LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19297/2020 proposto da:
C.A., alias K.A., alias K.A., rappresentato e difeso dall’Avv. Davide Verlato, domiciliato presso la Cancelleria della Corte;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, costituito al solo fine di partecipare ex art.
370 c.p.c., comma 1, all’eventuale udienza di discussione della controversia;
– resistente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI VENEZIA n. 820/20, depositata il 4 marzo 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/5/2021 dal Consigliere GORI PIERPAOLO.
RILEVATO IN FATTO
che:
1. Con sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 820 del 2020 pubblicata il 4 Marzo 2020 nel processo RG n. 70 del 2019, dichiarava inammissibile l’appello proposto da A.C., alias K.A., alias K.A. avverso la sentenza resa dal tribunale di Venezia il 7 settembre del 2017 nel procedimento n. 6263 del 2016 con cui era stata rigettata l’opposizione del richiedente a decreto che gli aveva negato in via principale lo status di rifugiato e, in via subordinata, anche la protezione sussidiaria prevista dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, lett. f) e la protezione umanitaria del D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6 e art. 19 oltre che del D.P.R. n. 394 del 1999, art. 11.
2. Il richiedente, proveniente da un distretto orientale del Ghana, riferiva di essere fuggito dal paese di origine per paura di venire ucciso dai familiari dal lato paterno i quali praticavano il culto degli idoli a differenza sua, professante la religione cristiana. Il Tribunale in primo grado rigettava il ricorso, volto ad ottenere la protezione internazionale o in via subordinata quella umanitaria, ritenendo non credibile il racconto né sussistenti i presupposti di legge per le forme di protezione invocate, mentre la Corte d’appello dichiarava inammissibile l’appello per tardività.
3. Avverso tale decisione propone ricorso per Cassazione il richiedente per un unico motivo, mentre il Ministero dell’Interno ha depositato una mera comparsa di costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione orale della causa, ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
4. Con unico motivo di ricorso – ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – viene prospettata la violazione o falsa applicazione delle norme processuali generali in tema di impugnazione, in particolare degli artt. 325,326 e 327 c.p.c., le quali non sarebbero derogate dall’art. 702 quater c.p.c., in tema di rito sommario di cognizione, laddove si afferma che il termine breve di 30 giorni per proporre appello decorre dalla notifica della sentenza e non già dalla sua comunicazione dalla cancelleria e che, in assenza di notifica su impulso di parte, ovvero indipendentemente dalla notifica, il termine per proporre appello con relativa decadenza è di sei mesi decorrenti dalla pubblicazione della sentenza ovvero dal suo deposito in cancelleria senza che possa rilevare all’effetto l’avvenuta comunicazione da parte della cancelleria.
5. La censura è infondata. In consonanza con la ratio legis connessa alla natura accelerata del procedimento sommario di cognizione, la disposizione dell’art. 702-quater c.p.c., a tal fine, fa decorrere il termine per l’appello dalla “comunicazione”.
In tema di procedimento sommario di cognizione non trova dunque applicazione, limitatamente all’appello, l’art. 327 c.p.c., comma 1, proprio perché la decorrenza del termine per proporre tale mezzo di impugnazione dal deposito dell’ordinanza è logicamente e sistematicamente esclusa dalla previsione, contenuta nell’art. 702 quater c.p.c., della decorrenza dello stesso termine, per finalità acceleratorie, dalla data della “comunicazione” dell’ordinanza medesima. Data che la corte di merito ha accertato senza ricevere censure sul punto. La sentenza impugnata, che si è pienamente conformata all’insegnamento della S.C., è alla luce di quanto precede immune dalla censura sollevata.
7. In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato e nessun provvedimento dev’essere adottato sulle spese di lite, considerato che il Ministero non ha svolto effettive difese.
PQM
La Corte:
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza allo stato dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 12 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2021
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