LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 15953/2011 R.G. proposto da:
Agenzia delle dogane, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
SILCOMPA Spa, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Giancarlo Zoppini, Giuseppe Pizzonia e Alessandro Fruscione, con domicilio eletto presso lo studio dei primi due, in Roma, via della Scrofa n. 57, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
nonché sul ricorso iscritto al n. 17785/2015 R.G. proposto da:
Agenzia delle dogane e dei monopoli, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
SILCOMPA Spa, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Giancarlo Zoppini, Giuseppe Pizzonia e Alessandro Fruscione, con domicilio eletto presso lo studio dei primi due, in Roma, via della Scrofa n. 57, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente al ricorso e al ricorso incidentale –
contro
Agenzia delle dogane e dei monopoli – Servizio Autonomo Interventi Settore Agricolo (S.A.I.S.A.), rappresentata e difesa dagli Avv.ti Marco Miccinesi e Francesco Pistolesi, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Marcetto Clarich, in Roma viale Liegi n. 32, giusta procura a margine del controricorso;
– ricorrente incidentale e controricorrente al ricorso principale –
contro
Equitalia Emilia Nord Spa;
– intimato –
avverso, rispettivamente, la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 45/37/10, depositata il 22 aprile 2010 e la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna n. 709/01/15, depositata il 31 marzo 2015, notificata il 13 maggio 2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio della pubblica udienza dell’8 giugno 2021, fissata ai sensi della L. n. 176 del 2020, art. 23, comma 8 bis, dal Cons. Giuseppe Fuochi Tinarelli.
Lette le conclusioni formulate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Basile Tommaso, che ha concluso per l’estinzione del processo quanto al ricorso R.G.N. 17785/2015 e per il rigetto quanto al ricorso R.G.N. 15953/2011.
Letta la memoria dell’Avv. Alessandro Fruscione per la contribuente, con cui ha chiesto l’estinzione del processo R.G.N. 17785/2015 con riguardo al ricorso principale.
Letta, per l’Agenzia delle dogane, la memoria dell’Avv. dello Stato Antonio Grumetto, che ha chiesto, in caso di rigetto del ricorso n. 15953/2011 in relazione ai principi stabiliti dalla Corte di Giustizia, la compensazione delle spese, nonché la memoria dell’Avv. dello Stato Anna Collabolletta, che ha chiesto dichiararsi l’estinzione del processo quanto al ricorso principale di cui al R.G.N. 17785/2015.
Letta la memoria degli Avv.ti Marco Miccinesi e Francesco Pistolesi per il S.A.I.S.A, che hanno chiesto l’accoglimento dei ricorso incidentale di cui al ricorso R.G.N. 17785/2015.
FATTI DI CAUSA
1. Silcompa Spa effettuava, tra il 1.995 e il 1996, a diversi clienti greci cessioni di alcool etilico in sospensione d’imposta.
L’Agenzia delle dogane, sull’accertato mancato ricevimento della documentazione di accompagnamento della merce dalla dogana greca con falsificazione dei timbri sulle bollette di spedizione, e, dunque, per l’irregolare svincolo della merce dal regime sospensivo, emetteva, nel 2000, tre avvisi di pagamento (n. 5/2000, n. 15/2000 e n. 18/2000), e le conseguenti relative cartelle, atti tutti opposti innanzi al Tribunale di Bologna, la cui decisione di accoglimento veniva impugnata innanzi alla Corte d’appello del luogo.
2. Con successivo avviso di pagamento n. 6 del 2004 l’Agenzia delle dogane rinnovava la richiesta già contenuta nei precedenti avvisi e chiedeva, inoltre, il pagamento di un ulteriore importo – pari a Euro 474.410,66 – in irregolarmente spedite impugnato dalla società della pretesa impositiva.
3. In relazione alle medesime partite di alcool, autorità elleniche ritenevano l’effettiviità dell’arrivo a destinazione e, quindi, contestavano la fraudolenta immissione in consumo della merce senza pagamento delle imposte dovute. Per la riscossione dei relativi importi l’Autorità greca in data 31 gennaio 2005 avanzava, in base al titolo ivi formato, richiesta di assistenza all’Italia per il recupero dei crediti erariali.
