LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –
Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
Dott. CIRESE Marina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5899-2018 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
PETTINATURA DI LANE IN VERCELLI SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, Piazza Cavour presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIO SETRAGNO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1475/2017 della COMM.TRIB.REG.PIEMONTE, depositata il 18/10/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/06/2021 dal Consigliere Dott.ssa FASANO ANNA MARIA.
RITENUTO
CHE:
L’Agenzia delle entrate notificava a Pettinature di Lane in Vercelli S.p.A. due avvisi di accertamento, con cui veniva disposta la rettifica delle rendite catastali proposte dalla società contribuente con procedura DOCFA, relative a due capannoni non più produttivi. L’Ufficio rilevava l’impropria applicazione di una percentuale di circa il 50% per deprezzamento dovuto ad assenza di impianti e smaltimento di coperture in eternit, pertanto, ai fini della valutazione definitiva, venivano attribuiti i valori unitari originari ritenuti più adeguati con l’applicazione di un coefficiente di detrazione per vetustà pari al 40%. Pettinature di Lane in Vercelli S.p.A. impugnava gli atti impositivi con distinti ricorsi dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Vercelli che, previa riunione, gli accoglieva parzialmente, sul presupposto del corretto accertamento della rendita catastale, ma facendo decorrere gli effetti fiscali dell’accertamento dal 21.10.2015, data di notifica degli avvisi. La contribuente proponeva appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte che, con sentenza n. 1475/17, accoglieva il gravame, sulla base del rilievo che dagli atti di causa non risultavano indicate le ragioni per le quali l’Ufficio, in conseguenza dell’attivazione della procedura DOCFA da parte della contribuente, aveva ravvisato le condizioni per incrementare una precedente rendita, attribuita dalla stessa Amministrazione finanziaria, senza che medio tempore fossero stati operati interventi incrementativi del valore dei cespiti. L’avviso di accertamento inoltre, secondo i giudici di appello, non indicava quali altri immobili oggetto di riclassamento erano stati presi come criterio di comparazione, limitandosi a precisare che la determinazione del nuovo classamento e della relativa rendita catastale era stata effettuata con riferimento al biennio economico 1988-89 in conformità alle vigenti disposizioni sulle operazioni di estimo del Catasto Urbano. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per la cassazione della sentenza, svolgendo tre motivi. Pettinatura di Lane Vercelli S.p.A. si è costituita con controricorso.
CONSIDERATO
CHE:
1.Con il primo motivo si denuncia nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per vizio di extrapetizione e violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, atteso che i giudici di merito avrebbero accolto l’impugnazione proposta dalla società contribuente per motivi diversi da quelli dedotti con l’atto di appello, incorrendo, dunque, in evidente, vizio di extrapetizione. Nella fattispecie, con l’atto di impugnazione, la società aveva eccepito esclusivamente l’illegittimità della sentenza di primo grado sul presupposto che non era stato emesso alcun accertamento nell’anno 1999, motivo documentalmente smentito dall’Ufficio con la produzione in giudizio degli atti relativi all’accertamento del 1999 in relazione al medesimo complesso industriale. Pertanto, secondo l’Agenzia delle entrate, l’appello non avrebbe dovuto essere respinto, risultando privo di fondamento il solo motivo di impugnazione dedotto dalla parte. Si precisa, inoltre, che anche a volere considerare quale ulteriore motivo di impugnazione le argomentazioni di controparte in ordine alla necessità di considerare, per determinare con metodo indiretto il valore di ricostruzione, ” le caratteristiche attuali” e, in particolare “l’assenza di qualsiasi impianto, acqua, luce, riscaldamento, scarichi ed in alcuni immobili di serramenti esterni”, i giudici di appello si sarebbero espressi in senso sfavorevole alla tesi della contribuente appellante.
