LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 28470/2016 proposto da:
6 M di M.R. & C. s.n.c., nella persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Vincenzo Giangiacomo, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Roma, via Agostino Depretis, n. 86, giusta procura speciale in calce al ricorso per cassazione;
– ricorrente –
contro
Snam Rete Gas s.p.a., nella persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Paolo Pototschnig, ed elettivamente domiciliata in Roma, via di San Nicola da Tolentino, n. 69 (Studio Legance – Avvocati Associati), in forza di procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza della Corte di appello di VENEZIA, del 2 maggio 2016, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/06/2021 dal consigliere Dott. Lunella Caradonna.
RILEVATO
CHE:
1. Con l’ordinanza impugnata, la Corte d’appello di Venezia, in sede di opposizione alla stima, promossa ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54 ha determinato l’indennità dovuta per la costituzione di una servitù coattiva di metanodotto sull’area di proprietà della società 6 M di M.R. & C. s.n.c., sita a *****, di complessive ha 10.30.90, nella somma di Euro 36.049,91 oltre interessi legali dal 16 marzo 2012, ove non depositata presso la Cassa depositi e prestiti, e l’indennità di occupazione nella somma di Euro 1.079.70, oltre interessi legali su ciascun importo annuo dal 3 aprile 2012, sino al versamento, se non già depositata presso la Cassa depositi e prestiti.
2. La Corte di appello, richiamando le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, ha accertato che i terreni erano soggetti a vincoli di diversa natura, dovuti in particolare alla vicinanza del fiume e all’infrastruttura stradale e specificamente a divieti di edificabilità nelle zone di rispetto fluviale e stradale e a vincolo paesaggistico e, in particolare, che la fascia asservita dal metanodotto ricadeva interamente nella fascia di vincolo paesaggistico e parzialmente anche nella fascia di vincolo stradale.
3. I giudici di secondo grado, con riferimento all’edificabilità dei terreni, hanno precisato, sempre richiamando le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, che da un lato vi erano le superficie interne al mappale n. *****, ricadenti in zona di rispetto fluviale e in zona di rispetto stradale, per loro natura non edificabili in ragione di un vincolo preesistente e diverso da quello relativo all’oggetto di causa e dall’altro, che vi erano superficie che non erano interessate dai suddetti vincoli, le quali per la loro natura di aree non pianificate, avendo perso ogni destinazione urbanistica, non potevano essere come tali oggetto di alcun intervento edilizio e che, quindi, tali terreni non avevano una apprezzabile potenzialità edificatoria.
4. La Corte, poi, ha determinato il valore di mercato dei terreni per quanto riguarda le aree interne al mappale n. ***** ricadenti in zona di rispetto fluviale e in zona di rispetto stradale in Euro 9,00 al metro quadro; mentre, con riferimento alle restanti aree, classificate come non pianificate e sulle quali, con una certa probabilità, poteva edificarsi, sulla base di alcuni parametri assunti con riferimento ad aree edificabili limitrofe a quella interessata dall’asservimento, ha individuato un valore medio ponderato di Euro 17,20 al metro quadro e ritenuto preferibile determinare l’indennità secondo l’ipotesi dell’espropriazione parziale (piuttosto che l’indennità determinata considerando il solo sedime interessato per la presenza della condotta), considerato il deprezzamento generale subito dal bene a seguito dell’apposizione della servitù, ha determinato l’indennità dovuta in complessivi Euro 36.049,91.
5. La 6 M di M.R. & C. s.n.c. ha impugnato l’ordinanza della Corte d’appello di Venezia con ricorso per cassazione affidato a due motivi.
6. La Snam Rete Gas s.p.a. ha resistito con controricorso.
7. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO
CHE:
1. Con il primo motivo la società ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione delle norme tecniche attuative del Piano di assetto del territorio del Comune di Rovigo, della L.R. Veneto n. 11 del 2004 e dei principi generali in tema di pianificazione urbanistica e l’omessa motivazione sulla potenzialità edificatoria dell’area tenuto conto dell’intervenuta adozione e approvazione del P.A.T. (Piano assetto territorio), anche se in pendenza di ratifica e pubblicazione.