L’Agenzia delle dogane, quindi, ai sensi del D.Lgs. n. 69 del 2003, art. 5 notificava a Silcompa Spa due inviti di pagamento (n. RP 05/14 per Euro 10.280.291,66 e n. RP 05/12 per Euro 64.218,25) con cui chiedeva, prima di procedere all’iscrizione a ruolo, il versamento in via bonaria delle somme richieste; tali atti venivano impugnati dalla società contribuente.
4. In relazione alla medesima pretesa originata dall’istanza dell’autorità greca, il Servizio Autonomo Interventi Settore Agricolo (S.A.I.S.A.) dell’Agenzia delle dogane notificava altresì, in data 17 marzo 2009, cartella di pagamento (per la complessiva somma di Euro 11.159.193,20), che veniva impugnata dalla società.
5. L’impugnazione relativa ai due inviti di pagamento (RP 05/14 e RP 05/12), ritenuta inammissibile dal giudice di primo grado, era accolta dalla Commissione tributaria del Lazio per la mancata notifica degli atti prodromici e insufficiente motivazione degli inviti.
L’Agenzia delle dogane ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi (iscritto al R.G.N. 1595.3/2011), cui ha resistito la contribuente, deducendo, tra l’altro, l’identità dei fatti contestati in via interna con quelli per i quali era stata richiesta la riscossione in regime di mutua collaborazione internazionale.
6. L’impugnazione avverso l’avviso di pagamento n. 6 del 2004 e quella avverso la cartella emessa dal S.A.I.S.A., previa riunione dei ricorsi, erano accolte dalla Commissione provinciale tributaria di Reggio Emilia. La sentenza era confermata dal giudice d’appello.
L’Agenzia delle dogane ha proposto ricorso per cassazione (R.G.N. 17785/2015) con tre motivi.
Il S.A.I.S.A. ha depositato controricorso ed ha proposto, a sua volta, ricorso incidentale con cinque motivi.
Silcompa Spa ha resistito con separati controricorsi, eccependo, in particolare, l’inammissibilità del ricorso incidentale.
7. Con ordinanza 23 maggio 2018 la Corte rinviava il ricorso di cui al R.G.N. 17785/2015 a nuovo ruolo a seguito di istanza D.L. n. 193 del 2016, ex art. 5 bis da parte della contribuente, che depositava atto di transazione della lite fiscale con riguardo alla pretesa della Agenzia delle dogane e ricevuta di pagamento della prima rata.
8. Con ordinanza interlocutoria n. 2395 del 29/01/2019 la Corte sollevava questione pregiudiziale ex art. 267 TFUE innanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in relazione al ricorso R.G.N. 15953/2011, questione che era decisa con sentenza del 24 febbraio 2021, in C-95/19.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente va disposta la riunione del ricorso R.G.N. 17785/2015 al ricorso R.G.N. 15953/2011.
1.1. Diversamente da quanto già valutato in sede di ordinanza interlocutoria, difatti, si deve ritenere che sussistano fondate ragioni di connessione oggettiva tra i due giudizi e ciò, in ispecie, alla luce della stessa decisione della Corte di Giustizia, che, nell’esaminare la questione dei rapporti tra la procedura intesa ad ottenere la riscossione della pretesa proveniente dalle autorità della Grecia in regime di mutua collaborazione internazionale e quella, avviata dell’Amministrazione finanziaria, volta a richiedere il pagamento dei diritti d’accise richiesti per l’irregolare svincolo sul territorio italiano dal regime di sospensiva, ha affermato (punto 81) che “il giudice del rinvio dovrebbe, in linea di principio, in un primo momento, sospendere il giudizio per quanto riguarda il procedimento relativo alla richiesta di assistenza, fino a quando non sia definito il procedimento sullo svincolo irregolare dal regime sospensivo, e, in un secondo momento, soltanto nel caso in cui esista, nello Stato membro adito, una decisione giudiziaria definitiva riguardante l’imposizione di prodotti soggetti ad accisa che siano gli stessi di quelli di cui al titolo esecutivo dello Stato membro richiedente, tale giudice potrà rifiutarsi di accordare l’assistenza”.
