Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.26533 del 30/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco M. – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22641/2019 proposto da:

SOCIETA’ FINANZIARIA REGIONE SARDEGNA SFIRS SPA, rappresentata e difesa dall’avvocato LUCA SASSU, domiciliazione p.e.c.

avvocato.sassu.pec.it;

– ricorrente –

contro

VITTORIA ASSICURAZIONI SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVUOR 19, presso lo studio dell’avvocato MICHELE ROMA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO FRANCESCO GALANTINI;

– controricorrente –

e contro

FALLIMENTO ***** SPA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 445/2019 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 20/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 21/05/2021 dal Consigliere Dott. PAOLO PORRECA.

FATTO E DIRITTO

Considerato che:

la Sfirs, s.p.a., conveniva in giudizio *****, s.p.a., e la Vittoria Assicurazioni s.p.a., esponendo che:

– era stata designata dalla Regione Sardegna quale ente gestore del Fondo di cui alla L.R. n. 15 del 1994, istituito per la concessione di contributi in conto capitale sulla base dei programmi d’investimento;

– la Recall s.r.l. poi divenuta *****, s.r.l., aveva fatto una domanda parzialmente accolta dall’Assessorato Industria della regione, ottenendo un’anticipazione sul contributo, svincolata dallo stato di avanzamento dei lavori, subordinatamente alla stipula, perfezionata con Vittoria Assicurazioni, di una garanzia che aveva previsto la restituzione della somma erogata a semplice richiesta, qualora il contraente non avesse realizzato, nei termini, opere per almeno un terzo delle spese approvate per la realizzazione del programma finanziato, risultando debitore dell’anticipazione nei confronti dell’ente così garantito;

– avendo la Recall comunicato di aver completato quanto previsto, con acquisizione degli ultimi titoli di spesa agevolabili, la deducente aveva richiesto la documentazione a supporto per poter procedere all’erogazione a saldo;

– scaduto il termine per l’invio e la ricezione della documentazione, pur prorogato bonariamente, era stata disposta la revoca del finanziamento;

– nelle more la Forus s.p.a., poi denominata ***** s.r.l. e in seguito fallita, aveva comunicato la fusione per incorporazione della Recall;

– spettava quindi l’adempimento della garanzia autonoma in parola, atteso che le c.d. direttive di attuazione, adottate con decreto dell’Assessorato prima ricordato, per disciplinare i finanziamenti, erano state richiamate dalle premesse del contratto sotteso all’erogazione dell’agevolazione, e non prevedevano alcun limite all’operatività della garanzia indicata come necessaria;

la s.p.a. Vittoria Assicurazioni, previa deduzione subordinata di rivalsa nei confronti di *****, controdeduceva che la garanzia non era operativa non essendo stata rispettata la condizione che ne definiva l’oggetto, ossia quella della mancata realizzazione delle opere per almeno un terzo delle spese approvate;

il Tribunale, dopo un’ordinanza ingiuntiva in corso di causa, accoglieva in sentenza la domanda svolta osservando che l’onere di provare l’avveramento della condizione negativa spettava a Sfirs, che affermava il correlativo diritto, ed era stato assolto poiché Recall, nonostante le richieste, non aveva mai esibito la documentazione idonea a dimostrare spese riferibili al programma, mentre le fatture prodotte da Vittoria Assicurazioni, ed emesse dalla ditta Fancellu, erano prive di data certa e non concludenti in mancanza di adeguate conferme dal preteso emittente;

la Corte di appello, pronunciando sul gravame del garante, lo accoglieva ritenendo che:

a) l’onere della prova dell’avveramento della condizione, di mancata realizzazione delle opere nella misura prevista, era in capo a Sfirs, non essendovi deroghe neppure nel caso di fatti negativi e trattandosi di elemento costitutivo del diritto affermato, nonché di eccezione cartolare, fondata sul tenore del contratto stesso;

b) pur non essendo stato assolto tale onere dalla parte che lo aveva in carico, e per converso pur non essendovi onerata la compagnia Vittoria Assicurazioni, era stata comunque acquisita prova, proprio a mezzo delle produzioni documentali di quest’ultima società, del mancato avveramento della condizione negativa in discussione (di non realizzazione del terzo delle opere per valore di spesa), tramite fatture registrate con annotazione della data e del numero nei registri fiscali e con indicazione del numero identificativo dei bonifici di pagamento eseguiti al riguardo;

avverso questa decisione ricorre per cassazione la Sfirs, s.p.a., articolando sei motivi, corredati da memoria;

resiste con controricorso la Vittoria Assicurazioni, s.p.a., che ha depositato, altresì, memoria;