2. Con il secondo motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione della L. 11 agosto 1939, n. 1249 e degli artt. 8,10,27,28,29 e 38 del “Regolamento per la formazione del Nuovo Catasto Edilizio Urbano” approvato con D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo i giudici di appello ritenuto erroneamente illegittimo l’operato dell’Ufficio, sostanzialmente disapplicando le suddette disposizioni di legge con riferimento alla applicazione della rendita catastale delle unità immobiliari a destinazione speciale dalle quali si evincerebbe che la “stima di un fabbricato” può avvenire anche con metodo c.d. indiretto fondato sul costo di ricostruzione e che tale procedura non prevederebbe necessariamente un’analisi comparativa che tenga conto della dinamica del “mercato immobiliare” per unità simili. Del tutto legittimo sarebbe, pertanto, l’utilizzo da parte dell’Ufficio in sede di accertamento del c.d. metodo indiretto, come riconosciuto dai giudici della Commissione Tributaria Provinciale, mentre contrario alla legge sarebbe l’annullamento disposto dai giudici di appello, sul presupposto del mancato utilizzo del c.d. market ap-proach, ovvero perché l’accertamento era stato effettuato “con applicazione di coefficienti determinati” e “non tenendo conto anche della dinamica di mercato”.
3. Con il terzo motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, n. 4, art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 156 c.p.c., art. 118 disp. att. c.p.c., comma 1, e art. 111 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (vizio di motivazione apparente), atteso che i giudici di appello non avrebbero minimamente indicato gli elementi intrinseci ed estrinseci oggetto di valutazione, la cui particolareggiata analisi avrebbe indotto a ritenere congrua la rendita catastale proposta dalla parte e non già quella attribuita dall’Ufficio. Le affermazioni della Commissione denoterebbero una superficialità nell’esame del materiale probatorio in atti, posto che l’Amministrazione non avrebbe incrementato una “precedente rendita” ma rideterminato al ribasso una precedente rendita, consolidata in atti, rinveniente a seguito di accertamento dell’anno 1999.
4. Il primo motivo di ricorso è infondato. Il principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato deve ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri uno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione (“petitum” e “causa petendi”), attribuendo o negando ad uno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nell’ambito della domanda o delle richieste delle parti: ne deriva che non incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice che esamini una questione non espressamente formulata, tutte le volte che questa debba ritenersi tacitamente proposta, in quanto in rapporto di necessaria connessione con quelle espressamente illustrate (Cass. n. 17807 del 2019; Cass. n. 22595 del 2009). Ad avviso di Pettinature Lane in Vercelli S.p.A. i giudici della Commissione Tributaria Regionale avrebbero accolto l’impugnazione proposta dalla contribuente per motivi diversi da quelli dedotti nell’atto di appello con cui avevano eccepito solo l’illegittimità della sentenza di primo grado sul presupposto che non fosse stato emesso alcun accertamento nell’anno 1999, laddove, al contrario si evince dalla parte in fatto della pronuncia impugnata che l’appellante aveva proposto una serie di contestazioni, ribadendo che il valore degli immobili preso a base per determinare la rendita catastale fosse quello riferito al biennio 1988/1989 e tale valorizzazione dovesse avvenire con metodologie comparative.
In sostanza, nell’atto di appello, il cui contenuto è stato riportato in ricorso dall’Agenzia delle entrate, risulta che la società aveva contestato il criterio di stima adottato dall’Ufficio e la congruità motivazionale degli avvisi di accertamento opposti; pertanto i giudici di appello hanno interpretato nella loro portata sostanziale ed effettiva le doglianze proposte nell’atto di impugnazione.
Ne consegue che non ricorre il denunciato vizio di ultrapetizione, avendo la società contribuente chiaramente lamentato la non attendibilità del valore attribuito agli immobili per cui è causa, sicché i giudici del merito hanno esaminato la questione espressamente formulata, senza interferire con il potere dispositivo delle parti, né alterare alcuno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione (petitum e causa pe-tendl), attribuendo o negando ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nell’ambito della domanda o delle richieste della parte (Cass. n. 11455 del 2004).
5. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso vanno esaminati congiuntamente in quanto logicamente connessi.
Le critiche sono fondate.