Ne deriva che tra i due ricorsi (e, più precisamente, tra la pretesa fondata sulla richiesta di assistenza e quella fondata sull’irregolare svincolo) sussiste un rapporto di pregiudizialità in senso stretto, tale da giustificare la sospensione o, in alternativa, la riunione dei giudizi stessi.
2. Appare necessario, sempre in via preliminare, delineare il contesto e l’ambito dei principi affermati dalla Corte di Giustizia con la sentenza C-95/19 sopra richiamata e qui applicabili.
3. Il presupposto in fatto, invero, è costituito dal rilievo che la medesima ed unitaria vicenda – l’esportazione di partite di alcool in regime di sospensione d’accise dall’Italia alla Grecia operata negli anni 1995 e 1996 – è stato il fondamento per una duplice esazione delle accise, fondata, nel primo caso, su un irregolare svincolo dal regime sospensivo e, nel secondo, per l’irregolare immissione in consumo della medesima merce.
3.1. Con la propria decisione la Corte di Giustizia ha sottolineato, innanzitutto, che la dir. n. 92/12 ha “inteso fissare un certo numero di regole… al fine di assicurare che l’esigibilità delle accise sia identica in tutti gli Stati membri” così da evitare, in linea di principio, “le doppie imposizioni nelle relazioni tra Stati membri” (punto 44); l’art. 20 della citata direttiva “mira, in particolare, a determinare lo Stato membro che è il solo autorizzato a riscuotere i diritti di accisa sui prodotti interessati qualora siano state commesse, nel corso della circolazione, un’irregolarità o un’infrazione” (punto 45).
Ha specificato, sul punto, che occorre tenere distinto il fatto generatore del tributo, costituito dalla fabbricazione (nel territorio UE) o dalla importazione dei prodotti, dall’esigibilità dei diritti di accisa, che, invece, è ancorata “all’atto di immissione in consumo dei prodotti, … nozione che include altresì lo svincolo, anche irregolare, da un regime sospensivo” (punto 47).
Ne ha derivato che, ove sia noto e certo il luogo in cui sia avvenuta l’infrazione o una irregolarità idonea a comportare l’esigibilità del diritto d’accisa, la facoltà di riscossione spetta allo Stato membro del luogo in questione (art. 20, par. 1, dir. 92/12);
diversamente, invece, l’art. 20, par. 2 e 3, dir cit. stabilisce delle presunzioni, rispettivamente, a favore “dello Stato membro in cui l’infrazione sia stata accertata” ovvero, qualora i prodotti non siano giunti a destinazione e non sia possibile stabilire dove la violazione si è verificata, a favore dello “Stato membro di partenza” (punto 54).
Rispetto a tali regole l’art. 20, par. 4, dir. cit. prevede anche un possibile meccanismo correttivo ove sia accertato, entro tre anni dal rilascio del DDA, il luogo di effettiva infrazione (e, in tal caso, è previsto il rimborso delle somme originariamente riscosse): la Corte, tuttavia, ha chiaramente precisato che questa indicazione, con i limiti temporali ivi stabiliti, non “riguarda una situazione di conflitto di competenze” tra gli Stati “ma… l’ipotesi in cui è chiaro che il luogo” di effettiva violazione è diverso da quello inizialmente determinato (punto 56).
4. Con riguardo alla concreta vicenda in giudizio, poi, la Corte ha posto in risalto che “la commercializzazione illegale nel territorio ellenico… deve certamente essere considerata quale infrazione o irregolarità dei prodotti di cui trattasi, ma può anche essere ritenuta una mera conseguenza dell’infrazione o irregolarità commessa precedentemente in Italia” (punto 59).
Con riguardo a tale circostanza – “che spetta al giudice del rinvio determinare” – la Corte ha ritenuto, in concreto, configurabili due ipotesi:
a) nel corso della circolazione dei prodotti si siano verificate una pluralità di violazioni: in tal caso, tuttavia, solamente la prima di esse, che sia idonea a determinare un irregolare svincolo dal regime di sospensione, “deve essere presa in considerazione ai fini dell’applicazione dell’art. 20” (punto 65);
b) le autorità di uno Stato membro hanno fondato la propria ripresa su una delle presunzioni di cui all’art. 20, mentre le autorità di altro Stato membro abbiano accertato che l’irregolarità sia stata effettivamente commessa nel suo territorio; in questo caso, tuttavia, una volta decorso il termine di tre anni previsto dall’art. 20, par. 4, dir. n. 92/12 “nessuno Stato membro… può più validamente avvalersi” di questa competenza per far valere il proprio diritto di riscossione (punto 67).
