LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 6486/2016 proposto da:
Comune di Alezio, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Pietro da Cortona n. 8, presso lo studio dell’Avvocato Salvatore Mileto, rappresentato e difeso dall’Avvocato Stefano Teseo, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Coop. Edilcoop Salentina S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Crescenzio n. 42, presso lo studio dell’Avvocato Pagliara Paolo, rappresentata e difesa dall’Avvocato Angelo Galante, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 671/2015 della Corte d’appello di Lecce depositata il 17/9/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/6/2021 dal cons. Dott. Alberto Pazzi.
RILEVATO
che:
1. Il Tribunale di Lecce, con sentenza n. 298/2011, condannava Edilcoop Salentina s.r.l. a corrispondere al Comune di Alezio la somma di Euro 244.009, oltre accessori, a titolo di compenso del costo di acquisizione delle aree e per la realizzazione di opere di urbanizzazione – anticipato dall’ente in area di zona PEEP assegnata in diritto di superficie.
2. La Corte d’appello di Lecce, a seguito dell’impugnazione proposta da Edilcoop Salentina s.r.l., riteneva, invece, che il diritto azionato fosse già prescritto nel momento in cui era stato esercitato e, in riforma della decisione gravata, rigettava la domanda presentata dal Comune di Alezio.
3. Per la cassazione di questa decisione, pubblicata in data 17 settembre 2015, ha proposto ricorso il Comune di Alezio prospettando quattro motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso Edilcoop Salentina s.r.l..
Parte controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..
CONSIDERATO
che:
4. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1355 c.c., in quanto la Corte d’appello ha rilevato la nullità dell’art. 2 della convenzione intervenuta fra le parti in data 28 febbraio 1981 (a mente del quale il costo di acquisizione dell’area sarebbe stato determinato dopo il perfezionamento della procedura espropriativa) ritenendo che la stessa contenesse una condizione meramente potestativa.
Una simile valutazione – in tesi di parte ricorrente – non può essere condivisa, in quanto la pattuizione, lungi dal conferire all’amministrazione comunale un mero arbitrio, è stata il frutto di una valutazione di opportunità, legata al principio del perfetto pareggio di bilancio previsto dalla L. n. 865 del 1971, art. 35 e funzionale a uno specifico interesse pubblico.
5. Il motivo è fondato.
5.1 La Corte d’appello ha ritenuto che fosse dirimente – e assorbente rispetto a ogni altra doglianza – la valutazione dell’eccezione di prescrizione sollevata da Edilcoop Salentina s.r.l..
Questa eccezione era stata disattesa dal primo giudice in virtù della pattuizione intervenuta fra le parti secondo cui la quantificazione del costo di acquisizione delle aree sarebbe avvenuta dopo il perfezionamento della procedura espropriativa, in quanto solo dopo il suo completamento l’ente pubblico era stato in grado di determinare il costo complessivo dell’operazione.
La Corte di merito, al contrario, ha reputato che una simile pattuizione, laddove rinviava la determinazione del corrispettivo dell’area a un momento successivo al perfezionamento della procedura espropriativa, introducesse una condizione meramente potestativa, da considerarsi quindi nulla ex art. 1355 c.c. giacché faceva dipendere la liquidità e l’esigibilità della prestazione da un evento comportamentale di esclusiva pertinenza del creditore, che poteva così differire ad libitum l’efficacia dell’obbligazione.
Peraltro, quand’anche si fosse inteso discorrere di dies solutionis o di termine di adempimento posticipato, la previsione della convenzione in discorso andava riferita – a parere dei giudici distrettuali – all’ipotesi di una corretta definizione della procedura, mediante l’emissione di un tempestivo decreto di esproprio nel termine quinquennale decorrente dall’occupazione di urgenza, dovendosi perciò ritenere che il termine di prescrizione fosse iniziato a decorrere da tale epoca, con la conseguente prescrizione del diritto di credito.
5.2 La censura in esame, laddove rappresenta che la procrastinazione della richiesta di versamento delle somme dovute è stata il frutto non di un mero arbitrio, “ma di una valutazione di opportunità legata alla L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 35 che detta il principio del perfetto pareggio di bilancio”, intende criticare ambedue gli argomenti posti dalla Corte territoriale a base della propria statuizione, in quanto pone in discussione non solo la classificazione della convenzione in termini di condizione meramente potestativa, ma anche l’interpretazione della stessa secondo logiche contrastanti con il precetto normativo del perfetto pareggio di bilancio.
