LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11318/2020 proposto da:
R.A., elettivamente domiciliato in Rimini via Soardi n. 6, presso lo studio dell’avv. Monica Castiglioni, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, (*****), in persona del Ministro pro tempore;
– intimato –
avverso la sentenza n. 369/2020 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 28/01/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 10/09/2021 dal Consigliere Dott. Rita RUSSO.
RILEVATO
Che:
Il ricorrente, cittadino pakistano, ha chiesto la protezione internazionale dichiarando di essere fuggito dal suo paese a seguito di abusi sessuali subiti dal suo datore di lavoro, riferendo che il padre era stato ucciso per avere cercato di contrastare l’uomo che aveva abusato di lui. La competente Commissione territoriale ha respinto la richiesta. Il Tribunale di Bologna, adito dal ricorrente, ha respinto il ricorso ritenendo non credibili le sue dichiarazioni. Il richiedente asilo ha proposto appello, che la Corte d’appello di Bologna ha respinto condividendo il giudizio di inattendibilità reso dal Tribunale in ragione delle numerose lacune nel racconto del ricorrente e delle contraddizioni tra il racconto e quanto emerge dalla relazione psicologica prodotta in giudizio dallo stesso ricorrente.
La Corte ha escluso altresì la sussistenza del rischio di violenza indiscriminata derivante dal conflitto di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), sulla base di informazioni assunte tramite il Report EASO dell’ottobre 2018 ed ha escluso, infine, la sussistenza dei presupposti per la protezione umanitaria, ritenendo la scelta di migrare dettata da ragioni esclusivamente economiche.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il richiedente asilo affidandosi a tre motivi.
L’Avvocatura dello Stato, non tempestivamente costituita, ha presentato istanza per la partecipazione ad eventuale discussione orale. La causa è stata trattata all’udienza camerale non partecipata del 10 settembre 2021.
RITENUTO
Che:
1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta la nullità del “decreto” in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5, per omessa e contraddittoria motivazione in relazione all’applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, per non aver argomentato sulla procedimentalizzazione della valutazione di credibilità. Deduce che il giudice non si è attenuto ai criteri di valutazione indicati dall’art. 3 cit. e non ha valutato la coerenza del racconto con le fonti internazionali né la sua tempestività fondandosi invece sulla esclusiva rilevanza di un elemento isolato o di pochi elementi.
Il motivo è infondato.
Le censure consistono essenzialmente in una illustrazione dei criteri di valutazione della attendibilità del ricorrente, e della giurisprudenza di legittimità in merito, senza collegamenti specifici al decisum e senza tenere conto che entrambi i giudici di merito, con giudizio conforme, hanno ritenuto il racconto inattendibile in quanto generico, connotato da lacune ed in contraddizione con quanto riferito dal ricorrente alla psicologa da lui consultata e da quest’ultima attestato nella relazione versata in atti. Inoltre, nel denunciare il difetto di comparazione della storia con le fonti internazionali, la parte travisa il significato ed i limiti del dovere di cooperazione, posto che il richiedente deve compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare il proprio racconto, e, in caso contrario, la genericità della narrazione esclude la necessità e la possibilità, per il giudice di merito, di operare ulteriori accertamenti (Cass. 22196/2021). Il ricorrente è tenuto ad allegare in modo chiaro e completo i fatti costitutivi della pretesa (Cass. n. 11175/2020; Cass. n. 24010/2020) e il giudice non può e non deve supplire ad eventuali carenze delle allegazioni (Cass. n. 2355/2020; Cass. 8819/2020), posto che il ricorrente è l’unico ad essere in possesso delle informazioni relative alla sua storia personale e quindi deve indicare gli elementi relativi all’età, all’estrazione, ai rapporti familiari, ai luoghi in cui ha soggiornato in precedenza, alle domande di asilo eventualmente già presentate (v. CGUE 5 giugno 2014, causa C-146/14; nello stesso senso Cass. 8819/2020). Di conseguenza, una volta esclusa la credibilità intrinseca della narrazione offerta, non deve procedersi al controllo della credibilità estrinseca (Cass. n. 24575/2020).
2.- Con il secondo motivo del ricorso la parte lamenta la nullità del decreto in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5, per omessa o contraddittoria motivazione in relazione all’applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14. Deduce che il Collegio giudicante nella valutazione di credibilità del ricorrente ha omesso di esaminare un fatto che assume un rilievo dirimente nel riconoscimento della tutela richiesta; il Collegio infatti non si preoccupa di argomentare sulla ragione per la quale il mancato aiuto da parte dell’autorità non sarebbe un elemento in grado di supportare una pronuncia di accoglimento, poiché nello Stato pakistano le consuetudini locali riconoscono alla corruzione una piena legittimità nella comunità di riferimento. Deduce che nonostante la vicenda fosse stata attenzionata alla polizia i fatti per il quali ricorrente è scappato dal proprio paese sono rimasti impuniti.
Il motivo è inammissibile per mancanza di collegamento con la ratio decidendi della sentenza impugnata della quale il ricorrente non coglie adeguatamente la portata ed il significato. Una volta esclusa infatti la credibilità del racconto non è necessario verificare se le autorità statali sono in condizione o meno di offrire protezione al cittadino poiché, ai fini della protezione internazionale, non si valuta in astratto l’efficienza delle autorità nei paesi terzi, ma si opera una verifica in concreto in relazione ad una storia specifica ad un profilo di rischio individuale, che nel caso di specie non è stato correttamente allegato.
3.- Con il terzo motivo del ricorso si lamenta la nullità del decreto in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, per non avere la Corte correttamente applicato i criteri prestabiliti dalla norma di procedimentalizzazione della decisione sulla non credibilità. Si richiama la censura di cui al motivo primo, sotto il profilo non già dell’omesso esame di fatto decisivo, ma di violazione di norme deducendo che il Collegio non ha provveduto a effettuare una corretta applicazione della normativa citata e dunque violandola.
Il motivo è inammissibile per la sua estrema genericità e per quanto già esposto con riferimento al primo motivo di ricorso.
Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato.
Nulla sulle spese in difetto di regolare costituzione della controparte.
PQM
Rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2021