LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5116-2019 proposto da:
V.N.A., V.C.S., B.E., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DI VILLA MASSIMO 36, presso lo studio dell’avvocato RENATO DELLA BELLA, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato EMILIO BAVIERA;
– ricorrenti –
contro
F2A SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BARBERINI N. 47, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA ROSETTI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO ACCOMANDO GATTO;
– controricorrente –
nonché
F2A SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BARBERINI N. 47, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA ROSETTI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO ACCOMANDO GATTO;
-controricorrente incidentale –
B.E., V.C.S., V.N.A.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 4749/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 05/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/06/2021 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI;
FATTI DI CAUSA
V.P.D. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Milano FIS s.p.a. (poi F2A s.r.l.) e l’INPS chiedendo la condanna di FIS al pagamento della somma di Euro 305.042,17 oltre interessi, ed in particolare che la convenuta fosse condannata a versare il detto importo all’INPS in acconto della maggiore somma dovuta dall’attore all’INPS a titolo di restituzione degli importi incassati indebitamente per pensione. Espose l’attore che con scrittura del 13 settembre 2004, confermata con successiva scrittura del 2 dicembre 2005, la convenuta si era obbligata, nell’ipotesi in cui l’attore fosse rimasto soccombente nei confronti dell’INPS, a corrispondere al V. la somma, al netto di eventuali imposte e tasse, ottenuta dall’INPS quale rimborso dei contributi versati dalla società per il V. medesimo. La convenuta eccepì, fra l’altro, l’annullabilità del contratto per dolo omissivo ai sensi dell’art. 1439 c.c., per avere il V. taciuto la pendenza nei suoi confronti di procedimento penale per concorso in corruzione con funzionario dell’INPS, e propose in via subordinata, per il caso di accoglimento della domanda attorea, domanda riconvenzionale di detrazione di imposte e tasse da versare in relazione all’importo rimborsato dall’INPS. Il Tribunale adito, accogliendo l’eccezione di annullabilità per dolo, rigettò la domanda. Avverso detta sentenza propose appello l’originaria parte attrice ed appello incidentale subordinato l’appellata con riferimento all’oggetto della domanda riconvenzionale. Con sentenza di data 5 novembre 2018 la Corte d’appello di Milano rigettò l’appello, con assorbimento dell’appello incidentale.
Osservò la corte territoriale che alla base delle scritture vi era soltanto l’esistenza del contenzioso fra l’INPS ed il V. e che quest’ultimo aveva omesso di informare la controparte in ordine alla circostanza del procedimento penale. Aggiunse che se FIS fosse stata informata “non si sarebbe (del tutto inutilmente) esposta al rischio di entrare essa stessa nel mirino degli investigatori e dell’autorità inquirente stipulando accordi dai quali il (solo) V. avrebbe invece tratto un vantaggio, pur in presenza di un prospettato grave delitto dal quale è stato poi prosciolto soltanto per intervenuta prescrizione” (né rilevava l’iter in corso della legge modificativa della prescrizione, non ancora in vigore all’epoca dei fatti) e non avrebbe sottoscritto il patto. Osservò ancora che la configurabilità di un dolo meramente incidente non era stata sollevata da alcuno in primo grado, né poteva essere rilevata d’ufficio, come invocato dall’appellante, trattandosi di questione estranea all’oggetto della causa.
Hanno proposto ricorso per cassazione B.E., V.N.A. e V.C.S., nella qualità di eredi di V.P.D., sulla base di quattro motivi e resiste con controricorso F2A s.r.l., che ha proposto altresì ricorso incidentale condizionato sulla base di un motivo. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.. E’ stata presentata memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
muovendo dal ricorso principale, con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 359,277,112,113,115,116 e 132 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che il giudice di appello, come ha fatto il Tribunale, ha preso le mosse dal fatto che il V. avrebbe comunque commesso il reato di corruzione, senza considerare il motivo di appello avente ad oggetto la totale mancanza di prova dell’evento corruttivo.
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 116 e 132 c.p.c., ART. 2729 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che la sentenza del GIP è un mero elemento e che non vi è altro indizio che possa condurre ad affermare che il V. abbia corrotto il funzionario dell’INPS.
I motivi primo e secondo, da trattare congiuntamente in quanto connessi, sono inammissibili. Le censure non intercettano la ratio decidendi e sono quindi prive di decisività. I motivi di ricorso vertono sulla questione della commissione del reato di corruzione, questione che è rimasta del tutto estranea al giudizio della corte territoriale, il cui fondamento risiede invece nell’accertamento della fattispecie del dolo quale causa di annullamento del contratto.
Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 99,115,116 e 132 c.p.c., ART. 1439 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che la scrittura del 13 settembre 2004 è stata stipulata prima che il V. avesse cognizione della pendenza del procedimento penale a suo carico.
Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 116 e 132 c.p.c., artt. 1439 e 1440 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che FIS mai avrebbe potuto essere coinvolta nell’asserito reato commesso dal V. e che era imminente l’approvazione della legge sulla prescrizione, per cui costui non aveva alcuna necessità di occultare l’imputazione (al più si sarebbe trattato di reticenza). Aggiunge che, dovendosi considerare le qualità soggettive della controparte, FIS in quanto società di professionisti aveva tutti gli strumenti per comprendere che sarebbe stato commesso un fatto di dubbia correttezza nei confronti dell’INPS.
I motivi terzo e quarto, da trattare congiuntamente in quanto attinti dai medesimi vizi, sono inammissibili. In primo luogo, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 la parte ricorrente ha omesso di indicare in modo specifico il motivo di appello avente il medesimo contenuto dell’odierna censura, esigenza tanto più avvertita posto che nella sommaria esposizione dei fatti di causa non emerge la proposizione di un motivo di appello di analogo contenuto (quanto alla questione del dolo incidente, essa è stata richiamata solo in rubrica, ma non risulta articolata nel motivo, e comunque non risulta impugnata la statuizione di tardività della relativa questione in appello). In secondo luogo, trattasi di censure che, se pur relative a rubriche in cuì si denuncia la violazione di norma di diritto, attengono al giudizio di fatto e dunque ad un profilo non scrutinabile nella presente sede di legittimità. Infine, quanto al quarto motivo, ulteriore profilo di inammissibilità si ravvisa nella non adeguata contestazione in questa sede della ragione della decisione da parte della Corte territoriale di inammissibilità del dispiegamento in appello della relativa domanda per radicale diversità di causa petendi.
Il ricorso incidentale condizionato, avente ad oggetto quanto proposto con l’appello incidentale, in quanto tardivo perde efficacia in conseguenza dell’inammissibilità dell’impugnazione principale.
Nondimeno, le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso principale è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1 – quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso principale ed assorbito il ricorso incidentale. Condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, il 16 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2021
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