LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. ARMONE Giovanni Maria – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28576-2015 proposto da:
L.V., elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE REGINA MARGHERITA, 262, presso lo studio dell’avvocato LUIGI MARSICO, rappresentata e difesa dall’avvocato ALESSANDRA STASI;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1222/2015 della COMM. TRIB. REG. PUGLIA SEZ. DIST. di FOGGIA, depositata il 26/05/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 12/04/2021 dal Consigliere Dott. GIOVANNI MARIA ARMONE.
FATTI DI CAUSA
Rilevato che:
1. la signora L.V. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia n. 1222/25/15 del 12 maggio 2015, depositata il 26 maggio 2015, che, in accoglimento dell’appello dell’Agenzia delle entrate e in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato l’originario ricorso della contribuente avverso una cartella di pagamento per l’anno 2006, recante un’iscrizione a ruolo per IVA e altro;
2. il ricorso è affidato a quattro motivi;
3. l’Agenzia resiste mediante controricorso;
4. la ricorrente ha altresì depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bisl c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Considerato che:
1. con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia;
2. con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sia la violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4, per motivazione totalmente omessa su specifica questione, sia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54-bis;
3. con il terzo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19, comma 1, e art. 30, comma 2, del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 8, della Dir. CEE n. 112 del 2006, art. 178;
4. con il quarto motivo di ricorso, parte ricorrente chiede la rimessione alla Corte di giustizia U.E. di una questione riguardante la compatibilità delle norme interne indicate nel motivo precedente alla Dir. CEE n. 112 del 2006, art. 178;
5. il primo motivo è infondato;
6. il vizio di omessa pronuncia è configurabile solo con riguardo alla mancanza di una decisione da parte del giudice in ordine ad una domanda che richieda una pronuncia di accoglimento o di rigetto e va invece escluso ove ricorrano gli estremi di una reiezione implicita o di un suo assorbimento in altre statuizioni (Cass. 03-04-2020, n. 7681 per tutte);
7. si ha una statuizione di implicito rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia;
8. nella specie, la CTR ha escluso che la contribuente avesse diritto a riportare in detrazione nella dichiarazione del 2008 il credito non riportato nella dichiarazione dell’anno precedente e ha così rigettato l’impugnativa della cartella di pagamento con cui detto credito era stato recuperato; in tal modo, la CTR ha implicitamente riconosciuto in capo all’Amministrazione finanziaria il potere di avvalersi delle procedure automatizzate di controllo D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 54-bis, e di procedere all’immediata iscrizione a ruolo del relativo credito, senza previa notifica di un avviso di accertamento, anche in ipotesi diverse da quella di mero errore materiale o di calcolo, così implicitamente ma chiaramente rigettando il corrispondente motivo di doglianza che la signora L. aveva posto alla base del suo ricorso originario;
9. ugualmente infondato è il secondo motivo, che, come accennato, si articola in due distinte doglianze;
10. dal punto di vista della pretesa violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4 (motivazione totalmente omessa su specifica questione), l’infondatezza discende dal fatto che, come anche di recente ricordato, il rigetto implicito rientra nel più vasto genere dell’assorbimento improprio, con la conseguenza che, ove esso ricorra, non solo non si ha omessa pronuncia (se non in senso formale), ma non può neppure parlarsi di omessa motivazione, poiché in ordine alle questioni assorbite la motivazione sta proprio nell’assorbimento, nel fatto cioè che l’affermazione contenuta in motivazione sia logicamente incompatibile con l’accertamento richiesto nella domanda implicitamente assorbita (Cass. 15-05-2019, n. 12901 e altre);
11. rispetto invece alla presunta violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54-bis, è sufficiente qui richiamare, per concludere nel senso dell’infondatezza, Cass., Sez. Un., 08/08/2016, n. 17758, la quale ha esplicitamente riconosciuto la legittimità dell’iscrizione a ruolo e della consequenziale emissione di cartella di pagamento a seguito di controllo automatizzato ex art. 54-bis, anche in caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale IVA, seguita nell’anno successivo dalla detrazione dell’imposta (v. anche Cass. n. 4392 del 23/02/2018);
12. il terzo motivo è invece fondato;
13. come precisato dalle Sezioni Unite della S.C. in sede di risoluzione di un contrasto interpretativo sul tema e come costantemente ribadito dalla giurisprudenza successiva, “la neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione” (Cass., Sez. Un., 08/09/2016, nn. 17757 e 17758, Cass. 23/02/2018, n. 4392, Cass. 03/04/2018, n. 8131, Cass. 13/06/2018, n. 15459);
14. secondo tale insegnamento, corroborato da un’approfondita analisi della giurisprudenza Eurounitaria, “il fatto costitutivo del rapporto tributario col fisco nazionale è ravvisato dalla effettività e liceità dell’operazione, mentre obblighi di registrazione, dichiarazione e consimili hanno una diversa funzione meramente illustrativa e riepilogativa dei dati contabili, finalizzata ad agevolare i controlli dell’Amministrazione finanziaria per l’esatta riscossione dell’imposta. L’esercizio del diritto di detrazione dell’eccedenza IVA, che deve essere tutelato in modo sostanziale ed effettivo, va dunque riconosciuto a fronte di una reale operazione sottostante, la cui prova certa può essere acquisita dai dati risultanti dalle fatture o da altro documento equivalente, come, ad esempio, la documentazione contabile, essendo, invece, a tal fine poco rilevante l’osservanza degli obblighi dichiarativi” (p. 3.7. di Cass. n. 17757 del 2016);
15. pertanto, quando, come accaduto nella specie, pur in assenza di dichiarazione annuale, il credito sia esposto nella dichiarazione dell’anno successivo, la detraibilità mediante compensazione non può essere negata;
16. il quarto motivo è assorbito;
17. in conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con l’accoglimento dell’originario ricorso della contribuente;
18. il consolidarsi dell’orientamento giurisprudenziale che ha portato all’accoglimento del ricorso in epoca successiva alla presentazione dello stesso e dunque allo svolgimento delle difese della parte erariale, giustifica la compensazione delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte dichiara fondato il terzo motivo di ricorso, infondati il primo e il secondo, assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decide la causa nel merito, accogliendo l’originario ricorso della contribuente; compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2021