Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.26659 del 30/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22640/2020 proposto da:

S.A. K, elettivamente domiciliato in Reggio Emilia via Malta n. 7, presso lo studio dell’avvocato Franco Berretti, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, *****, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 524/2020 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 05/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 10/09/2021 dal Consigliere Dott. Rita RUSSO RITA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita.

RILEVATO

Che:

Il ricorrente, cittadino gambiano ha chiesto la protezione internazionale dichiarando di avere lasciato il suo paese perché insegnava in una scuola e non avendo ricevuto alcun compenso decideva di licenziarsi per questa ragione era stato aggredito da alcuni uomini che intendevano costringerlo a riprendere l’insegnamento. La competente Commissione territoriale ha respinto la richiesta. Il Tribunale di Bologna adito dal ricorrente ha rigettato la domanda. La Corte d’appello di Bologna ha ritenuto la vicenda narrata connotata da lacune e contraddizioni interne nonché da difformità tra quanto riferito alla Commissione e quanto riferito davanti al Giudice ed ha rimarcato la mancata richiesta di protezione alla polizia. Ha inoltre ritenuto che la inattendibilità del racconto non consentisse la valutazione della ricorrenza dei presupposti per la protezione umanitaria.

Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il richiedente asilo affidandosi a due motivi.

L’Avvocatura dello Stato, non tempestivamente costituita, ha presentato istanza per la partecipazione ad eventuale discussione orale.

Il Procuratore generale ha espresso parere favorevole all’accoglimento del secondo motivo, non avendo la Corte valutato in autonomia la ricorrenza dei presupposti per la protezione umanitaria.

La causa è stata trattata all’udienza camerale non partecipata del 18 giugno 2021.

RITENUTO

Che:

1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione o falsa applicazione di norme di un diritto in riferimento del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 13 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5. La parte deduce che la Corte, nel rendere un giudizio di inattendibilità sulla storia narrata, non ha tenuto conto che il ricorrente nel raccontare anche in momenti diversi la propria storia ha sempre confermato il nucleo delle ragioni alla base della richiesta tutela; che la addebitata mancanza di dettagli non può oscurare i profili di manifesta vulnerabilità del richiedente né inficiare il nucleo sostanziale della sua storia; che le dichiarazioni presentano solo sfumature lievi, marginali e non dirimenti rispetto all’intero racconto.

Il motivo è inammissibile.

Nella valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente, il giudice deve seguire i criteri di giudizio elencati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, ed è sotto questo profilo che rileva la eventuale violazione di norme di diritto. La censura ex art. 360, n. 3, non può quindi integrare una inammissibile sollecitazione della revisione del giudizio di fatto, ma deve specificamente indicare quale di questi criteri procedimentali non è stato rispettato con specifico riferimento alla ratio decidendi del provvedimento impugnato. Nel caso di specie, invece, il ricorrente si limita a contrapporre al giudizio reso dalla Corte d’appello la propria apodittica affermazione di credibilità. Inoltre nulla specifica sul rilievo reso dalla Corte sulla circostanza che egli non si è mai rivolto alla polizia per denunciare l’aggressione. Ed invero, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, ai fini della valutazione della domanda di protezione internazionale i responsabili del persecuzione o del danno grave sono anche i soggetti non statuali, se lo Stato o le organizzazioni che controllano il territorio “non possono o non vogliono fornire protezione” contro persecuzioni o danni gravi.

La persecuzione da agente privato rileva quindi solo nel caso in cui l’organizzazione statale non sia in grado, in concreto, di proteggere il suo cittadino; pertanto è essenziale che il richiedente, sul quale incombe l’onere di allegazione (Cass. n. 11175/2020; Cass. n. 24010/2020) specifichi se si è rivolto o meno alle autorità e quale è stata la risposta. Ciò in quanto il giudice non deve valutare in astratto l’efficienza dei sistemi giudiziari dei paesi terzi, bensì verificare se in concreto e in quella specifica situazione la protezione dello Stato si è rivelata o potrebbe rivelarsi inefficiente, indagine che il giudice non può compiere se il richiedente non illustra i dettagli della propria vicenda individuale anche su questo punto.

3.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nonché l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio. La parte deduce che la ritenuta inattendibilità della storia narrata non avrebbe dovuto precludere l’esame dei presupposti per il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, trattandosi di una clausola aperta, di salvaguardia, agganciata elementi strettamente personali da contestualizzare nella specifica situazione del richiedente; che egli ha riferito di una grave penuria delle condizioni di vita in patria e inquadrandola nel contesto del paese di origine, che nel provvedimento impugnato è stato erroneamente indicato come il Ghana anziché il Gambia. Deduce che egli ha compiuto un meritorio percorso di inserimento nel tessuto sociale reggiano e che dalla documentazione allegata al ricorso in primo e secondo grado emerge la sua condizione di vulnerabilità.

Il motivo è inammissibile.

Costituisce invero principio affermato da questa Corte che l’intrinseca credibilità sulla vicenda individuale e sulle deduzioni ed allegazioni relative al rifugio politico ed alla protezione sussidiaria, non estende i suoi effetti anche sulla domanda riguardante il permesso umanitario, poiché essa è assoggettata ad oneri deduttivi ed allegativi in parte diversi, che richiedono un esame autonomo delle condizioni di vulnerabilità (Cass. Ordinanza n. 7985 del 21/04/2020). Tuttavia queste ragioni diverse ed autonome devono essere dedotte innanzi al giudice del merito (Cass. 29624/2020), con la conseguenza che parte per poter validamente proporre la censura di omesso esame di fatto decisivo, con riferimento a queste ragioni ulteriori di protezione, deve assolvere all’onere di specificità del ricorso per cassazione, individuando – e trascrivendo o quantomeno riassumendo – quella parte dell’atto d’appello ove egli ha allegato queste condizioni di vulnerabilità diverse ed ulteriori rispetto alla storia ritenuta inattendibile (Cass. 13578/2020). Questo aspetto manca nel ricorso, ove si fa riferimento alle condizioni di penuria di mezzi economici in patria -e quindi pur sempre alla storia ritenuta inattendibile – e “all’inserimento nel contesto sociale reggiano” senza però specificare se la suddetta questione è stata esplicitamente sottoposta alla Corte di merito e senza indicare quelle parti dell’atto di appello ove tali argomenti sarebbero stati riportati. Di conseguenza non potendosi accertare se nell’atto di appello sono state sottoposte al giudice questioni diverse rispetto alle ragioni della fuga da valutare ai fini della protezione umanitaria è irrilevante l’errore – verosimilmente dovuto ad un refuso – sul paese di provenienza indicato come il Ghana anziché il Gambia. In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile Nulla sulle spese in difetto di regolare costituzione da parte del Ministero.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2021

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