Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.26610 del 30/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16768-2019 proposto da:

A.A.R.M., A.F.P., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIANNETTO VALLI 93, presso lo studio dell’avvocato CARMELO FABRIZIO FERRARA, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

A.M.A., rappresentato e difeso dall’avv.to CARMELO FARACI, (carmelo.faraci.pec.erdineavvocaticatania.it) elettivamente domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la cancelleria civile della Corte di Cassazione;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 690/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 25/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/06/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

RITENUTO

Che:

1. A.R.M. ed il germano A.F.P. ricorrono, affidandosi a sei motivi, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Catania che aveva confermato la pronuncia del Tribunale con la quale era stata rigettata la domanda da loro avanzata contro il fratello A.M.A. per la dichiarazione di autenticità della scrittura privata, sottoscritta congiuntamente dai tre fratelli prima della stipula del rogito notarile con il quale era stato acquistato un bene immobile, intestato soltanto all’odierno controricorrente.

1.1. Per ciò che interessa in questa sede, la scrittura privata, stipulata a seguito del preliminare di acquisto sottoscritto dal padre che si impegnava alla stipula dell’atto definitivo per persona da nominare, prevedeva che per “ragioni esclusivamente fiscali” il bene fosse intestato soltanto ad uno dei tre fratelli, ma che dovesse intendersi di proprietà comune ed in parti uguali, con obbligo di concorrere prò quota nelle relative spese e con il diritto, per ciascuno, ad un terzo dei relativi proventi; e la domanda avanzata dai ricorrenti era fondata sulla tesi secondo cui l’intestatario del bene, lungi dal rispettare i patti stipulati, si era sostanzialmente appropriato dell’immobile in via esclusiva.

2. La parte intimata ha resistito con controricorso e memoria.

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c..

1.1. Assumono che la Corte territoriale – a fronte della motivazione del giudice di primo grado che aveva qualificato la scrittura privata come negozio fiduciario, con interposizione reale di persona, – aveva autonomamente ed in difetto di qualsiasi eccezione e, soprattutto, di contraddittorio fra le parti – riqualificato il rapporto giuridico sottostante come interposizione fittizia, con ciò violando il principio del contraddittorio e determinando la nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa delle parti.

1.2. Il motivo è infondato.

1.3. La diversa qualificazione giuridica dei fatti di causa rientra nel potere del giudice d’appello e non necessita della sottoposizione al contraddittorio delle parti: l’art. 101 c.p.c. impone, infatti, la fissazione di un termine per l’interlocuzione con le parti, soltanto in relazione al rilievo d’ufficio di una questione non sottoposta al dibattito processuale, situazione ben diversa da quella riconducibile al naturale potere del giudice, anche d’appello, di dar seguito al principio “iura novit curia” attraverso una diversa qualificazione dei medesimi fatti di causa. (cfr. Cass. 8645/2018; Cass. 5832/2021) 2. Con il secondo motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. con vizio di extrapetizione ed omessa pronuncia.

2.1. I ricorrenti lamentano, infatti, che la Corte territoriale aveva omesso di dare riscontro ai primi due motivi d’appello, con i quali veniva censurata la erronea interpretazione della scrittura privata, ritenendo che essa fosse riferita a ragioni di “elusione fiscale”, mai menzionate; e che il fiduciante era stato erroneamente individuato nel padre che aveva stipulato il rogito ma che non aveva affatto partecipato alla sottoscrizione della scrittura privata.

2.2. Il motivo è infondato.

2.3. La Corte territoriale ha sinteticamente preso in considerazione sia la portata della scrittura privata che la censura riguardante la figura paterna, circostanza questa che esclude la violazione dell’art. 112 c.p.c., configurando, in ipotesi, una violazione di legge alla quale la censura non è stata ricondotta.

3. Con il terzo ed il quarto motivo, i ricorrenti lamentano, ancora, la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. con vizio di extrapetizione e violazione e falsa applicazione degli artt. 1322 e 1414 c.c.