5.3 La valutazione della clausola in discorso, al fine di determinarne la validità o di fissarne il senso, non poteva che avvenire al lume del tenore della norma che all’epoca regolava la materia, costituita dalla L. n. 865 del 1971, art. 35, comma 12, nel suo tenore originario, secondo cui “il prezzo di cessione delle aree è determinato in misura pari al costo di acquisizione delle aree stesse, nonché al costo delle relative opere di urbanizzazione in proporzione al volume edificabile”. Un simile disposto normativo non lascia dubbi sul fatto che il legislatore intendesse stabilire la necessità di provvedere all’integrale recupero delle spese sostenute per la realizzazione del piano, in modo da ripartire la complessità dei costi effettivamente sopportati in maniera equa fra tutti i beneficiari dell’intervento edificatorio.
La mancata conclusione dell’iter espropriativo a causa della non conseguita definizione del contenzioso con i proprietari dei fondi espropriati (nel senso attestato dalla documentazione prodotta dall’amministrazione municipale in sede di merito) costituiva quindi non un impedimento di fatto all’esercizio del diritto, come tale non ostativo al decorso della prescrizione, ma un impedimento di natura legale, sostanzialmente correlato alla maturazione del diritto al versamento del prezzo di cessione.
Occorre perciò ribadire il principio, già affermato da questa Corte in precedenti arresti, secondo cui il termine prescrizionale del diritto del Comune di recuperare le somme versate ai proprietari dei terreni espropriati incomincia a decorrere dal momento dell’effettivo pagamento delle relative indennità, in quanto gli impedimenti di natura legale non consentono il decorso della prescrizione (si vedano in questo senso Cass. 9066/2018, Cass. 15973/2006).
5.4 Ne discende l’erroneità di ambedue le valutazioni compiute dalla Corte di merito.
La giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che la condizione sia “meramente potestativa” quando consiste in un fatto volontario il cui compimento o la cui omissione non dipende da seri o apprezzabili motivi, ma dal mero arbitrio della parte, svincolato da qualsiasi razionale valutazione di opportunità e convenienza, sì da manifestare l’assenza di una seria volontà della parte di ritenersi vincolata dal contratto, mentre si qualifica “potestativa” quando l’evento dedotto in condizione è collegato a valutazioni di interesse e convenienza e si presenta come alternativa capace di soddisfare anche l’interesse proprio del contraente, soprattutto se la decisione è affidata al concorso di fattori estrinseci, idonei ad influire sulla determinazione della volontà, pur se la relativa valutazione è rimessa all’esclusivo apprezzamento dell’interessato (Cass. 30143/2019, Cass. 18239/2014, Cass. 11774/2007).
L’interpretazione della clausola in discorso – che, lo si ripete, prevedeva la quantificazione del costo di acquisizione delle aree dopo il perfezionamento della procedura espropriativa – in termini di condizione meramente potestativa si pone in evidente contrasto con questi principi, in quanto la convenzione, lungi dall’affidare il recupero del credito al mero arbitrio della parte pubblica in assenza di ragioni di opportunità e convenienza, altro non ha fatto se non introdurre formalmente all’interno del testo della convenzione il principio secondo cui, stante la necessità di recuperare il complesso delle spese sostenute per la realizzazione del piano di edilizia pubblica, gli impedimenti di natura legale (quali la pendenza di controversia giudiziarie promosse contro l’esproprio) non consentono il decorso della prescrizione.
5.5 Anche l’interpretazione in termini di validità della clausola compiuta in via alternativa della Corte di merito, con decorrenza del termine di prescrizione dallo scadere del termine quinquennale per l’emissione del decreto di esproprio, si pone in chiaro contrasto con i principi in precedenza affermati.
La primazia della previsione contenuta nel richiamato L. n. 865 del 1971, art. 35 imponeva infatti – ove necessario anche in virtù del meccanismo di inserzione automatica di clausole per l’integrazione del contenuto del contratto prevista dall’art. 1339 c.c. – che operasse il principio secondo cui i corrispettivi di cessione devono, nel loro insieme, assicurare la copertura delle spese sostenute dal Comune per l’acquisizione delle aree comprese in ciascun piano approvato a norma della L. 18 aprile 1962, n. 16 e la realizzazione delle relative opere di urbanizzazione.
Qualsiasi interpretazione del tenore della convenzione intercorsa fra il Comune e il concessionario in termini contrastanti con questo principio, come quella propugnata nel caso di specie dalla Corte di merito, costituisce un’erronea negazione della regola di diritto in discorso e comporta, inevitabilmente, la sua violazione.
6. La sentenza impugnata andrà dunque cassata, con rinvio della causa alla corte distrettuale, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Rimangono assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello di Lecce in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 18 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2021
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