2. Con il secondo motivo la società ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 32,33 e 27 e dei principi giurisprudenziali in materia di determinazione dell’indennità, non essendo state tenute in considerazione le caratteristiche del bene al momento dell’asservimento ai fini della quantificazione dell’indennità, con particolare riguardo alla sua potenzialità edificatoria.
2.1 I motivi, che vanno trattati unitariamente perché connessi, sono infondati.
2.2. E stato affermato da questa Corte che gli strumenti urbanistici Adottati e non ancora approvati non consentono la realizzazione delle opere in essi previste, in quanto l’approvazione da parte della Regione costituisce atto di perfezionamento dell’iter amministrativo e produce la legittimità e l’efficacia dello strumento stesso, mentre la sua adozione ha il solo effetto di far scattare le cd. “misure di salvaguardia” (Cass., 27 settembre 2002, n. 14024; Cons. Stato, 25 maggio 1993, n. 563).
2.3 In questo senso, la Corte territoriale ha correttamente rilevato, richiamando le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, che, secondo lo strumento urbanistico vigente all’epoca dell’esproprio, i terreni erano soggetti a vincoli di diversa natura, dovuti in particolare alla vicinanza del fiume e all’infrastruttura stradale e specificamente a divieti di edificabilità nelle zone di rispetto fluviale e stradale e a vincolo paesaggistico e che mentre alcune superficie interne al mappaLe n. *****, ricadenti in zona di rispetto fluviale e in zona di rispetto stradale, erano per loro natura non edificabili in ragione dei vincoli preesistenti, altre superficie, in quanto aree non pianificate, avevano perso ogni destinazione urbanistica e non potevano essere, come tali, oggetto di alcun intervento edilizio ed erano, quindi, terreni privi di una apprezzabile potenzialità edificatoria.
La Corte, dunque, ha implicitamente ritenuto del tutto irrilevanti le previsioni del P.A.T., che, alla data di adozione del decreto di asservimento del 16 marzo 2012, era stato soltanto adottato dal Comune di Rovigo, con Delib. del Consiglio Comunale 22 dicembre 2009, n. 71 (a tale delibera, per come affermato dalla stessa società ricorrente, aveva fatto seguito la Delub. Giunta Regionale 17 aprile 2012, n. 679 che aveva ratificato l’approvazione in conferenza dei servizi e successivamente, in data 8 maggio 2012, la pubblicazione sul Bollettino Regionale n. 36).
2.4. Peraltro con riguardo al vizio di omesso esame dei rilievi difensivi svolti nei confronti della consulenza tecnica d’ufficio, questa Corte ha affermato che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 convertito con modificazioni dalla L. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente l’omessa valutazione di deduzioni difensive (Cass., 18 ottobre 2018, n. 26305; Cass., 14 giugno 2017, n. 14802).
Ed infatti, a differenza della consulenza tecnica d’ufficio, la consulenza di parte costituisce una semplice allegazione difensiva, priva di autonomo valore probatorio, posto che il contenuto tecnico del documento non vale ad alterarne la natura che resta quella di un atto difensivo (Cass., 18 ottobre 2018, n. 26305, citata; Cass., 6 agosto 2015, n. 16552; Cass., sez. U., 3 giugno 2013, n. 13902).
Questa Corte ha, inoltre, chiarito che il fatto in questione deve essere decisivo, ovvero per potersi configurare il vizio è necessario che la sua assenza conduca a una diversa decisione con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, in un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data (Cass., 8 ottobre 2014, n. 21152; Cass., 14 novembre 2013, n. 25608), mentre nel caso in esame vengono in rilievo le previsioni del P.A.T., adottato con delibera del Consiglio Comunale del 22 dicembre 2009, ma non ancora approvato.
3. Per le ragioni di cui sopra, il ricorso deve essere rigettato e la società ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali, sostenute dalla società controricorrente e liquidate come in dispositivo, nonché al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge e pure indicato in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2021