Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26683 del 01/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12592-2020 proposto da:

L.D., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE MEDAGLIE D’ORO, 169, presso lo studio dell’avvocato JACOPO DI GIOVANNI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROIEZIONE INTERNAZIONALE DI ROMA;

– intimati –

avverso il decreto n. cronol. 11465/2020 del TRIBUNALE di ROMA, depositato il 25/03/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 04/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO MARULLI.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il ricorso in atti si impugna l’epigrafato decreto, con il quale il Tribunale di Roma, attinto dal ricorrente ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, ha rigettato le istanze del medesimo in punto di protezione internazionale e di protezione umanitaria e se ne chiede la cassazione sul rilievo 1) della nullità dell’impugnato provvedimento per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., e per omesso esame di fatti decisivi, avendo il decidente denegato l’accesso alle misure invocate in ragione della ritenuta inattendibilità del richiedente senza tuttavia esaminare la situazione del paese di provenienza alla luce delle COI allegate che confermavano le persecuzioni in danno degli aderenti alle congregazioni religiose osteggiate dallo Stato, l’inefficienza dei sistemi informatici di sicurezza e dunque la relativa facilità di eludere i controlli ai fini dell’espatrio e l’appartenenza del richiedente alla Chiesa di Dio onnipotente; 2) della violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 4, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 19, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, avendo il decidente denegato l’accesso alle misure invocate quantunque, anche successivamente al suo allontanamento dal paese di origine, i membri della sua congregazione continuassero ad essere oggetto di persecuzione; 3) della violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 1 e 5, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, avendo il decidente denegato ancora l’accesso alle misure richieste sul presupposto della ritenuta inattendibilità del richiedente, quantunque nell’esercizio dei poteri officiosi di indagine, e tenuto conto degli sforzi da lui compiuti per circostanziare le proprie istanze, i fatti dallo stesso narrati si sarebbero dovuti ritenere del tutto coerenti e credibili; 4) della violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, avendo il decidente denegato l’accesso alle misure invocate ravvisando inattendibilità del richiedente in forza di singoli elementi e senza procedere ad un apprezzamento complessivo di quanto dal medesimo narrato e dei documenti prodotti.

Non ha svolto attività difensiva il Ministero intimato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Tutti i sopradetti motivi, esaminabili congiuntamente in quanto intesi a confutare il ragionamento decisorio in guisa del quale il decidente, pur prendendo atto, in base alle fonti consultate, dei rischi persecutori cui sono sottoposti nel paese di origine del richiedente gli aderenti ai culti non ammessi dallo Stato, ha tuttavia motivatamente argomentato, alla luce dei numerosi, reiterati e non secondari profili di inverosimiglianza emergenti dal racconto del ricorrente, di cui il provvedimento impugnato dà circostanziata e puntuale ricognizione alla pag. 4 di esso, la non credibilità del medesimo, escludendolo pertanto da ogni forma di protezione, sono affetti – in disparte da ogni altra ragioni di inammissibilità deducibile in relazione allo statuto di censurabilità per cassazione dell’errore di diritto e ai limiti del sindacato di legittimità sulla motivazione – da un pregiudiziale difetto di inammissibilità.

E’ invero ben noto che il giudizio di non credibilità – ove, come qui si conformi al modello della procedimentalizzazione legale della decisione ed in grazia dell’avvenuta disamina degli indici di genuinità declinati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, non possa essere perciò oggetto di contestazione in diritto – affonda le proprie radici in un accertamento di fatto non sindacabile da questa Corte se sia assistito da congrua ed adeguata motivazione e non si presti perciò a formare oggetto di censura né sotto il profilo, e nei limiti in cui è tuttora perseguibile, del vizio motivazionale e ne sotto il profilo della violazione di legge costituzionalmente rilevante, circostanze ambedue non ricorrenti nella specie (Cass., Sez. I, 5/02/2019, n. 3340).

La critica di cui sia fa perciò espressione nel suo complesso la perorazione richiedente è pertanto espressione di un mero dissenso dialettico e sostanzia una pura petizione in direzione di una rivalutazione del quadro fattuale della vicenda a cui non è però compito di questa Corte dare qui seguito.

3. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

4. Nulla spese in difetto di costituzione avversaria. Doppio contributo ove dovuto.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-I sezione civile, il 4 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2021

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