5. La Corte, in secondo luogo, con riguardo alle disposizioni in tema di mutua assistenza per la riscossione dei crediti d’accisa, dopo aver sottolineato che la ripartizione delle competenze tra autorità richiedente (sulle controversie sul titolo e sul credito) e autorità richiesta (sui provvedimenti esecutivi) è “espressione del principio di fiducia reciproca tra le autorità nazionali interessate”, ha tuttavia evidenziato:
a) la disciplina di cui alla dir. n. 76/308 non riguarda l’ipotesi “nella quale vengono fatti valere due crediti concorrenti fondati, in sostanza, sulle stesse operazioni di esportazione, l’uno accertato da un organo dello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita e l’altro accertato da un organo dello Stato membro in cui ha sede l’autorità richiedente e che beneficia, nel primo Stato membro, di un trattamento nazionale”, restando l’ipotesi disciplinata, invece, dalla dir. n. 92/12 (punto 75);
b) l’autorità adita, seppure in via eccezionale, può sempre verificare “se l’esecuzione del titolo sia atta a ledere, in particolare, l’ordine pubblico di tale Stato membro e, eventualmente, a non accordare in tutto o in parte l’assistenza o a subordinarla al rispetto di talune condizioni” (punti 76 e 77).
Da ciò, dunque, risulta “difficilmente concepibile che al titolo esecutivo che consente il recupero del credito sia data esecuzione nello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita se detta esecuzione è tale da condurre ad una situazione in cui si potrebbe procedere, in violazione della direttiva 92/12, alla doppia riscossione dei diritti di accisa gravanti sostanzialmente sulle stesse operazioni relative ai medesimi prodotti” sicché “e’ necessario consentire all’organo competente dello stesso Stato membro di rifiutare l’esecuzione di tale titolo” poiché “adottare una soluzione contraria equivarrebbe ad ammettere che, in uno stesso sistema nazionale, possano coesistere due decisioni definitive riguardanti l’imposizione degli stessi prodotti soggetti ad accisa, una fondata sul loro svincolo irregolare dal regime sospensivo e l’altra fondata sulla loro successiva immissione in consumo” (punti 78-80).
6. Nel quadro dei principi esposti, dunque, è possibile procedere all’esame del ricorso R.G.N. 17785/2015, limitatamente, peraltro, alle questioni dedotte con il ricorso principale in relazione all’avviso di pagamento n. 6/2004, le uniche riferibili allo svincolo irregolare.
7. Su detta pretesa, peraltro, va dato atto che la procedura di definizione agevolata avviata ai sensi del D.L. n. 193 del 2016, art. 5 bis è stata compiutamente portata a conclusione, con l’integrale e regolare adempimento delle obbligazioni assunte con l’atto di transazione della lite fiscale, come risulta dalla documentazione contabile depositata in atti.
In questa evenienza il giudizio deve essere, in parte qua, dichiarato estinto per l’intervenuta cessazione della materia del contendere (v. Cass. n. 24083 del 03/10/2018).
7.1. E’ necessario interrogarsi, invero, come incida un simile esito nella vicenda in esame alla luce dei principi affermati dalla Corte di Giustizia.
Va, sul punto, considerato che una tale modalità di definizione del giudizio preclude una ulteriore disamina dei fatti a fondamento della pretesa, il cui assetto, anzi, deve ritenersi definitivamente consolidato nella prospettazione originaria dell’Amministrazione finanziaria, salva la rideterminazione del quantum della pretesa nei limiti di quanto concordato con la transazione fiscale.
7.2. La statuizione, dunque, non ha valore di disconoscimento della ricostruzione in fatto posta a fondamento della ripresa ma, anzi, ne presuppone il pieno riconoscimento in termini definitivi e non più controvertibili: l’imposizione non solo come è pacifico in giudizio ha riguardato le operazioni e i prodotti soggetti ad accisa spediti in Grecia nel 1995 e 1996, oggetto pure della ripresa fondata sul titolo esecutivo ellenico, ma, anche, si è basata su uno svincolo irregolare, accertato in Italia, dal regime di sospensione.
