LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – est. Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
A.S., (codice fiscale *****), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Claudio Defilippi, del Foro di Milano, presso il cui studio è
elettivamente domiciliato in Milano, Corso di Porta Vittoria n. 54;
– ricorrente –
contro
IL MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. *****), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura dello Stato, domiciliata in Roma, via del Portoghesi n. 12;
– intimato –
avverso il decreto del Tribunale di Milano n. 6878/2019, pubblicato il 23/8/2019;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 aprile 2021 dal Presidente, Dott. Giacomo Travaglino.
PREMESSO IN FATTO
– che il signor A., nato in ***** il *****, ha chiesto alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4, ed in particolare:
(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;
(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;
(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis);
– che la Commissione Territoriale ha rigettato l’istanza;
– che, avverso tale provvedimento, egli ha proposto, ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35, ricorso dinanzi al Tribunale di Milano, che lo ha rigettato con decreto reso in data 23 agosto 2019;
– che, a sostegno della domanda di riconoscimento delle cd. “protezioni maggiori”, il ricorrente aveva dichiarato di essere fuggito dal proprio Paese per aver ricevuto minacce di morte a causa del suo culto religioso da parte del proprietario di un terreno che lo aveva ingiustamente accusato di avervi dato fuoco, e di aver appreso, durante il viaggio verso la Libia, dell’assassinio della nonna, della sorella e dei suoi nipoti, nonché della nascita di suo figlio;
– che, in via subordinata, aveva poi dedotto l’esistenza dei presupposti per il riconoscimento, in suo favore, della protezione umanitaria, in considerazione della propria – oggettiva e grave – condizione di vulnerabilità;
– che il Tribunale ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento di tutte le forme di protezione internazionale invocate dal ricorrente, alla luce: 1) della sostanziale inattendibilità del suo racconto, ritenendo sproporzionata e del tutto ingiustificata la pretesa reazione di uno dei proprietari del terreno incendiato, che avrebbe addirittura ucciso sei persone, oltre che generico, non sufficientemente circostanziato e privo dei necessari elementi di riscontro la produzione di un collage di articoli, relativi ad un pluriomicidio di una nonna e di quattro nipoti, che non potevano ritenersi legate alla sua persona né facevano cenno di precedenti dissidi tra l’assassino e le sue vittime; 2) della insussistenza dei presupposti per il riconoscimento tanto dello status di rifugiato, quanto della protezione sussidiaria in ciascuna delle tre forme di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 14, in conseguenza tanto del giudizio di non credibilità del ricorrente (lett. a e b), quanto dell’inesistenza di un conflitto armato nel Paese di respingimento (lett. c), all’uopo acquisendo COI attendibili e aggiornate; 3) dell’impredicabilità di un’effettiva situazione di vulnerabilità del richiedente asilo idonea a giustificare il riconoscimento dei presupposti per la protezione umanitaria;
– che il provvedimento è stato impugnato per cassazione dall’odierno ricorrente sulla base di 2 motivi di censura;
– che il Ministero dell’interno non si è costituito in termini mediante controricorso.
OSSERVA IN DIRITTO Col primo motivo, si censura il decreto impugnato per violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., art. 25 Cost.
Il motivo è inammissibile alla luce della inemendabile genericità delle censure, non indicando la difesa del ricorrente quali prove, sotto il profilo della decisività, sarebbero state “arbitrariamente rigettate dal tribunale”, ma limitandosi ad enunciare astratti principi di diritto del tutto avulsi dall’analisi della vicenda concreta.
Col secondo motivo, si lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5);
Il motivo è inammissibile.
Esso si compone di una collage di pronunce di questa Corte, di alcune indicazioni normative, di petizioni di principio del tutto inconferenti rispetto al caso di specie, contestando poi quanto correttamente e motivatamente escluso dal Tribunale circa la credibilità del richiedente asilo senza in alcun modo impugnare la motivazione adottata in parte qua attraverso una puntuale critica del suo contenuto illustrando specificamente il presunto “fatto omesso” – su cui, di converso, si serba un assoluto silenzio.
Nessuna impugnazione, infine, viene proposta con riferimento al rigetto della domanda di protezione umanitaria.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 27 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2021