LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GORJAN Sergio – Presidente –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19356/2016 proposto da:
M.A., P.I., elettivamente domiciliate in ROMA, LARGO SOMALIA 67, presso lo studio dell’avvocato RITA GRADARA, che le rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALESSANDRA MORLOTTI;
– ricorrenti –
contro
SINDACATO AUTONOMO BANCARI FABI FEDERAZIONE AUTONOMA BANCARI ITALIANI DI PAVIA E PROVINCIA IN PERSONA DEL SEGRETARIO COMUNALE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. PUCCINI 10, presso lo studio dell’avvocato MARIO FERRI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato AURELIO MONTI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1942/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 18/05/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 13/05/2021 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI.
FATTI DI CAUSA
1. Gli avv.ti M.A. e P.I. agirono nei confronti del Sindacato Autonomo Bancari F.A.B.I. di Pavia e Provincia per sentirlo condannare al pagamento della somma di 9.832,96 Euro a titolo di prestazioni professionali.
1.1. Con ordinanza in data 22 ottobre 2015, il Tribunale di Pavia quantificò il compenso dovuto in Euro 8.950,00, lo ridusse del 50% in ragione della non particolare complessità della causa, e, detratto l’importo di Euro 4.275,20, corrisposto in corso di causa, condannò la convenuta al pagamento della residua somma di Euro 200,00.
2. La Corte d’appello di Milano, adita dagli avv.ti M. e P., con la sentenza n. 1942 del 2016, pubblicata il 18 maggio 2016 e notificata il 23 maggio 2016, ha rigettato l’appello, confermando la decisione del Tribunale.
3. Per la cassazione della sentenza M.A. e P.I. hanno proposto ricorso, articolato in quattro motivi, ai quali resiste con controricorso il Sindacato Autonomo Bancari F.A.B.I. di Pavia e Provincia. Le ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo è denunciata violazione dell’art. 111 Cost. e art. 115 c.p.c., comma 1 e si contesta l’affermazione della Corte d’appello secondo cui le attrici-appellanti non avevano dimostrato di avere partecipato alla fase istruttoria nel giudizio in cui avevano patrocinato la FABI.
Viceversa, la circostanza sarebbe stata provata documentalmente, con la produzione avvenuta nel giudizio di primo grado, e, in ogni caso, non era stata oggetto di contestazione: la FABI aveva dato atto che le attrici-appellanti avevano partecipato a tutte le udienze (ivi compresa quella del 20 giugno 2013), e nel primo atto difensivo non aveva contestato le voci esposte nella nota spese, tra le quali vi era la voce “fase istruttoria”.
2. Con il secondo motivo è denunciata violazione del D.M. n. 140 del 2012, art. 11, comma 5, lett. c) e si contesta che la Corte di appello sarebbe incorsa in errore nell’escludere dal conteggio finalizzato a determinare il compenso dovuto l’attività di partecipazione alla fase istruttoria.
3. Con il terzo motivo è denunciata violazione del D.M. n. 140 del 2012, art. 4, commi 2 e 3 e art. 11, comma 1 e si lamenta la mancanza di specifica e adeguata valutazione da parte della Corte d’appello in merito alla “non particolare complessità” della causa in cui le ricorrenti avevano assistito la FABI, e la mancanza di motivazione sul punto. Inoltre, non era stato considerato, tra i criteri di valutazione, l’esito finale del giudizio, che era stato favorevole all’assistita FABI.
4. Con il quarto motivo è denunciata violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sull’eccezione, formulata nell’atto di appello, con la quale era contestato il calcolo della somma residua, che non era pari ad Euro 200,00, come statuito, ma ad Euro 509,88.
5. I primi tre motivi, che censurano la valutazione dell’attività posta in essere dalle ricorrenti nell’interesse della FABI nel giudizio svoltosi dinanzi al Tribunale di Vigevano, sono inammissibili.
5.1. Nella motivazione della sentenza impugnata la Corte d’appello ha dato atto della “mancata produzione da parte appellante degli atti della causa in relazione alla quale vengono richiesti i compensi”, ed ha ritenuto che le censure riferite alla valutazione fatta dal giudice di primo grado in ordine a quel giudizio – in specie, alla non particolare complessità della causa, alla marginalità della posizione processuale della FABI, al contenuto meramente processuale delle difese e alla mancata partecipazione alla fase istruttoria – dovessero essere respinte, per difetto assoluto di prova.
I motivi di ricorso non attingono l’affermazione, che costituisce la ratio decidendi, della mancata produzione in appello dei documenti necessari per riesaminare la decisione di primo grado, e pertanto sono inidonei ad introdurre qualsiasi controllo da parte del giudice di legittimità.
5.2. Risulta inammissibile anche la violazione del principio di non contestazione, denunciata nel primo motivo, per carenza di specificità.
In tema di ricorso per cassazione, quando il motivo di impugnazione è fondato sul rilievo che la controparte avrebbe tenuto condotte processuali di non contestazione, per consentire alla Corte di legittimità di prendere cognizione delle doglianze ad essa sottoposte, il ricorso, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, deve sia indicare la sede processuale di adduzione delle tesi ribadite o lamentate come disattese, sia contenere la trascrizione dei relativi passaggi argomentativi (ex plurimis, Cass. 09/08/2016, n. 16655).
6. Il quarto motivo è inammissibile per carenza di specificità.
6.1. Risulta dalla sentenza impugnata che la Corte d’appello ha esaminato la questione della correttezza del conteggio effettuato dal Tribunale, e pertanto, per denunciare l’omessa pronuncia sull’eccezione asseritamente formulata al punto 4 dell’atto di appello, le ricorrenti avrebbero dovuto riportarne il contenuto, in assenza del quale questa Corte non è in grado di valutare la decisività della censura (ex plurimis, Cass. 13/05/2016, n. 9888).
7. Al rigetto del ricorso segue la condanna delle ricorrenti alle spese, nella misura indicata in dispositivo.
Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
PQM
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna le ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 2.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2021