Corte di Cassazione, sez. I Civile, Sentenza n.26579 del 30/09/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26048/2015 proposto da:

M.B., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Marcialis Luigi, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.G.M., elettivamente domiciliata in Frascati (Roma), Largo A. Panizza n. 2, presso lo studio dell’avvocato Ceccarelli Giuseppina, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

Pubblico Ministero;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositato il 21/08/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/06/2021 dal cons. Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott.ssa CERONI FRANCESCA, che conclude per l’accoglimento del ricorso, come da requisitoria scritta;

udito, per il ricorrente, l’avvocato Marcialis Luigi.

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Cagliari, con sentenza del *****, pronunciando la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra P.M.G. e M.B. il *****, poneva a carico del M. un contributo per il mantenimento della moglie e di due figli.

Successivamente il M. chiedeva la revisione delle condizioni e il tribunale, con decreto del *****, revocava il contributo per i figli, divenuti indipendenti economicamente, e determinava in Euro 730,00 l’assegno divorzile a favore della P..

Il M. introduceva un nuovo giudizio di revisione in data 17 aprile 2014, nel quale chiedeva la revoca o la riduzione dell’assegno, deducendo il peggioramento della propria situazione economica: evidenziava il lungo tempo trascorso dalla separazione (omologata in data *****), a fronte della breve durata del matrimonio (tredici anni) e la contrazione delle proprie fonti reddituali, da ultimo aggravata per la trattenuta di Euro 500,00 mensili sulla pensione, a seguito di un pignoramento intimatogli dalla P. per il pagamento di contributi arretrati per il mantenimento dei figli, da lui non corrisposti in base ad un accordo verbale con l’ex coniuge, essendo i figli divenuti indipendenti economicamente.

Il tribunale rigettava il ricorso e la Corte d’appello di Cagliari, in data 21 agosto 2015, rigettava il gravame del M..

Il M. propone ricorso per cassazione, resistito dalla P..

Il pubblico ministero ha depositato requisitoria scritta.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione della L. n. 898 del 1970, art. 9 per non avere considerato che il tempo trascorso dalla separazione (nella specie, di circa trenta anni dall’epoca della separazione) non è un elemento irrilevante ai fini del giudizio di revisione dell’assegno, rimasto invariato, anche in considerazione della breve durata del matrimonio (circa tredici anni fino alla separazione), richiedendo la citata disposizione la sopravvenienza solo di “giustificati motivi” da valutare compiutamente in relazione alle situazioni concrete.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 9 citato, per avere omesso di considerare che egli aveva superato i settantadue anni ed era coniugato con un’altra persona; era affetto da patologie cardiache che ne limitavano l’autonomia; aveva chiuso lo studio di commercialista, di cui era titolare, che in passato gli consentiva di far fronte ai versamenti a favore della P.; aveva visto diminuire i redditi professionali, era stato costretto a contrarre debiti con istituti bancari e società finanziarie (anche in relazione a un mutuo contratto per l’acquisto di una casa dove risiedeva con il nuovo coniuge) e subiva sulla pensione di Euro 1957,40 una trattenuta di Euro 500,00 per le rate pregresse da corrispondere alla P. a titolo di contributo per i figli. La P., invece, aveva migliorato la propria posizione economica, avendo ricevuto lasciti ereditari, maturato il diritto alla pensione sociale e acquistato la proprietà di un lussuoso appartamento a Cagliari, oltre a ricevere gli arretrati per il mantenimento dei figli, maturati quando gli stessi erano economicamente indipendenti da molto tempo.

Tali motivi, da esaminare congiuntamente, sono inammissibili.

Entrambi travisano la ratio decidendi della sentenza impugnata, con la quale la corte territoriale ha esaminato in concreto le deduzioni poste a fondamento della richiesta dell’istante e ritenuto insussistenti i “giustificati motivi” addotti, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 9 per la revisione delle condizioni patrimoniali di divorzio. A tal fine, in particolare, la corte ha escluso che l’esposizione debitoria relativa al mantenimento dei figli maggiorenni determinasse un mutamento delle condizioni patrimoniali degli ex coniugi rilevante ai fini della revisione dell’assegno, trattandosi di un onere il cui aggravamento è determinato dal pregresso inadempimento di un obbligo dello stesso M.. La corte non ha ritenuto irrilevante il tempo trascorso dall’epoca della separazione o dello scioglimento del vincolo coniugale, ai fini del giudizio sulla revisione delle condizioni di divorzio, cui ha dato accesso con un esito che, in concreto, non è condiviso dal ricorrente, ma incensurabile in sede di legittimità, costituendo il risultato di apprezzamenti di fatto immuni da vizi giuridici.

Il profilo inerente alle circostanze ulteriori (rispetto alla questione dell’onere relativo al mantenimento dei figli) indicate nel secondo motivo, a sostegno della richiesta di revisione dell’assetto patrimoniale post-coniugale, è ugualmente inammissibile per difetto di specificità, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., nn. 4 e 6. La sentenza impugnata non le prende in considerazione, né il motivo precisa se, in quale momento processuale e in che termini tali circostanze ulteriori siano state dedotte a sostegno della richiesta di revisione avanzata ai giudici di merito, con l’effetto di risolversi nel tentativo di ottenere impropriamente un nuovo giudizio di fatto in sede di legittimità.

Il ricorso è inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile, condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 2200,00, oltre accessori di legge.

Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi.

Così deciso in Roma, il 16 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472