LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 31723/2018 proposto da:
A.R., elettivamente domiciliato in Roma Via Chisimaio, 29 presso lo studio dell’avvocato Cardone Marilena, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’interno, *****;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositato il 28/09/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/09/2020 dal cons. Dott. SOLAINI LUCA.
RILEVATO
che:
Il Tribunale di Roma ha respinto il ricorso proposto da A.R. cittadino del *****, avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.
Il richiedente asilo ha riferito di avere lasciato il proprio paese per migliorare la sua condizione economica ed aiutare la famiglia, ma anche per il timore di essere arrestato, perché come conducente di taxi aveva investito e ferito un bambino ad una mano.
A sostegno della decisione di rigetto, il tribunale ha rilevato che il richiedente non era sostanzialmente credibile per l’episodio dell’investimento, a causa di rilevanti incongruenze (come l’aver chiesto il passaporto pur essendo ricercato dalla polizia in *****) mentre era credibile per la motivazione economica, ma tale motivazione non consentiva di riconoscere lo status di rifugiato, né sussistevano, inoltre, i presupposti della protezione sussidiaria, neppure per quanto riguarda l’ipotesi di cui alla lett. c) atteso che dalle fonti consultate emerge che in *****, pur risultando tensioni politiche e sociali, non c’e’ un conflitto armato interno che crei una situazione di violenza indiscriminata. Il tribunale neppure ha ravvisato particolari situazioni di vulnerabilità da tutelare in capo al richiedente.
Contro il decreto del medesimo Tribunale è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.
CONSIDERATO
che:
Il ricorrente censura la decisione del Tribunale: (i) sotto un primo profilo, per violazione di norme di diritto, in particolare del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 4 e art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, perché il tribunale non aveva considerato la situazione attuale dei familiari del ricorrente e non aveva ritenuto che vi fossero particolari condizioni di vulnerabilità; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione di norme di diritto, in particolare, del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, avendo il tribunale erroneamente sostenuto che in ***** non sussiste una situazione di violenza indiscriminata, contrariamente da quanto risulta dai rapporti internazionali; (iii) sotto un terzo profilo, per violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché il tribunale non aveva operato una valutazione comparativa degli elementi che concorrono a determinare una condizione di vulnerabilità legata sia alla vicenda personale del richiedente sia alle condizioni del suo paese d’origine.
Il primo motivo è inammissibile, perché solleva censure di merito in termini di mero dissenso, sulla situazione personale del richiedente in riferimento al contesto generale del paese di provenienza.
Il secondo motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente nel voler ricostruire diversamente la situazione esistente in ***** mira a una rilettura a sé favorevole delle fonti consultate dal tribunale, lamentando che il tribunale non si sarebbe sufficientemente applicato al proprio dovere di cooperazione istruttoria ma con ciò mira a una rivalutazione della controversia nel merito.
Il terzo motivo, il riferimento alla protezione umanitaria è infondato, in quanto la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine (avuto riguardo al Senegal considerato un paese democratico relativamente stabile) per verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti fondamentali (Cass. n. 4455/18), è stata effettuata dal Tribunale che ha accertato, con giudizio di fatto, l’insussistenza di situazioni di vulnerabilità meritevoli di tale protezione.
La mancata predisposizione di difese scritte da parte dell’amministrazione statale esonera il collegio dal provvedere sulle spese.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2021