7.3. Questa conclusione, pertanto, assolve alle determinazioni rimesse al giudice nazionale e di cui al precedente punto 4.
8. E’ possibile, allora, – in coerenza con quanto disposto dalla Corte di Giustizia – passare all’esame delle questioni poste con il ricorso R.G.N. 15953/2011, nonché con il ricorso incidentale nel giudizio di cui al R.G.N. 17785/2015.
9. Con il ricorso R.G.N. 15953/2011 l’Agenzia delle dogane propone tre motivi e precisamente:
9.1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 per aver la CTR ritenuto impugnabile l’avviso bonario.
9.2. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione dell’art. 12 della direttiva 76/308/CEE e del D.Lgs. n. 69 del 2003, art. 6. L’Agenzia delle dogane lamenta, in sostanza, che in materia di assistenza intracomunitaria le doglianze relative al credito e al titolo esecutivo – in ispecie l’asserita mancata notifica degli atti prodromici da parte dell’autorità ellenica – vanno proposte davanti all’autorità nazionale del credito.
9.3. Il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione della L. n. 212 del 2000, art. 3 per aver la CTR ritenuto insufficiente la motivazione dell’avviso che non dava atto delle parallele procedure avviate in Italia in ordine al recupero dei diritti di accise sulle medesime operazioni.
10. Con il ricorso incidentale depositato nel ricorso R.G.N. 17785/2015 il S.A.I.S.A. propone cinque motivi.
In particolare:
10.1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione dell’art. 12 della direttiva 76/308/CEE in combinato disposto con l’art. 2 lett. f) della medesima direttiva, come modificato dalla direttiva n. 2001/44/CE (e della successiva direttiva 2008/55/CE, nonché del D.Lgs. n. 69 del 2003, art. 6 e art. 1, comma 2, lett. f) e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19.
Il S.A.I.S.A., in sostanza, lamenta, come con il secondo motivo del ricorso dell’Agenzia delle dogane, che la CTR ha statuito in violazione dei limiti di giurisdizione tra Stati membri.
10.2. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, l’inapplicabilità del termine decadenziale D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 25, comma 1, lett. c, con riguardo alla cartella emessa in attuazione della procedura di mutua assistenza amministrativa tra Stati membri.
10.3. Il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per l’insanabile contraddittorietà della motivazione in ordine al carattere esecutivo del titolo.
10.4. Il quarto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione degli artt. 5, 6, 7, 8, 12 e 14 della direttiva n. 76/308/CEE come modificata dalla direttiva n. 2001/44/CE e del D.Lgs. n. 69 del 2003, artt. 5, 6, e 8 per aver la CTR ritenuto che la cartella di pagamento, riferita alla richiesta di assistenza ellenica, realizzasse una duplicazione della pretesa impositiva rispetto alla pretesa avanzata, in via interna, per lo svincolo irregolare.
10.5. Il quinto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 6, 7 e 12, par. 2, direttiva n. 76/308/CEE, come modificata dalla direttiva 2001/44/CE, e del D.Lgs. n. 69 del 2003, art. 5, comma 2, lett. a), per aver la CTR ritenuto illegittima la cartella essendo stati i titoli greci opposti innanzi tribunale Pireo e, quindi, in assenza di titolo estero non contestato.
11. Passando, innanzitutto, al ricorso R.G.N. 15953/2011, l’esame delle esposte doglianze deve essere operato alla luce dei principi affermati dalla Corte di Giustizia e in ispecie: la fattispecie esula, in senso stretto, dalla disciplina di cui alla direttiva n. 76/308 trattandosi di crediti concorrenti fondati sulle stesse operazioni di esportazione, restando soggetta a quella della direttiva n. 92/12; l’esecuzione del titolo formato nello Stato membro richiedente nello Stato membro adito, ove sia idonea a ledere l’ordine pubblico, può non essere accordata; la doppia riscossione dei diritti d’accisa gravanti sulle stesse operazioni relative ai medesimi prodotti legittima lo Stato membro adito di rifiutare l’esecuzione del titolo relativo alla richiesta di assistenza.
