Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.26518 del 30/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 5734/2015 R.G. proposto da:

G.S. rappresentata e difesa dall’avv. Alessandro Giovannini, unitamente ma con poteri disgiunti all’avv. Valerio Cioni, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via degli Scipioni, n. 268/a per procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale della Toscana n. 1355/14/14, depositata il 4.7.2014.

Udita la relazione svolta alla adunanza camerale del 28.4.2021 dal Consigliere Dott.ssa Castorina Rosaria Maria.

RITENUTO IN FATTO

G.S., esercente l’attività di ristorazione con somministrazione, impugnava dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Livorno l’avviso col quale era stato rideterminato il reddito di impresa, per l’anno 2008, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d).

La CTP rigettava il ricorso e anche la Commissione tributaria regionale della Toscana, con sentenza n. 1355/14/14, depositata il 4.7.2014, rigettava l’impugnazione proposta dalla contribuente, confermando la sentenza di primo grado.

In particolare i giudici d’appello, riprodotte nella narrazione tutte le argomentazioni esposte dall’Agenzia delle Entrate, le facevano interamente proprie per motivare la decisione di conferma.

Per la cassazione della sentenza G.S. ha proposto ricorso per cassazione affidando il suo mezzo a un motivo.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE.

1. Con l’unico motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4 per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e dell’art. 132 c.p.c..

Lamenta che la CTR aveva adottato una motivazione apparente in quando aveva richiamato integralmente le difese dell’ufficio.

La censura non è fondata.

Occorre al riguardo rammentare che con sentenza n. 642 del 16/01/2015 le Sezioni unite di questa Corte hanno chiarito che, nel processo civile ed in quello tributario, la sentenza la cui motivazione si limiti a riprodurre il contenuto di un atto di parte (o di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari), eventualmente anche senza nulla aggiungere e senza indicare la fonte, non è nulla qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo, atteso che tale tecnica di redazione non può ritenersi, di per sé, vietata (e neppure sintomatica di un difetto d’imparzialità del giudice), non essendo prescritta da alcuna norma (sostanziale o processuale) la originalità della sentenza nelle sue modalità espositive (e tantomeno nei contenuti). Attraverso un ampio excursus il citato arresto mette in evidenza come già nella precedente giurisprudenza di legittimità si era ammessa la motivazione per relationem con rinvio ad atti ben individuati e conosciuti o conoscibili (v. Cass. n. 13937 del 2002 e anche Sez. U, n. 16277 del 2010), da ritenersi perciò parte integrante della motivazione senza necessità che essi siano trascritti, con la conseguente precisazione che in tal caso la completezza e logicità della sentenza devono essere giudicate sulla base degli elementi contenuti nell’atto al quale si opera il rinvio, atto che, proprio in ragione del rinvio, diviene parte integrante di quello rinviante.

In tale prospettiva si osservi che sebbene la CTR si sia limitata ad affermare di condividere le ragioni espresse dall’Ufficio nelle controdeduzioni all’appello di parte, il richiamo operato dal giudice, nella parte narrativa della sentenza, al fine di giustificare il convincimento espresso, ai documenti e alle difese della parte (specificamente riprodotti, anche nel loro contenuto), appare idoneo da un lato, a individuare il percorso logico seguito e, dall’altro, a consentire, attraverso il riferimento ai documenti ritualmente prodotti e pertanto da presumere noti anche alla controparte, un pieno controllo circa la sua validità razionale ed efficacia argomentativa.

Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

Le spese seguono la soccombenza. Da atto della sussistenza dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato, del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Rigetta ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 4.100,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2021

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