Rilevato che:

con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in uno all’omesso esame di un fatto decisivo e discusso, poiché la Corte di appello avrebbe violato il principio, eccepito nella comparsa di costituzione in secondo grado, di vicinanza della prova, onerando della stessa, quanto al mancato avveramento della condizione di cui in parte narrativa, la deducente invece che il garante del soggetto che quelle opere doveva porre in essere, fermo rimanendo che le direttive di attuazione, richiamate dalla determinazione di concessione disciplinante le obbligazioni della Recall, prevedevano, quale documentazione necessaria per l’erogazione a saldo, fatture quietanzate o in copia autentica, dalle quali era stabilito, altresì, che si poteva prescindere per le anticipazioni ma salvo il successivo deposito con il saldo, e da tali previsioni era evincibile un patto di modifica dell’onere della prova, oltre che di forma della stessa, opponibile al garante che non avrebbe potuto ignorarlo in buona fede, secondo quanto discusso nella memoria di precisazione delle deduzioni in prime cure, in cui si era invocato il difetto di data certa e l’inconcludenza di semplici fatture senza ulteriori conferme, nonché in comparsa di costituzione e conclusionale in appello;

con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in uno all’omesso esame di un fatto decisivo e discusso, poiché la Corte di appello avrebbe errato anche nella considerazione dell’IVA quale spesa, invece che un’obbligazione di cui il creditore finale era il fisco con una partita di giro, come eccepito nella memoria ex art. 183 c.p.c., in primo grado, con cui si era dedotto che le fatture prodotte dalla Vittoria Assicurazioni, dal complessivo importo specificato, non erano atte a dimostrare il superamento del limite del terzo delle opere, implicitamente dovendosene desumere l’esclusione dell’IVA nel conteggio: tale eccezione era stata riportata in comparsa conclusionale di primo grado, di costituzione, conclusionale e di replica finale in appello;

con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in uno all’omesso esame di un fatto decisivo e discusso, poiché la Corte di appello avrebbe errato violando il principio di acquisizione della prova, posto che aveva menzionato solo incidentalmente la documentazione prodotta e prima ricordata, poggiando invece la decisione sulla parimenti erronea distribuzione dell’onere della prova in capo alla deducente;

con il quarto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in uno all’omesso esame di un fatto decisivo e discusso, poiché la Corte di appello avrebbe errato, negli stessi termini di cui alla censura precedente, in punto di erroneo conteggio dell’IVA al fine di valutare superato il terzo del valore delle opere;

con il quinto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in uno all’omesso esame di un fatto decisivo e discusso, poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che era stata allegata e prodotta un’implicita ma univoca dichiarazione di riconoscimento di debito, consistente nella richiesta dell’avvocato dell’assicurazione di soprassedere alle azioni esecutive essendovi l’intenzione di adempiere: tale deduzione era stata svolta in prime cure, e in appello era stata richiesta la correzione della previa motivazione che non l’aveva valorizzata, senza che fosse necessario, come invocato dalla controparte, un appello incidentale per cui pure non erano imposte particolari formule;

con il sesto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in uno all’omesso esame di un fatto decisivo e discusso, poiché la Corte di appello avrebbe errato, negli stessi termini di cui alla censura precedente, in punto di erroneo conteggio dell’IVA al fine di valutare superato il terzo del valore delle opere;