11.1. Il primo motivo del ricorso, che ha ad oggetto un profilo processuale-procedimentale interno, è infondato dovendosi ritenere l’impugnazione dell’avviso bonario sempre ammissibile (in via facoltativa per il contribuente) (v. specificamente sull’avviso D.Lgs. n. 504 del 1995, ex art. 14Cass. n. 187.31 del 27/08/2009; poi Cass. n. 10987/2011 sull’avviso bonario; in generale v. Cass. n. 17010 del 05/10/2012; Cass. n. 3315 del 19/02/2016; Cass. n. 1230 del 21/01/2020).
11.2. Il secondo e il terzo motivo del ricorso, che possono essere esaminati unitariamente perché logicamente connessi, riguardano il merito della pretesa e le su esposte questioni.
Orbene, seppure debba ritenersi priva di rilievo, in via generale, ogni contestazione, nel nostro ordinamento, in merito alla regolarità del titolo formato presso lo Stato membro richiedente e alla notifica degli atti ivi presupposti, è corretta la decisione della CTR ove ha ritenuto insufficiente la motivazione dell’avviso che non aveva dato atto delle parallele procedure avviate in Italia in ordine al recupero dei diritti di accise sulle medesime operazioni, posto che, nella specifica vicenda, l’avvio della suddetta procedura esecutiva in mutua assistenza determinava una duplicazione della pretesa impositiva e legittimava il rifiuto di accordare l’assistenza.
Tale situazione, infatti, refluisce, necessariamente, sulla stessa motivazione dell’avviso che non aveva dato atto della peculiarità della vicenda, sì da risultare carente su un presupposto fondante la stessa possibilità di dare esecuzione al titolo estero.
E’ indubbio, del resto, che proprio l’identità (o, più correttamente, l’unicità) delle situazioni a monte determina la necessità, qui scrutinabile, di evitare la duplicazione dell’imposizione e, quindi, il diniego di dare esecuzione al titolo estero.
12. Il ricorso incidentale del S.A.I.S.A. è invece inammissibile.
12.1. E’ infondata, invero, l’eccezione di tardività derivante dal fatto che la sentenza è stata notificata al S.A.I.S.A. in data 13 maggio 2015 mentre il ricorso incidentale, proposto in conseguenza di quello presentato dall’Agenzia delle dogane, è stato avviato alla notifica il 15 settembre 2015.
Tra le diverse pretese (e domande), infatti, sussiste, in forza della sentenza della Corte di Giustizia su citata e come posto in risalto al punto 1.1., un rapporto di pregiudizialità necessaria, sì da determinare un rapporto di dipendenza e inscindibilità tra le cause, rilevante ai sensi degli artt. 331 e 334 c.p.c. anche in assenza di una situazione di litisconsorzio necessario sostanziale.
12.2. Va peraltro accolta l’eccezione di carenza di interesse.
La sentenza della CTR del Lazio n. 1377/14/14 del 05/03/2014, definitivamente passata in giudicato come regolarmente attestato in calce alla stessa, davanti alla quale era stata impugnata la medesima cartella qui in giudizio e il relativo ruolo, ha infatti statuito il definitivo annullamento dei ruoli, ancorché con argomentazioni fondate sulla distinzione ai fini del riparto di giurisdizione tra autorità dello Stato membro richiedente e autorità dello Stato membro adito e non sulla specificità della vicenda e del rapporto tra le due pretese.
Rimane dunque preclusa l’ulteriore disamina delle doglianze relative alla cartella, ormai definitivamente annullata.
13. La complessità e novità della vicenda, sicuramente anomala e poi caratterizzata dal risolutivo intervento della Corte di Giustizia, giustifica l’integrale compensazione delle spese per i giudizi riuniti.
P.Q.M.
La Corte, previa riunione dei giudizi, dichiara estinto il giudizio R.G.N. 17785/2015 limitatamente al ricorso principale per cessazione della materia del contendere per l’intervenuta definizione agevolata; dichiara inammissibile il ricorso incidentale di cui al giudizio R.G.N. 17785/2015; rigetta il ricorso R.G.N. 15953/2011.
Compensa integralmente le spese per i giudizi riuniti.
Così deciso in Roma, il 8 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2021