5.1. Emerge dai fatti di causa che Pettinature di Lane in Vercelli S.p.A. presentava domanda di variazione catastale in relazione ad alcune unità immobiliari di categoria D/8 facenti parte di un compendio industriale, consistente in porzioni di capannoni ex produttivi, in condizioni degradate già risultanti da accertamento originario effettuato in data 16.4.1999. L’Ufficio provvedeva alla rettifica della valutazione effettuata dalla società, attribuendo i valori unitari originari ritenuti adeguati con applicazione di un coefficiente di detrazione per vetustà pari al 40%. Inoltre, desumeva i valori unitari applicati alla consistenza dell’immobile, tenendo conto della specifica destinazione, desunti dai valori riferibili ad immobili ubicati nella stessa zona, aventi analoghe caratteristiche, “anche attraverso la consultazione di consolidati prontuari di settore”.
5.2. Gli atti impositivi in contestazione rinvengono da dichiarazioni di accatastamento (R.D.L. n. 652 del 1939, art. 3, D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 56) che sono state presentate secondo la procedura DOCFA’.
Ciò premesso, secondo l’indirizzo espresso da questi giudici di legittimità, che si condivide, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della procedura disciplinata dal D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, art. 2, convertito in L. 24 marzo 1993, n. 75, e dal D.M. 19 aprile 1994, n. 701 (c.d. procedura DOCFA), l’obbligo di motivazione dell’avviso di classamento può ritenersi soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita solo se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall’Amministrazione finanziaria e l’eventuale discrasia tra la rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni classati, mentre, in caso contrario, cioè nell’ipotesi in cui la discrasia non derivi dalla stima del bene, ma dalla divergente valutazione degli elementi di fatto indicati dal contribuente, la motivazione dovrà essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente, sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso (Cass. n. 23237 del 2014; Cass. n. 12497 del 2016; Cass. n. 31809 del 2018; Cass. n. 12777 del 2018; Cass. n. 25006 del 2019; Cass. n. 17016 del 2020).
Si rileva dalla lettura della motivazione dell’atto impositivo, il cui contenuto è stato riportato in ricorso in ossequio al principio di autosufficienza, che l’accertamento coinvolge gli elementi di fatto indicati dal contribuente, atteso che l’Ufficio ritiene “impropria” l’applicazione di una percentuale di circa il 50% per deprezzamento dovuto ad assenza di impianti e smaltimento di coperture per eternit, sicché “ai fini della valutazione definitiva vengono attribuiti i valori unitari originari ritenuti adeguati con applicazione di un coefficiente di detrazione per vetustà pari al 40% (vetustà calcolata con circ. 6/2012 fabbr. Risalente al 1965 con vita utile 50 anni e valore residuo 20%)”.
Inoltre, l’Ufficio, nella motivazione dell’atto impositivo, precisa che: “i valori unitari applicati alla consistenza dell’immobile, tenendo conto della specifica destinazione, sono stati desunti dai valori riferibili ad immobili ubicati nella stessa zona, aventi analoghe caratteristiche, anche attraverso la consultazione di consolidati prontuari di settore”.
5.3. In materia di attribuzione di rendita ad immobili di destinazione speciale “D”, si è stabilito (Cass. n. 17971 del 2018; Cass. n. 16824 del 2006) che: “In tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale abbia luogo a seguito della procedura disciplinata dal D.L. n. 16 del 1993, art. 2, conv. in L. n. 75 del 1993 e del D.M. 19 aprile 1994, n. 701 (cd. procedura Docfa) ed in base ad una stima diretta eseguita dall’Ufficio (come accade per gli immobili classificati nel gruppo catastale D), tale stima, che integra il presupposto ed il fondamento motivazionale dell’avviso di classamento (esprimendo un giudizio sul valore economico dei beni classati di natura eminentemente tecnica, in relazione al quale la presenta e l’adeguatezza della motivazione rilevano ai fini non già della legittimità, ma dell’attendibilità concreta del cennato giudizio, e, in sede contenziosa, della verifica della bontà delle ragioni oggetto della pretesa), costituisce un atto conosciuto o comunque prontamente e facilmente conoscibile per il contribuente, in quanto posto in essere nell’ambito di un procedimento a struttura fortemente partecipativa, con la conseguenza che la sua mancata riproduzione o allegazione all’avviso di classamento non si traduce in un difetto di motivazione” (Cass. n. 32861 del 2019).