Rilevato che:

i motivi di ricorso, da trattare congiuntamente per connessione, sono in parte inammissibili, in parte infondati;

va subito detto che la Corte di appello non ha violato alcun principio di acquisizione della prova e non ha affatto menzionato incidentalmente la documentazione prodotta dalla Vittoria Assicurazioni, poggiando il rigetto della domanda anche su questa seconda ragione decisoria (essendo la prima quella afferente alla distribuzione dell’onere della prova);

e tale ragione non è stata declinata solo in termini constatazione della presenza di semplici fatture, poiché la Corte territoriale ha aggiunto che si trattava di fatture risultanti dal registro degli acquisti, con annotazione della data e del numero identificativo dei bonifici di pagamento;

da questo punto di vista le censure di questa “ratio decidendi” in parte si rivelano prive di fondamento, in parte non si misurano con la stessa negli esatti e compiuti termini in cui è declinata, in parte sottendono la richiesta di una rivalutazione istruttoria inammissibile in sede di legittimità;

va sottolineato al riguardo che le deduzioni afferenti all’art. 2697 c.c., non sono state strutturate secondo la conformazione deducibile in sede di legittimità, posto che la violazione di tale norma si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova a una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni (Cass., Sez. U., 05/08/2016, n. 16598, pag. 35, e succ. conf. tra cui ad es. Cass., 23/10/2018, n. 26769 e Cass., 15/05/2020, n. 8994);

a quanto sopra si aggiunge che:

i) l’applicazione del principio di vicinanza della prova che fa parte ricorrente è apodittica, non essendovi alcuna univocità logica nel ritenere che porti alla conclusione per cui la prova in parola avrebbe dovuto essere considerata più prossima al garante piuttosto che al garantito;

ii) la deduzione dell’esclusione dell’IVA dal conteggio delle spese ai fini del tetto di operatività della garanzia, non si è dimostrato, riportandone compiutamente le allegazioni ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6 (Cass., Sez. U., 27/12/2019, n. 34469), che fosse stata dedotta e discussa in sede di merito e come tale, essendo nuova, secondo quanto eccepito anche in controricorso, è inammissibile, oltre a sottendere una rivalutazione di merito anch’essa in ordine a una – diversamente plausibile (l’IVA è una componente del costo e quindi della spesa per chi la sostiene nel momento in cui la paga) – interpretazione di una clausola contrattuale (Cass., 28/11/2017, n. 28319, Cass., 27/06/2018, n. 16987): ed è opportuno rimarcare che, per un motivo prima logico che giuridico, la mera contestazione delle fatture per lo specificato importo, non implica in alcun modo l’allegazione assertiva in parola, peraltro indicata come reiterata in atti non riportati e in parte meramente illustrativi come nel caso delle memorie conclusionali e di replica finale;

iii) la deduzione di sussistenza di un patto di modifica dell’onere della prova o di forma della medesima è parimenti nuova, come analogamente eccepito da parte controricorrente, fermo che l’eccezione sarebbe risultata infondata posto che: altro e’, in tesi, il rapporto contrattuale di finanziamento, altro quello di garanzia autonoma, e dunque neppure accessoria (cfr., da ultimo, Cass., 03/12/2020, n. 27619), altro, inoltre, è la previsione di una forma per l’erogazione a saldo, o al momento del saldo, altro è poterne evincere che questa forma valga per l’ermeneutica inerente all’efficacia della distinta garanzia, e men che meno per pattuire la differente distribuzione degli oneri probatori riguardo al rapporto tra garante e creditore garantito;

iv) quanto alla pretesa ricognizione di debito, indicata discutibilmente, in termini sussuntivi, come evincibile da una missiva in cui si domandava in realtà la dilazione dell’esazione coattiva prospettando l’adempimento, la ritenuta distribuzione differente dell’onere della prova avrebbe dovuto comunque essere considerata, necessariamente sul piano logico, un rigetto implicito, seppure non motivato, di un’eccezione che proponeva una distribuzione di quell’onere specularmente opposta, con conseguente necessità di appello incidentale e, in difetto, giudicato interno ostativo (Cass., Sez. U., 19/04/2016, n. 7700, Cass., Sez. U., 12/05/2017, n. 11799);

spese secondo soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali di parte controricorrente liquidate in Euro 10.000,00, oltre a Euro 200,00 per esborsi, 15% di spese forfettarie e accessori legali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 21 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2021

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