Corte di Cassazione, sez. Unite Civile, Sentenza n.26555 del 30/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Felice – Presidente di Sez. –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso Rg. n. 25867/2015 proposto da:

D.V.A., e E.R., elettivamente domiciliati in Roma Via Cicerone 44, presso lo studio della Dott.ssa Agnese LATERZA CRISTOFANO, rappresentati e difesi dagli avvocati Francesco Maria D’ACUNTO, e Giuseppe D’ACUNTO;

– ricorrenti –

contro

COPIN S.p.a., in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo studio degli avvocati Raffaele FEROLA, Renato FEROLA, e Bianca Luisa NAPOLITANO, che la rappresentano e difendono;

– controricorrente –

e contro

Presidente della Giunta Regionale della Campania – Commissario Liquidatore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3864/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 02/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/9/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIO PIETRO MARIA LAMORGESE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

La Giunta Speciale per le Espropriazioni costituita presso la Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 2 ottobre 2015, ha determinato in Euro 18.504,96 l’indennità spettante ad D.V.A. e E.R. per l’occupazione temporanea – nel periodo dal 26 marzo 2003 al 30 giugno 2012 – di un’area già soggetta a vincolo espropriativo per la “sistemazione e l’adeguamento di *****” (nell’ambito del “programma di adeguamento del sistema di trasporto intermodale delle aree interessate dal fenomeno bradisismico), individuata con verbale di consistenza del 17 novembre 2006 (in catasto del Comune di Napoli al foglio *****, part. *****, di originari mq. 3165, poi ridotti a mq. 2835, a seguito della espropriazione parziale di una superficie di mq. 330)”, ed ha condannato il Consorzio Copin al deposito della somma presso la Cassa Depositi e Prestiti, calcolata in misura corrispondente agli interessi legali sull’indennità virtuale di esproprio.

D.V.A. e E.R. propongono ricorso affidato a due motivi, resistito con controricorso dalla Copin s.p.a..

Il procuratore generale ha depositato requisitoria scritta e le parti hanno depositato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti imputano alla Giunta Speciale di avere quantificato l’indennità di occupazione temporanea in misura corrispondente agli interessi legali per ciascun anno di occupazione, anziché nella misura di un dodicesimo dell’indennità virtuale di esproprio, come previsto dalla L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 20, comma 3 e ribadito da un precedente delle Sezioni Unite (sentenza n. 10502 del 2012).

Il motivo è infondato per due ordini di considerazioni.

In primo luogo, il citato precedente delle Sezioni Unite del 2012 si riferisce ad un caso in cui il compendio occupato aveva una “destinazione unitaria agricola” (v. par. 4.1), il che giustificava l’applicazione del criterio di cui della L. n. 865 del 1971, art. 20, comma 3, che la giurisprudenza di legittimità riteneva (prima che il titolo II della Legge del 1971 fosse abrogato dal D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 58) ancora in vigore e applicabile limitatamente ai beni inedificabili, diversamente dai beni edificabili ed edificati per i quali il criterio prevalente era quello degli interessi legali (cfr., ex plurimis, Cass. n. 13879 del 2017, n. 19972 del 2009, n. 19635 del 2005, n. 5271 del 2002).

Nel caso in esame, il motivo difetta di specificità poiché non precisa quale fosse la natura del bene (se edificabile o inedificabile), non consentendo di comprendere la pertinenza del vizio dedotto; inoltre il giudice di merito – come rilevato dal procuratore generale – ha ancorato la decisione all’incensurato presupposto di fatto dell’inserimento della particella occupata “nel contesto urbano del quartiere Pianura, completamente urbanizzato e infrastrutturato” (pag. 11), in tal modo negandone di fatto la qualificazione come agricola, con l’effetto di rendere inapplicabile l’invocato criterio di cui dell’art. 20, comma 3, ai fini della determinazione dell’indennità in questione.

In secondo luogo, si deve considerare che l’indennità di occupazione temporanea e di urgenza deve essere liquidata in misura corrispondente ad una percentuale di quanto dovuto per l’espropriazione dell’area occupata e ben può corrispondere al saggio corrente degli interessi legali, fermo restando che quello degli interessi legali non costituisce un criterio a carattere vincolante, ma è una scelta rimessa al prudente apprezzamento – quindi incensurabile in sede di legittimità – del giudice di merito, il quale, ove ritenga di farvi ricorso in assenza di elementi comprovanti un pregiudizio maggiore, non è tenuto a motivare la propria decisione, trattandosi di criterio idoneo a fungere, in via presuntiva, da parametro pienamente reintegrativo del pregiudizio subito dal proprietario (cfr. Cass. n. 5916 del 2016, n. 2100 del 2011).

Il secondo motivo, con il quale i ricorrenti si dolgono della determinazione dei compensi professionali, che assumono liquidati in misura inferiore a quella prevista dalle tabelle di cui al D.M. n. 55 del 2014, non consente, per come è formulato, di evidenziare la violazione denunciata, risolvendosi in una astratta doglianza di liquidazione in misura inferiore a quella richiesta nella parcella e, in definitiva, in una istanza di ricalcolo delle spese della fase di merito, peraltro senza una precisa indicazione delle attività ivi svolte. Esso è dunque inammissibile.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese, liquidate in Euro 3200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.

Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 14 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2021

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