LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3020/2020 proposto da:
A.I., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZINA SALVATORE;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI CASERTA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– resistente con mandato –
avverso il decreto n. cronologico 10039/2019 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositato il 16/12/2019 R.G.N. 10902/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 22/04/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.
RILEVATO
Che:
1. con decreto n. 10039/2019 il Tribunale di Napoli ha respinto il ricorso proposto da A.I., cittadino della Nigeria, avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale, sussidiaria e umanitaria, avanzata dall’odierno ricorrente;
2. dal decreto si evince che il richiedente ha motivato l’allontanamento dal Paese di origine con le minacce di morte ricevute dal gruppo etnico di appartenenza dal quale si era allontanato per abbracciare la fede cristiana evangelica; tale gruppo, denominato *****, compiva azioni malvagie quali ad esempio uccidere per scopi scarificali, alle quali l’odierno ricorrente intendeva sottrarsi; in tale contesto al richiedente era stato chiesto di uccidere la propria madre;
3. il Tribunale, esclusa la credibilità del racconto, del tutto privo di riscontri nelle fonti consultate, ha escluso i presupposti per l’accoglimento della protezione maggiore nonché della protezione sussidiaria osservando in particolare che una situazione di violenza generalizzata, alla stregua delle fonti consultate, non era rinvenibile nella zona sud del Paese da dove proveniva il ricorrente; ha inoltre escluso i presupposti per la protezione umanitaria ed evidenziato che non emergeva che il ricorrente si fosse integrato in Italia, ferma restando la sanzione di inutilizzabilità dei documenti tardivamente depositati dopo l’udienza di rimessione della causa al Collegio;
4. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso A.I., sulla base di tre motivi; il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.
CONSIDERATO
Che:
1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente, deducendo violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. a) e conseguente violazione dell’art. 1 convenzione di Ginevra, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. e) ed art. 7, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, comma 1, lett. d) ed art. 8, censura la sentenza impugnata per il mancato utilizzo dei poteri ufficiosi nell’approfondire la posizione del ricorrente; in particolare sin duole che la valutazione della situazione in Nigeria sia effettuata ricorrendo a formule standardizzate;
2. con il secondo motivo di ricorso, deducendo violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 4 e 14, censura il rigetto della domanda di protezione sussidiaria che assume frutto della consultazione di fonti prive del requisito dell’attualità ed al quale contrappone le emergenze tratte da fonti più recenti che assume rivelatrici della generale situazione di instabilità in Nigeria;
3. con il terzo motivo deduce violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, omessa motivazione e nullità in relazione all’art. 132 c.p.c., n. 4, censurando il rigetto della domanda di protezione umanitaria che assume fondato su una motivazione meramente apparente in particolare in tema di non credibilità del narrato;
4. il primo ed il secondo motivo di ricorso trattati congiuntamente per connessione sono meritevoli di accoglimento;
4.1. il giudice di merito ha escluso la credibilità del narrato osservando che le allegazioni del ricorrente circa la setta dalla quale sarebbe stato cooptato e le relative caratteristiche in particolare in relazione al tipo di culti praticati non trovavano riscontro nelle fonti consultate; di alcune di tali fonti non ha indicato la data mentre di altra ha indicato la data, risalente all’anno 2016;
4.2. analogamente, il rigetto della domanda di protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è stato fondato su fonti delle quali la più recente risaliva all’anno 2016;
4.3. la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che “il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nel prevedere che “ciascuna domanda è esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati” deve essere interpretato nel senso che l’obbligo di acquisizione di tali informazioni da parte delle Commissioni territoriali e del giudice deve essere osservato in diretto riferimento ai fatti esposti ed ai motivi svolti in seno alla richiesta di protezione internazionale” (Cass. 30105/2018, 29836/2019, 14668/2020);
4.4. infatti, l’esercizio dei poteri-doveri officiosi d’indagine e di acquisizione documentale, deve essere finalizzato ad ottenere una completa conoscenza della situazione legislativa e sociale dello Stato di provenienza, onde accertare la fondatezza e l’attualità del timore di danno grave dedotto (Cass. 19716/2018);
4.5. tale esercizio deve essere svolto in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul Paese di origine, poste in diretto riferimento ai fatti esposti ed ai motivi svolti in seno alla richiesta di protezione internazionale del richiedente e perché il suddetto dovere di cooperazione istruttoria possa considerarsi correttamente adempiuto il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto il proprio accertamento (Cass. 11312/2019, 13449/2019) precisando l’autorità o l’ente dal quale la fonte consultata proviene e la data o l’anno di pubblicazione, in modo da assicurare la verifica del rispetto dei requisiti di idoneità, precisione e aggiornamento della fonte, previsti dal D.Lgs. n. 25 del 2008, richiamato art. 8, comma 3; in particolare è stato precisato che ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente e astrattamente sussumibile in una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, con accertamento aggiornato al momento della decisione (Cass. 8990/2018, 17075/2018, 17069/2018, 9427/2018, 14998/2015, 7333/2015, Sez. Un. 27310/2008);
4.6. il provvedimento impugnato non è conforme ai principi richiamati posto che la verifica del racconto del richiedente, con specifico riferimento alla situazione dedotta della setta di originaria appartenenza e, è stata fondata su fonti delle quali non è indicata l’epoca di pubblicazione o su fonti divenute non più attuali al momento della decisione intervenuta nell’anno 2019 (perché risalenti all’anno 2016);
4.7. analogamente, l’accertamento relativo alle generale situazione socio politica della Nigeria al fine della protezione sussidiaria è affidato a fonti prive di attualità risalendo la più recente all’anno 2014;
4.8. si impone pertanto, in accoglimento dei primi due motivi di ricorso, la cassazione della decisione, restando assorbito il terzo motivo;
5. al giudice del rinvio è demandato il regolamento delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo; cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Napoli in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 22 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2021