3.1. Si dolgono:

a. dell’erroneo assorbimento, da parte della Corte territoriale, del terzo motivo d’appello che costituiva il perno centrale dell’impugnazione, in quanto contestava che il primo giudice avesse ricondotto la fattispecie al negozio fiduciario con unico riferimento normativo nell’art. 627 c.c., dopo averlo inscritto nell’alveo delle obbligazioni naturali: il percorso argomentativo della Corte, contestato dai ricorrenti, aveva con ciò erroneamente escluso l’ammissibilità del ricorsi all’autorità giudiziaria nel caso di violazione degli accordi in esso contenuti;

b. del fatto che la Corte aveva erroneamente qualificato la fattispecie come interposizione fittizia, laddove si trattava di una interposizione reale, in quanto il controricorrente A.M. non era un contraente apparente ma un contraente effettivo e reale anche se titolare soltanto di un terzo del bene.

3.2. I due motivi devono essere congiuntamente esaminati, in quanto sono strettamente collegati e parzialmente sovrapponibili.

3.3. Essi sono entrambi fondati; con la precisazione che il quarto rappresenta l’antecedente logico del terzo.

3.4. La riqualificazione della fattispecie come interposizione fittizia statuita dalla Corte territoriale (cfr. pag. 3 u.cpv. della sentenza impugnata), infatti, trascende dalle censure proposte e dalle stesse affermazioni della pronuncia appellata che si era limitata a qualificare la scrittura privata come un negozio fiduciario, senza alcun riferimento all’interposizione fittizia di persona, ma sottendendo, chiaramente, nel percorso argomentativo, la ricorrenza di una interposizione reale, ritenuta non meritevole di tutela per gli scopi (di elusione fiscale) che si proponeva.

3.5. Tanto premesso, la scrittura privata prodotta e specificamente indicata nel ricorso quanto alla sua localizzazione (cfr. pag. 11 terzultimo cpv con riferimento al doc. 1 del fascicolo di primo grado, quart’ultima riga), non contiene alcun riferimento letterale a finalità di elusione fiscale visto che l’espressione utilizzata riporta “motivi esclusivamente fiscali” non meglio precisati, non menzionando affatto scopi “elusivi”: tale circostanza, centrale nella ricostruzione della vicenda e nell’inquadramento della fattispecie, non è stata affatto riconsiderata dalla Corte territoriale e ciò configura, dunque, la violazione, invero preliminare, dell’art. 112 c.p.c..

3.6. A ciò consegue, a cascata, anche la fondatezza del terzo motivo con riferimento alla censurata – quanto non considerata – violazione dell’autonomia contrattuale nella stipula della scrittura privata, e degli effetti della simulazione fra le parti (della scrittura privata) nell’intestazione del bene che prescinde del tutto dalla figura del venditore dall’accordo fra le parti.

3.7. La sentenza, pertanto, in parte qua deve essere cassata.

4. Con il quinto ed il sesto motivo, il ricorrente lamenta:

a. la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. con omessa pronuncia. Assume che era stato erroneamente applicato il principio della soccombenza, in quanto i corretti strumenti decisori avrebbero dovuto indurre ad accogliere la domanda ed a condannare l’appellato alle spese di lite.

b. la violazione dell’art. 91 c.p.c., in quanto la decisione era viziata e ciò aveva dato spazio alla violazione della regola della soccombenza.

4.1. I motivi sono strettamente connessi.

4.2. Quanto al quinto, deve ritenersi assorbito dalla decisione sulle due precedenti censure.

4.3. Quanto al sesto – trattandosi di un non-motivo, perché fondato su una premessa ipotetica (avvenuto accoglimento della domanda) invero inesistente -esso deve essere dichiarato inammissibile.

In conclusione, la sentenza deve essere cassata in relazione al terzo ed al quarto motivo di ricorso con rinvio alla Corte d’Appello di Catania in diversa composizione; che, prendendo le mosse dal contenuto letterale della scrittura privata del 24.3.1999 prodotta (doc. 2 delle produzioni del presente giudizio) dovrà riesaminare la controversia e decidere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il terzo e quarto motivo di ricorso, rigetta il primo ed il secondo e dichiara assorbito il quinto ed inammissibile il sesto.

Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Catania in diversa composizione per il riesame della controversia e per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione terza civile, il 16 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2021

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