevate in merito all’audizione delegata, che appare pertanto nuova;
– peraltro, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che non è affetto da nullità il procedimento nel cui ambito un giudice onorario di tribunale, su delega del giudice professionale designato per la trattazione del ricorso, abbia proceduto all’audizione del richiedente la protezione ed abbia rimesso la causa per la decisione al collegio della Sezione specializzata in materia di immigrazione, atteso che, ai sensi del D.Lgs. n. 116 del 2017, art. 10, commi 10 e 11, tale attività rientra senza dubbio tra i compiti delegabili al giudice onorario in considerazione della analogia con l’assunzione dei testimoni e del carattere esemplificativo dell’elencazione ivi contenuta (cfr. Cass. 4887/2020; 7878/2020; Sez. Un. Civ. n. 5425/2021);
– con il quarto motivo di denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), per avere il tribunale veneziano negato la protezione sussidiaria sulla base di fonti informative non idonee;
-la censura è inammissibile poiché il tribunale ha specificamente indicato le fonti informative consultate e risalenti a diversi periodi e sino al 2019 (cfr. pagg. 8 e 9 del decreto);
– da parte sua il ricorrente non ha indicato quali diverse fonti aveva allegato, dalle quali desumere una differente conclusione circa la situazione socio-politica dell'***** dal quale proviene (cfr. Cass. 21932/2020; id. 22769/2020);
– attesa l’inammissibilità di tutti i motivi il ricorso va dichiarato inammissibile;
– nulla va disposto sulle spese perché il controricorso non ha i requisiti minimi di cui all’art. 366 c.p.c., n. 4 richiamati nell’art. 370 c.p.c. ed è quindi inammissibile (cfr. Cass. 5400/2006; 12171/2009; 9983/2019);
– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile, il 5 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2021
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