L’Ufficio ha precisato di avere provveduto ai sensi del D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 28, comma 2, a determinare il valore dell’immobile oggetto di accertamento con procedimento indiretto, non essendo possibile procedere all’analisi del mercato delle compravendite, determinando tale valore sulla base del costo di ricostruzione ed applicando un adeguato coefficiente di riduzione per tenere conto dello stato attuale delle unità immobiliari.
Orbene, ai sensi del R.L. n. 652 del 1939, art. 10, conv. L. n. 1249 del 1939: “La rendita catastale delle unità immobiliari costituite da opifici ed in genere dai fabbricati di cui alla L. 8 giugno 1936, n. 1231, art. 28, costruiti per le speciali esigenze di un’attività industriale o commerciale e non suscettibili di una destinazione estranea alle esigenze suddette sena radicali tra formazioni, è determinata con stima diretta per ogni singola unità. Egualmente si procede per la determinazione della rendita catastale delle unità immobiliari che non sono raggruppabili in categorie e classi, per la singolarità delle loro caratteristiche”.
La stessa Amministrazione Finanziaria, con la circolare MF n. 14 del 2007 e circolare MF n. 6 del 2012 ha stabilito i criteri di determinazione della rendita catastale nell’ipotesi di stima diretta dei beni sostanzialmente privi, per intrinseca peculiarità e funzione, sia di un “mercato” di compravendita, sia di un “mercato” di locazione. Con la Circolare n. 6 del 2012 viene chiarito che: “Si precisa, innanzitutto, che la locozione “stima diretta” si intende la stima effettuata in maniera puntuale sugli immobili a destinazione speciale o particolare, per i quali, proprio in relazione alla peculiarità delle relative caratteristiche, non risulta possibile fare riferimento al sistema delle tariffe. In tale contesto, la rendita catastale può essere determinata con “procedimento diretto” o con “procedimento indiretto”. Il procedimento diretto è quello delineato dagli artt. 15 e seguenti del Regolamento, ove si stabilisce che la rendita catastale si ottiene dal reddito lordo ordinariamente ritraibile” detraendo le spese e le eventuali perdite. Il reddito lordo ordinario e il canone di locazione, fatte salve le eventuali aggiunte e detrazioni di cui agli artt. 16 e 17 (tra le prime, le spese di manutenzione ordinaria sostenute dal locatario anziché dal proprietario; secondo, alcune spese condominiali sostenute dal proprietario an. -ciché dal locatario). Il procedimento indiretto e’, invece, quello previsto dagli artt. 27 e s.s. del Regolamento, nei quali si precisa che il reddito ordinario può essere calcolato a partire dal valore del capitale fondiario, identificabile nel valore di mercato dell’immobile (se esiste un mercato delle compravendite)” ovvero nel valore di costo di ricostruzione, tenendo conto, in quest’ultimo caso, di un adeguato “coefficiente di riduzione in rapporto allo stato attuale delle unità immobiliari” (deprezzamento)”.
Il criterio di stima così applicato deve tenere conto del deprezzamento in ragione dello stato attuale delle unità e del loro livello di obsolescenza e ciclo di vita tecnico- funzionale.
5.4.1 giudici di appello con affermazioni apodittiche, che non si sono fondate sulla valutazione dei criteri adottati dall’Ufficio nella determinazione del riclassamento, anche al fine di disattenderla e confutarla, hanno sinteticamente statuito che: “l’avviso di accertamento impugnato si limita a indicare che la determinazione del nuovo classamento e della relativa rendita catastale è stata effettuata con riferimento al biennio economico 1988-1989 in conformità alle vigenti disposizioni che regolano per il Catasto Urbano le operazioni estimo” non verificando, come era necessario, se gli avvisi di accertamento abbiano fatto corretta applicazione, in sede di determinazione della stima indiretta proposta dall’Ufficio, della normativa legislativa e regolamentata denunciata, anche secondo l’interpretazione proposta dalla giurisprudenza di legittimità.
La motivazione della pronuncia impugnata, benché graficamente esistente, non rende percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragione seguito dal giudice del merito per la formazione del proprio convincimento.
La sentenza va, quindi, cassata in accoglimento di entrambe le censure, con rinvio al giudice di merito, in diversa composizione, per il riesame sulla base dei principi espressi, il quale provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia per il riesame alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 16 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2021