LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. ARMONE Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12018/2015 R.G. proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
– ricorrente –
contro
Romana Immobiliare e Costruzioni s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Giancarlo Zoppini, Giuseppe Rosso Corvace, e Giuseppe Pizzonia, con domicilio eletto presso il loro studio, sito in Roma, via della Scrofa, 57;
– contoricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, n. 6588/1/14, depositata il 5 novembre 2014.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 12 aprile 2021 dal Consigliere Paolo Catallozzi.
RILEVATO
che:
– l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata il 5 novembre 2014, di reiezione dell’appello dalla medesima proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della Romana Immobiliare e Costruzioni s.r.l. per l’annullamento dell’avviso di accertamento con cui, relativamente all’anno 2004, era stata contestata l’indebita detrazione dell’i.v.a. di rivalsa assolta con riferimento ad un’operazione di cessione immobiliare e recuperata la relativa imposta;
– dall’esame della sentenza impugnata si evince che con l’atto impositivo l’Ufficio aveva contestato l’abusività della condotta della contribuente, rilevando che le parti dell’operazione appartenevano alla medesima organizzazione imprenditoriale, la cessione era finalizzata a creare un vantaggio fiscale all’acquirente e che la cedente, avente sede in Lussemburgo, non aveva provveduto ai versare l’i.v.a. applicata;
– il giudice di appello ha disatteso il gravame evidenziando che la cedente aveva provveduto all’integrale versamento dell’i.v.a. in oggetto a seguito di transazione fiscale, per cui non si era verificato danno all’erario e che laddove si negasse alla contribuente di detrarre l’i.v.a. di rivalsa assolta si realizzerebbe una illegittima duplicazione di imposta;
– il ricorso è affidato a due motivi;
– resiste con controricorso la Romana Immobiliare e Costruzioni s.r.l..
CONSIDERATO
che:
– con il primo motivo di ricorso l’Agenzia denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 19 e 54, della Dir. n. 77/388/CEE, e dei principi generali in tema di abuso del diritto, per aver la sentenza impugnata riconosciuto il diritto alla detrazione dell’i.v.a. in oggetto senza rilevare che sussistevano gli elementi sintomatici della contestata natura abusiva dell’operazione e che il versamento dell’i.v.a. da parte della cedente era avvenuta solamente in epoca successiva alla notifica dell’atto impugnato e in via non spontanea;
– con il secondo motivo deduce l’omesso esame di fatti decisivi e controversi per il giudizio, indicativi della sussistenza del contestato abuso;
– i motivi, esaminabili congiuntamente, sono infondati;
– ai sensi della sesta Dir. 77/388/CEE, art. 10, par. 2, e art. 17, paragrafo 1, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, applicabile alle operazioni in esame ratione temporis, il diritto alla detrazione è legato alla realizzazione effettiva della cessione di beni o della prestazione di servizi di cui trattasi, per cui in difetto della cessione effettiva dei beni o della prestazione dei servizi un siffatto diritto non può sorgere, non essendo sufficiente la sua indicazione della relativa fattura (cfr. Corte UE, 27 giugno 2018, SGI);
– per quanto, invece, riguarda la posizione dell’emittente, si rileva che il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 7, stabilisce che “Se viene emessa fattura per operazioni inesistenti… l’imposta è dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura”;
– tale disposizione non si pone in contrasto con il principio di neutralità dell’IVA in quanto la sesta Dir., art. 21, n. 1, lett. c), laddove prevede che l’IVA esposta nella fattura sia dovuta indipendentemente da qualsiasi obbligo di versarla in ragione di un’operazione soggetta ad IVA, mira ad eliminare il rischio di perdita di gettito fiscale che può derivare dall’eventuale esercizio del diritto a detrazione previsto alla sesta Dir., art. 17 (cfr. Corte UE, 31 gennaio 2013, Stroy Trans; Corte UE, 18 giugno 2009, Stadeco);
– tale obbligo, tuttavia, non deve eccedere quanto necessario per il raggiungimento di tale obiettivo e, segnatamente, non deve arrecare un pregiudizio eccessivo al principio di neutralità dell’IVA (cfr., altresì, Corte UE, 8 maggio 2019, EN. SA);
– ciò ha condotto a ritenere che ove sia erroneamente emessa fattura per operazioni non imponibili, il cedente ha diritto al rimborso dell’imposta versata qualora provveda alla rettifica della fattura ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26, ovvero qualora sia accertato il definitivo venir meno del rischio di perdita di gettito erariale derivante dall’utilizzo o dalla possibilità di utilizzo della fattura da parte del destinatario della fattura ai fini dell’esercizio del diritto alla detrazione dell’imposta dovuta o assolta in via di rivalsa (così, Cass., ord., 30 settembre 2020, n. 20843; Cass., ord., 12 marzo 2020, n. 7080);
– l’applicazione del principio di neutralità dell’i.v.a. e di proporzionalità degli obblighi imposti ai contribuenti impone, altresì, di riconoscere la sussistenza del diritto alla detrazione delll’i.v.a. di rivalsa a monte, sia pure per un’operazione non effettivamente posta in essere, laddove il cedente abbia provveduto, come nel caso in esame, a versare integralmente l’imposta esposta nella relativa fattura in esecuzione di una transazione fiscale conclusa nell’ambito di una procedura di concordato preventivo, in quanto in tal modo risulta eliminato definitivamente il rischio di perdita di gettito fiscale;
– priva di rilevanza, a tale fine, è la circostanza, evidenziata dalla ricorrente, che il versamento dell’i.v.a. è avvenuto successivamente alla notifica dell’avviso di accertamento, avuto riguardo all’idoneità di tale versamento a soddisfare la finalità di evitare il rischio di una perdita per l’erario;
– per le suesposte considerazioni, pertanto, il ricorso non può essere accolto;
– le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 10.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, Euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 12 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2021