Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.26694 del 01/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3058/2020 proposto da:

J.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LUCA DOMENICO SEGALLA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI VICENZA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 2914/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 12/07/2019 R.G.N. 2458/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 22/04/2021 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI.

RILEVATO

Che:

1. con sentenza 12 luglio 2019, la Corte d’appello di Venezia rigettava l’appello di J.A., cittadino gambiano, avverso l’ordinanza di primo grado, di reiezione delle sue domande di protezione internazionale e umanitaria;

2. come il Tribunale, essa riteneva scarsamente credibile, siccome generica e non documentata, la vicenda narrata dal richiedente, che riferiva di avere abbandonato il proprio Paese, all’atto della liberazione (su cauzione pagata dai genitori) dalla detenzione preventiva di cinque mesi, in attesa del processo per omicidio colposo (del fratello trasportato al suo fianco e del conducente dell’auto investita) commesso alla guida dell’auto paterna, sebbene minorenne e senza patente, per timore della condanna in esito al processo, con la comminazione di una lunga pena da scontare “all’interno delle terribili carceri gambiane”;

3. la Corte territoriale pertanto negava la ricorrenza dei requisiti dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria, anche per la documentata esclusione, sulla base delle fonti consultate, di una condizione di indiscriminata violenza generalizzata del Paese di provenienza. E parimenti di concessione della protezione umanitaria, in assenza di una condizione di vulnerabilità effettiva del richiedente, né di elementi valorizzabili per un’eventuale integrazione lavorativa e sociale;

4. con atto notificato in data 10 gennaio 2020, lo straniero ricorreva per cassazione con tre motivi; il Ministero dell’Interno intimato non resisteva con controricorso, ma depositava atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ult. alinea, cui non faceva seguito alcuna attività difensiva.

CONSIDERATO

Che:

1. il ricorrente deduce nullità della sentenza in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo e violazione o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., comma 1, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, art. 16 direttiva 2013/327/UE, per il mancato adempimento, nella valutazione della propria credibilità intrinseca ed estrinseca, dell’obbligo di cooperazione istruttoria giudiziale, in specifico riferimento alla condizione di amministrazione della giustizia e di degrado delle carceri nel Paese del richiedente all’epoca della sua fuga (giugno 2013), sotto la presidenza del dittatore Y., ma tuttora, sotto quella B., sulla base delle fonti internazionali specificamente consultate, non ancora a livello tale da garantire il rispetto dei diritti fondamentali, in assenza di alcun accertamento della Corte territoriale al riguardo (primo motivo); nullità della sentenza in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, art. 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, art. 16 direttiva 2013/327/UE, per il rischio, non valutato correttamente, in caso di rimpatrio, di sottoposizione alla pena capitale, tuttora vigente in Gambia o comunque a trattamenti inumani per la condizione detentiva ancora attuale, sulla base dei reports in particolare di Amnesty International specificamente indicati (secondo motivo);

2. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono fondati;

3. la valutazione di credibilità del richiedente deve essere sempre frutto di una valutazione complessiva di tutti gli elementi e non può essere motivata soltanto con riferimento ad elementi isolati e secondari o addirittura insussistenti, quando invece venga trascurato un profilo decisivo e centrale del racconto (Cass. 8 giugno 2020, n. 10908); sicché, prima di pronunciare il proprio giudizio sulla sussistenza dei presupposti per la concessione della protezione, il giudice deve osservare l’obbligo di compiere le valutazioni di coerenza e plausibilità delle dichiarazioni del richiedente, non già in base alla propria opinione, ma secondo la procedimentalizzazione legale della decisione sulla base dei criteri indicati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 (Cass. 11 marzo 2020, n. 6897; Cass. 6 luglio 2020, n. 13944; Cass. 9 luglio 2020, n. 14674);

3.1. in particolare, esso ha l’obbligo di cooperazione istruttoria, che non può essere di per sé escluso sulla base di qualsiasi valutazione preliminare di non credibilità della narrazione del richiedente asilo, dal momento che, anteriormente all’adempimento di tale obbligo, egli non può conoscere e apprezzare correttamente la reale e attuale situazione dello Stato di provenienza e pertanto in questa fase, la menzionata valutazione non può che limitarsi alle affermazioni circa il Paese di origine: con la conseguenza che, solo ove queste ultime risultino immediatamente false oppure la ricorrenza dei presupposti della tutela invocata possa essere negata in virtù del notorio, l’obbligo di cooperazione istruttoria verrà meno (Cass. 12 maggio 2020, n. 8819);

3.2. nel caso di specie, la Corte territoriale ha limitato il proprio accertamento officioso, peraltro rapido (Report by the UN Secretary General on devoleppement in West Africa and the Sahel states betwen lst January 30th of Junne 2017) alla non risultanza di una situazione di violenza generalizzata o di conflitto armato né di anarchia fuori del controllo governativo nella zona di Brikama (al penultimo capoverso di pg. 7 della sentenza), senza accertare in alcun modo la condizione dell’amministrazione della giustizia e soprattutto delle carceri in Gambia, nonostante la specifica deduzione dal richiedente di un timore in caso di rimpatrio dipendente proprio da tale condizione;

3.3. essa ha negato la richiesta misura di protezione sussidiaria, senza tuttavia consultare alcuna fonte di informazione attendibile, tanto meno puntualmente indicata, né aggiornata al momento della decisione (Cass. 28 giugno 2018, n. 17075; Cass. 12 novembre 2018, n. 28990; Cass. 22 maggio 2019, n. 13897; Cass. 12 maggio 2020, n. 8819): non potendo il giudice del merito limitarsi a valutazioni solo generiche, omettendo di individuare le specifiche fonti informative da cui trarre le conclusioni assunte (Cass. 20 maggio 2020, n. 9230); 4. il ricorrente deduce quindi nullità della sentenza in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo e violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, art. 8, comma 3 bis, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, D.P.R. n. 394 del 1999, artt. 11 e 29, per erronea valutazione della propria condizione di vulnerabilità e della documentata integrazione socio-lavorativa in Italia (terzo motivo);

5. esso è assorbito;

6. pertanto i primi due motivi di ricorso devono essere accolti, con assorbimento del terzo e cassazione della sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione.

PQM

La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 22 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2021

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